sabato 24 dicembre 2011

de Natale: scazzi e riflessioni

Per tutti gli occidentali e per quelli nati e cresciuti nettamente sopra l'equatore, il Natale è un coacervo di stereotipi talmente radicati da diventare assiomi.
Il Bianco Natale, le renne, il freddo, la tombola, le bucce di mandarino, le riunioni oceaniche di parenti, l'inevitabile incontro annuale con la suocera con la quale magari non parli da un anno (magari).
Insomma tutta una serie di cose che la fra, nata e cresciuta nel cuore dell'emisfero nord del mondo, si è sempre permessa di dare per scontate.
Fino ad oggi.
Un Natale strano, questo.
Da troppo poco tempo qui per essere entrati nel modo di festeggiare autoctono e troppo lontani dall'Italia per rientrare nella consuetudine.
Che poi questo periodo preparatorio prenatalizio qui in casa latana è coinciso con una simpatica ondata di malattie virali, febbri, tossi e relativi spaventi (e buchi) dei patati e con la partenza delle ferie del collega del marito (che significa, oltre alla solitudine, che il marito lavora praticamente il doppio e che quindi non è mai a casa, olè). Il contingente under5 della famiglia esce da 10 gg così e ne consegue che quello over35 oltre ai bacilli gentilmente messi a disposizione dalla figliolanza tutta, abbia avuto un carico di stress e isteria che la fra praticamente ormai parla con la voce di Vanna Marchi, son cose.
La conseguenza più eclatante di questo periodo di rintanamento forzato, scazzo a parte, è che non ci sia stato fisicamente il tempo di comprare dei regali per Natale. No, no, alt. Stanotte ho incartato una ventina di regali per i patati, quelli un po' li abbiam comprati per tempo qui e un po' ce li siam portati dall'Italia (che mamma previdente che sono, eh?). Avremo così regali italiani e regali en français (sostanzialmente libri). E' per noi che non abbiamo avuto il tempo di far nulla. Che poi tra di noi è da quando è nato il principe ereditario che non ce ne scambiamo, per mancanza di materia prima, ovvero di soldi. E quest'anno che i soldi, beh, ci sarebbero tranquillamente, non siamo comunque riusciti a regalarci nulla. E sarà il primo anno in 35 anni che sotto un albero non troveremo nulla per noi...passando, sempre, il Natale in famiglia c'era sempre qualcosa da parte di qualcuno: il solito vassoio dalla zia, il soprammobile dall'altra zia, un libro, un oggetto, una sorpresa.
Sostanzialmente sarà il nostro primo Natale non da figli, solo da genitori. Ed è strano. E fa anche male, perché fingere che non sia così?
Che poi è un Natale sciapo, in canottiera, ancora senza cospicua parte dei mobili (maledetti artigiani ivoriani che n'c'avete voglia de fa 'n cazzo), senza freddo, senza bianco natale... che poi a 30° non vengon bianche le lenzuola, vuoi che venga bianco il natale?
E allora? Allora nulla. Non ci si arrende, in casa latana. E' Natale, Natale sia. Con il nostro albero pieno di luci e pignette e pallette portato in blocco dall'Italia. Senza presepe perché alla fine tanto religiosi in questa tana non si è. Con l'alloco al posto delle frittelle di broccoli e senza torroni e panettoni. Senza aspettare la mezzanotte ché veramente non ha molto senso. Con un calendario dell'avvento che ha comunque scandito l'arrivo di Babbo Natale.
Ma, sopra ogni cosa, con due bambini che domani scarteranno felici i loro pacchetti sotto l'albero.
E ci si rende conto che il resto, davvero, non conta.
Che il tuo scazzo non ha diritto di esistere di fronte alla bambina sfregiata al semaforo, che forse (ed è possibile, se non probabile) è stata sfregiata dai genitori da piccola proprio per andare a chiedere l'elemosina; non ha diritto di esistere di fronte a chi non avrà nulla da mangiare né stasera, né domani, né mai e viene a frugare nella tua immondizia alla ricerca di qualcosa che tu non daresti più ai tuoi figli ma che forse salva la vita ai suoi; non ha diritto di esistere in un posto dove il problema, in molti, troppi, casi, non è non avere i mobili ma non avere una casa;  non ha diritto di esistere di fronte a tutti i bambini che vorrebbero non sapere che domani è Natale e che per altri bambini un signore barbuto e vestito di rosso lascerà dei doni ma per loro no, perché qui c'è chi (e non son pochi) non può permettersi un futuro per i propri figli, figuriamoci un sogno.
E di fronte a queste cose il tuo scazzo deve solo vergognarsi, e tu con lui.
Ed è per questo che alla fine il tuo scazzo lo dimentichi, prendi un respiro di speranza, di futuro, di sogni avverabili, di bambini felici e ringrazi la fortuna, un dio qualsiasi e qualunque cosa ti abbia permesso di prenderlo, quel respiro.
Godiamocelo, davvero, questo Natale.
E godiamoci la suocera, il solito sugodelventiquattrocheèvigilia, il solito vassoio dalla zia che non ricorda di avertene regalati altri 4, il solito casino, la solita nonna che è uscito il 35?, le frittelle o l'alloco, e anche la solitudine di qualcosa che, anche se fuori patria, anche se senza freddo, senza mobili o regali da scartare, è, e resta pur sempre, una tana, un luogo sicuro, chiassoso e felice.
Buon Natale, di cuore.

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