venerdì 27 gennaio 2012

Concordia

Stai mangiando. Stai mangiando tra affreschi un po' esagerati, in un ambiente un po' kitsch; magari hai scelto con cura l'abbigliamento, porti la cravatta o quelle scarpe col tacco che déstini alle occasioni speciali, quelle sempre troppo nuove per ignorarne la presenza, ma tanto sei seduta, chissene.
E' il viaggio della vita, quello che non ti sei mai potuto permettere e che magari sai che non ti permetterai più perché ci sono i figli da aiutare e la Mariangela non ce la fa da sola, il Carmine l'han rimesso in cassa integrazione e Luca e Simona hanno appena avuto il bimbo, dobbiam pensare anche a loro.
Sei scappato da una situazione triste  per masticarla a freddo prima di mandarla giù e assaporarla perché il dolore assaporato si digerisce più in fretta.
Sei con quell'amica o quell'amico di una vita, delle telefonate chilometriche all'una del mattino perché la felicità è troppa per non essere condivisa o perché hai bisogno di qualcuno che ti dica che il sole sorgerà anche se tu non vuoi vederlo.
Sei con le amiche del club di cucito, di scacchi, di bocce, di tennis, di decoupage.
Ti senti fortunato o terribilmente furbo per averlo messo in culo alla crisi e aver trovato questa occasione, un viaggio fuori stagione; forse ti senti solo felice perché hai conosciuto qualcuno, qualcuno che ti fa battere il cuore e speri che il suo batta lo stesso ritmo del tuo; sei qui per avere conferme o per trovare, magari chissà, alla Maria è successo, un nuovo inizio.
Stai mangiando. Forse senti un rumore, una scossa, qualcosa. Ma forse anche no.
Tranquilli, qualsiasi cosa abbiate sentito, perpepito, sentito, è solo un piccolo problema tecnico.
Continui a mangiare e pensi a quello che farai dopo. Che dopo cena la porterai sul ponte e alla presenza delle stelle le chiederai qualcosa di importante, che stanotte farai per lui qualcosa di speciale, che magari è la sera giusta e il vostro primo figlio potrebbe iniziare lì, in mezzo a quel sogno. Che domani ti riempirai gli occhi di infinito, che domani metterai quel bikini che ci hai messo anni a tornarci dentro, che domani potresti ordinare qualcosa di speciale e magari mangiare in camera, con quella biondina che hai sorpreso occhi nei tuoi tra il risotto alla marinara e la caponata di pesce.
Poi tutto diventa un po' più confuso e ti chiedono di metterti un giacchetto arancione, grosso, fuori moda, pesante. Ma tranquilli eh? Con calma.
E tutti verso un posto da cui raggiungerne un altro, più sicuro, più fermo, meno obliquo.
E forse è in quel momento che ti rendi conto di qualcosa e forse ti senti anche stupido a scoprirti impaurito, forse è quello il momento in cui pensi potevo mettere le ballerine, devo prendere qualcosa, dove sono i miei amici.
E i tuoi pensieri si condensano nel buio di un posto che hai visto solo traboccante di luce artificiale e  che non hai studiato abbastanza per ricordartelo e procedi in braille, con una mano stretta nella tua.
E poi c'è l'istante.
Quell'istante.
L'istante in cui quella mano lascia la tua. Porto la bimba a fare pipì, ho visto gente in difficoltà vai avanti e ti raggiungo, ho dimenticato una cosa importante. Mani che vengono separate da mani più impaurite, più serrate.
Quello sguardo dell'arrivederci senza ancora la paura di un addio. Uno sguardo ancora sereno, ancora fiducioso.
E poi, su tutti, la paura, la consapevolezza, lo sguardo che corre a cercare il suo gemello e non lo trova, quella mano che rimane vuota e non sa ancora se si riempirà ancora di carne o sarà un calice di lacrime. Quello sguardo che ti fa notare i particolari sciocchi e ancora non sai che te li stamperà sulla retina.

Son quella mano e quello sguardo che ti cambiaranno la vita.
E saranno quella mano e quello sguardo, orfani, a portarti attraverso notti che diventano mattine senza la pietà del sonno. E su un divano a parlare di te con uno sconosciuto da cui ti aspetti risposte alle domande che non riesci a formulare. E saranno l'alfa e l'omega di tutti i tuoi "se".
E saranno quella mano e quello sguardo che no, grazie non ho più fame e ancora un goccio grazie e passami la canna.
E saranno quella mano e quello sguardo che sperimenteranno la pìetas, poi l'oblio e infine la frustrazione altrui, di chi vorrebbe che tu quella mano e quello sguardo li abbandonassi a comando e non capisce perché per te sian quasi preziosi.
E saranno quella mano e quello sguardo il nutrimento di tutti i sensi di colpa per avere ancora mani da stringere e occhi da guardare.
E saranno quella mano e quello sguardo a darti la consapevolezza dell'irreparabilità di una scelta o di una fatalità.
E saranno quella mano e quello sguardo il marchio a fuoco di quel disagio tra la testa e le scarpe che si condensa sul cuore.
E saranno quella mano e quello sguardo che ti saranno compagne nel piangere persone che eran sempre state importanti e persone che non avresti mai pensato potessero esserlo. Che ti porteranno a ricordare di quella cameriera straniera che rifacendo la tua stanza ha saputo che tu hai fatto l'amore con qualcuno, in quel letto, la notte prima. A ricordare quella donna vestita così male che si sentiva così bella, quell'uomo che parlava un dialetto talmente stretto che forse lo avrebbe capito sua madre, ma non è detto.
Saranno quella mano e quello sguardo gli strumenti involontari del ricordo, della consapevolezza, del dolore, del doloroso e colpevole prendere atto dell'essere vivi.

Sono quelle mani e quegli sguardi che meritano il nostro rispetto e non fotografie morbose per dire "io c'ero".
No, tu non c'eri.
C'erano 4000 e più mani e sguardi e sulla terraferma ne sono arrivati 33 di meno.
Quattromila e passa mani e sguardi orfani di 33 mani e sguardi.
Per sempre.

E' di questo che, comandante, devi rendere conto.
Sono quelle mani e quegli sguardi che ti crocifiggono alla croce di essere una persona peggiore di quanto avessi mai temuto di essere.
E' questo che non hai voluto vedere, capitano.
E' questo che ti rende colpevole nel tribunale della tua coscienza, se ce l'hai ancora o non l'hai data via per un posto in una scialuppa.
E sono quelle mani e quegli sguardi che spero ti vengano a cercare e ti facciano compagnia per tanto, tanto tempo.
Quelle mani e quegli sguardi che si riconosceranno tra loro, che scopriranno una strana e crudele fratellanza nel dolore della perdita o anche solo della paura.
Avresti potuto vivere quelle mani e quegli sguardi, avresti potuto esserne fratello, amico, padre.
Invece tu sarai orfano, di 33 mani e sguardi, solo, per sempre, nella tua mediocrità.

3 commenti:

  1. Ciao, mi hanno fatto molto piacere le tue parole, grazie ^__^
    sto piano piano leggendo il tuo blog, mi attira molto e il tuo modo di scrivere mi affascina. Da qualche tuo intercalare penso tu sia di Roma, sbaglio? Continuerò a seguirti con interesse..un bacio

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  2. Tutto quanto hai scritto è ....vero toccante, vibra di emozione e ....fa riflettere!
    Complimenti......
    Paola

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  3. Scrivi in modo eccezionale, leggerti è un piacere, così come seguirti. Magari potesse leggere il diretto interessato...un abbraccio Laura

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