lunedì 8 aprile 2013

Scuole (di pensiero)



Eccoci qui. Uno dei nodi è arrivato al pettine.
Il nodo scuola, nella fattispecie.
Patato grande, che aveva iniziato l’anno benissimo e in linea con tutti i suoi compagni, ora è indietro.
Legge piano, a volte anche male.
Non riesce a ricomporre una parola se non passando per le sillabe.
E Maitresse Exigente non è che si chiami così per caso, eh.
Il primo giorno di scuola tornò con una pagina di m e a corsive da scrivere dentro le righe da terza elementare italiana, per dire (siamo all’ultima classe della materna, eh).
Il francese è decisamente diverso dall’italiano, dove ad un fonema corrisponde una lettera univoca.
Il francese no, ad un fonema corrispondono anche gruppi di lettere. Per un francese gli accenti sono fondamentali: è é ê hanno pronunce diverse e portano a parole completamente diverse.
L’italiano medio ha già sepolto il congiuntivo, degli accenti direi che non è rimasta neanche la polvere.
E così, Patato grande ha scoperto le sue prime difficoltà.
Patato grande non è un combattente, forse non lo sarà mai, per carattere e indole: reagisce alle critiche chiudendosi, sentendosi mortificato e manifestando una profonda noncuranza per non farti capire che si sente inferiore. È stato così per il camminare, per il parlare, per l’esprimersi, per lo spannolinamento, per il francese… vuoi che cambi ora?
Patato grande è uno di quei bambini insicuri e con bisogno di approvazione che pensano sempre di dover dimostrare qualcosa a qualcuno: a noi, ai nonni, alla maestra… mai a se stessi. E questo, per la fra, è ovviamente un grandissimo cruccio, visto che per lei è stato (ed è ancora) uguale.
Patato grande è un bimbo da exploit: quando arriva a fare una cosa la fa al top. Per buttarsi deve essere sicuro: ha iniziato a camminare a 15 mesi, la settimana dopo correva; ha iniziato a fare frasi complete di verbi a quasi 3 anni, praticamente da subito usando congiuntivo, condizionale e termini appropriati; fino alle vacanze di natale, alla scuola materna a malapena aveva detto il suo nome, subito dopo gli ha raccontato vita morte e miracoli di TUTTA la famiglia Latana, collaterali compresi e da allora non s’è azzittato mai; ha portato il pannolino fino ai 3 anni compiuti, poi l’abbiamo tolto in tre giorni; ha passato quasi un semestre in una classe dove TUTTI parlavano SOLO francese senza praticamente spiccicare parola, da un giorno all’altro ha iniziato a parlare francese fluentemente e a vedere la televisione SOLO in francese.
Mio figlio, esattamente come me (porco giuda), si sbilancia solo quando è assolutamente certo di quello che sa fare, non si butta, ha paura e teme e soffre il giudizio altrui.
Quando è a casa con noi, non legge bene… ma legge. Ha i suoi tempi, ma lo fa.
A scuola, con Maitresse Exigente si rifiuta. Ma perché?
Perché lei lo chiama alla lavagna, davanti a tutti gli altri
Perché lei gli fa notare che è indietro, davanti a tutti gli altri.
Perché lei appena mi ha visto entrare a prenderlo venerdì, m’è piombata sopra come un falco e davanti a tutti gli altri bambini, compreso il mio, ovviamente, mi ha detto “così non va, lui non VUOLE leggere, lo fate esercitare poco”. Con un colpo solo ha mortificato il bambino e seppellito la madre nella sua inadeguatezza: è un genio della pedagogia, Maitresse Exigente, a confronto la Umbridge è praticamente Maria Montessori.
Poi dice che non ti viene l’ansia da prestazione.
La fra, anche se ne ha avuto e ne ha la fortissima tentazione, non può spaccare la testa della maestra e metterci dentro i concetti di “rispetto per i tempi del bambino” “rispetto per la sua dignità” “rispetto per le sue difficoltà”. Questo tipo di concetto, il rispetto, è completamente avulso dalla mentalità ivoriana: il rispetto loro lo danno, fittizio, a chi reputano migliore di loro perché ha più soldi di loro, punto. Figuriamoci che tipo di rispetto assegnano ai bambini. Soprattutto se la maestra in questione è anziana.
È ovvio a tutti, tranne che a Maitresse Exigente, che Patato grande ha delle difficoltà maggiori degli altri bambini: il suo vocabolario, il suo codice di ascolto fonetico, la sua base linguistica non è francese. Tutti gli altri bambini della classe hanno sempre e solo sentito parlare francese da quando sono nati, lui no. Lui ha cominciato poco più di un anno fa. È mostruosamente portato per la lingua francese, ha una pronuncia perfetta che avrebbe inorgoglito la bisnonna paterna madrelingua... ma è italiano. E questo, che nell’espressione orale non l’ha mai fermato, nello scritto e nella lettura lo frena.
Se invece di criticarlo, Maitresse Exigente partisse da questo concetto forse potremmo anche parlarne.
Patato grande sboccerà, come ha sempre fatto. Ci mette di più, è riflessivo, anche un po’ pigro probabilmente. Nella mentalità ivoriana questo non esiste: il bimbo DEVE. Deve andare a scuola e zitto, deve produrre, deve stare fermo e zitto, deve essere come gli altri. La scuola ivoriana è fortemente meritocratica, come è giusto che sia, ma non si ferma mai a guardare se ci possono essere difficoltà obiettive per alcuni, soprattutto perché gli stranieri che la frequentano sono praticamente sempre comunque francofoni.
Nel frattempo Patato grande è uno splendido bocciolo chiuso, che io non mi stanco di innaffiare e guardare.
Quando si aprirà sarà meraviglioso, come sempre.
E noi saremo lì a gioirne con lui, come sempre.