lunedì 13 maggio 2013

Quattro piani sopra


È andata così.
Era una giornata tranquilla, calda as usual e con un cielo non terso ma insomma neanche coperto. La fra era serenamente alla sua scrivania creativa (un delirio assoluto di materiali sfusi, vari e sparsi che la fra ama concretizzare in qualcosa) in camera da letto, con il clima acceso e la tenda (wow sì abbiamo delle tende!!!) abbassata quando ha sentito un vago, cupo, rumore.
Il contingente portatore sano di cromosoma Y di questa tana era delicatamente stravaccato, adulto compreso, in camera dei bambini e dormiva alla grande (cosa che permetteva alla fra di stare alla scrivania di cui sopra) il ché escludeva un rumore endogeno.
Paura.
La fra ha lievemente alzato la tenda e…orrore.
Un cielo completamente coperto e milioni di uccelli in volo.
Se c’è una cosa che la fra ha capito da quando vive qui al quarto piano, è che vento+uccelli in stormo=temporale.
Chiuse a tempo record tutte le finestre della casa,la fra è corsa a svegliare il marito perché avevamo la porta della camera patata, verniciata di fresco, a finire di asciugare in terrazzo e la fra ha una schiena che lassamo perde.
Il Marito (comatoso ma) Paziente s’è alzato, ha seguito incredulo la fra fino alla camera di soggiorno (
©PRG) dove ha sentenziato, in francese, “co’ ‘sto vento corcazzo che piove” ma per non subire le ire della fra ha spostato la porta all’interno, sia mai che cala il vento e poi piove.
Mezzo minuto dopo, le cime degli alberi davanti al nostro terrazzo erano più o meno allineate con l’orizzonte e il marito, soddisfatto dall’avere ragione è uscito in terrazzo per togliere delle cose che altrimenti sarebbero sicuramente volate via.
Mentre era ancora fuori, gli arriva una goccia. Strano, fa lui. Due gocce, poi tre.
Poi, il finimondo: cielo compatto grigio e pioggia a vento ché una cosa così in Italia si potrebbe avere solo se piovesse fitto e con la bora triestina.
Una cosa che noi eravamo incollati ai vetri increduli e talmente sconvolti che la fra non ha neanche rivendicato la sua (più che legittima a quel punto) ragione sulla questione (un evento eh).
Nei successivi quattro minuti la pioggia è stata talmente forte e talmente a vento che l’acqua è passata sotto alle finestre scorrevoli delle camere da letto di casa latana (che devono essere state fatte da un parente fabbro di Geppetto) ed è zampillata dentro le relative camere. Un delirio. In una delle camere stava dormendo ignaro il figlio piccolo, cui abbiamo dovuto cambiare le lenzuola, zuppe, e nell’altra, a ridosso della finestra c’era una buona parte del materiale artigianale della fra e tutte le cose già pronte. Ho già detto “un delirio”? Ecco.
Uno smadonnamento in tutte le lingue che conosci.
Ma poi.
Poi guardi fuori.
Poi ti guardi dentro.
Poi ti rendi conto che è vero che siamo al quarto piano e che il vento qui è più forte e bla bla bla… ma 4 piani sotto c’è un fiume d’acqua veloce, sporco, schiumoso e impietoso che entra nelle case di bandone e foglie di palma che compongono la bidonville a duecento metri da qui.
Quattro piani sotto la vita continua nel fiume.
Quattro piani sotto le persone sono abituate alla perdita: dalla casa, delle cose, della salute, di un figlio, della vita.
E tu sei quattro sopra tutto questo.
E ti lamenti.
Ha piovuto per altre 3 ore, ma la fra non si è lamentata più, le veniva solo da piangere.
Per tutto.