mercoledì 9 ottobre 2013

Le "ricette che fanno casa": la pasta e fagioli di Nonna Tina


Niente come il cibo, il sedersi intorno ad un tavolo, il gustare qualcosa insieme, unisce delle persone.
Questo la fra lo ha scoperto, per la prima volta, nei fuochi di bivacco scout. Quel cibo cucinato su fuochi di legna spesso umida, ma con perseveranza e speranza; quel cibo per realizzare il quale tutti avevano contribuito, ognuno col suo ruolo: vado a farmi dare gli ingredienti, faccio la legna, accendo il fuoco, seguo la cucina, lavo le pentole. Ogni formichina col suo compito, e il cibo era inspiegabilmente più buono di quando ti arrivava bell’e pronto.
C’è poi invece un filo che sembra sottile, che attraversa le generazioni resistendo a nuove abitudini, a nuovi input, a nuovi attori. Quel filo, resistentissimo, sta nel tramandarsi la propria vita, la propria storia, le proprie origini.
Per sentirci bene, per sentirci a casa, ci aggrappiamo a quel filo, spesso.
Quel filo è la nostra memoria, è quel qualcosa che fa parte di noi e che discende da altri noi, più vecchi, noi che forse non ci sono neanche più. Se uniamo i concetti di cibo e memoria e ci riflettiamo sopra, ci accorgiamo di quanto il riconoscersi in qualcosa passi frequentemente attraverso il reiterarsi di tradizioni culinarie, il riproporre piatti che ci hanno visti bambini, poi adulti, piatti che insegneremo ai nostri figli.
Se sei un expat, poi, questo assume un senso ancora maggiore. Quando prepari un piatto che fa parte della storia della tua famiglia, davanti al quale sei stato consolato, hai dato notizie importanti, hai comunicato nuovi inizi, hai raccontato e ascoltato gli altri raccontarsi, tu sei di nuovo a quel tavolo e in un certo qual modo sei, sicuramente, a casa.
Questa è la mia interpretazione del tema “ricette che fanno casa”, un’iniziativa volta a raccontarsi e a condividere se stessi attraverso le ricette che per noi sono “casa” ovunque le realizziamo; un’iniziativa del sito Instamamme, di cui trovate tutti i riferimenti (e soprattutto come partecipare), qui, oppure cliccate sul banner nella colonna di sinistra ;-)
Quando ho riflettuto su questo tema, la primissima cosa che mi è venuta in mente è la cucina dei miei nonni. Quella casa immutabile e immutata che mi ha vista attraversare tutti gli stadi naturali della crescita e divenire, a mia volta, parte di un nucleo nuovo.
Mia nonna non amava cucinare, come probabilmente amava anche poco mangiare; non si lasciava andare in slanci teneri, era una donna col freno a mano sempre tirato. Il suo affetto non lo misuravi in baci: lo misuravi nei racconti di se stessa bambina, lo misuravi nella crostata ai compleanni o nel suo farti un piatto che ti piaceva particolarmente. Mia nonna era una donna rigida, che aveva sposato un uomo sposato a delle regole. La settimana era scandita da piatti riproposti sempre nello stesso giorno. Il venerdì, il mio giorno preferito, era il giorno della pasta e fagioli.
La pasta e fagioli di Nonna Tina (che i figli di sua cognata avevano ribattezzato “brodo nero”) è uno dei miei piatti preferiti. Ma non è una questione di gusto, non solo. Quando scriverò la ricetta vi accorgerete che non c’è l’ingrediente segreto, la spezia strana, la formula alchemica che la renda diversa da mille altre paste e fagioli di mille altre case nel mondo. L’ingrediente segreto era mia nonna, semplicemente. Sebbene abbia dato la ricetta a mia madre e poi anche a me, a nessuna è riuscita come le faceva lei. Avoja a dirti che magari avevi trovato i fagioli di altra qualità o di altra marca: potevi farla con gli stessi identici ingredienti, sul fornello accanto al suo, ma non era mai la stessa cosa.
Ci ho provato tante volte: con mia madre, da sola, per i miei figli. Niente. Buona sì, ma mai quanto la sua.
Gli ingredienti per una buona pasta e fagioli di Nonna Tina sono molto semplici, per una zuppa che basti a sfamare 4 persone servono:

- circa mezza cipolla, tritata
- 2 patate medie
- 2 scatole di fagioli borlotti lessi (ho provato a farla con i freschi, in patria, ma non c’è paragone)
- un po’ di passata (o di polpa, è uguale) di pomodoro (io vado ad occhio, diciamo 3 cucchiai colmi?)
- dado vegetale (io uso il dado Bimby, che mi faccio da sola, e ne metto circa un cucchiaino da tea colmo, credo che per la quantità d’acqua ne servano due di quelli pronti, ma verificate)
- Olio extravergine d’oliva (non importa che sia quello spremuto a freddo dalle vergini della mongolia eh: la zuppa di fagioli è un piatto povero e di sostanza, non raffinato o ricercato), non vi scrivo quanto perché è soggettivo: io sono a dieta e quindi ne uso veramente pochissimo (e viene lo stesso bene).
- circa 1 litro d’acqua (questa quantità va bene per il Bimby, però, secondo me in una pentola normale ce ne vuole un po’ di più: andate a occhio).
- pasta, facoltativa. Per noi 4 io ne metto circa 100g in totale; la nostra prediletta sono gli spaghetti spezzati.

Io ormai la faccio con il Bimby, ma ovviamente potete farla anche con la pentola normale o, se la usate, con quella a pressione (mia nonna usava la pentola normale, mia madre usa quella a pressione e io il Bimby, quindi tutti i modi sono stati collaudati).
Il procedimento è semplice, in tutti i casi, quindi scrivo direttamente quello che faccio io col Bimby:
Si trita la cipolla per qualche secondo a velocità 7 e la si fa rosolare per 3 minuti a 100° vel. 1 insieme all’olio extravergine. Nel frattempo pelate le palate e fatele a dadini (a occhio eh). Quando saranno passati i 3 minuti mettetele nel Bimby e frullate a vel. 5 qualche secondo, aggiungente i fagioli e fate lo stesso. Qui iniziano le personalizzazioni: potete tritare solo una parte dei fagioli o delle patate o di entrambi: se vi piace sentire i fagioli e masticarli lasciatene un po’ da parte; le patate hanno il solo scopo di addensare, tritate lo fanno di più… quindi sperimentate!
Dans la maison latana, tritiamo tutti i fagioli e lasciamo intero qualche dadino di patata, diciamo la metà. (Chi non ha il bimby, passerà una parte della minestra al passaverdure una volta cotta; mia nonna lasciava una buona parte dei fagioli interi, comunque).
Dopo aver tritato quello che desiderate tritare, aggiungete ciò che non volete sia tritato (il resto delle patate e/o dei fagioli), l’acqua, il dado e il pomodoro. Cuocete circa 40 min 100° velocità di mescolamento.
A questo punto dovreste aver ottenuto una zuppa leggermente densa e color cappuccino. Se vi dovesse piacere ancora più densa, date qualche minuto di Varoma. Se vi piace più “liscia” date qualche secondo a vel. 5.
Verificate come sta di sale, aggiungetene se necessario, e mettete la pasta, facendo cuocere per il tempo di cottura indicato dalla confezione, a 100°, velocità di mescolamento (se avete proprio paura che la pasta si possa frantumare, usate il senso antiorario, ma non è necessario).
Versate in una zuppiera e portate in tavola.

Per fare questa zuppa mi porto i fagioli in scatola dall’Italia, credo solo questo renda l’idea di quanto sia legata affettivamente a questo sapore.
C’è voluto di tempo, però, per sentirmi pronta a farla.
Quando erano piccoli, i patati non l’avevano apprezzata e chez latana la zuppa che va per la maggiore è pasta e ceci, quindi non sentivo questa grande spinta a condividere questo sapore, a scodellarlo nel desco familiare, a renderlo criticabile, a scompaginare le pagine della mia infanzia di fronte ad un marito scettico che ama poco i fagioli e a due figli schizzinosi e ipercritici.
C’è voluta la morte di mia nonna e una mattina di assoluta, limpida e netta nostalgia. C’è voluto di andarsi a ripescare l’agenda delle ricette, di preparare gli ingredienti come quelli di una sorta di messa profana e privata. C’è voluto di tuffarsi coscientemente nei ricordi, negli odori, nelle parole.
E quella strana alchimia è arrivata: l’ingrediente magico, la mia nostalgia, il mio amore, hanno legato gli ingredienti dando loro il sapore di quei venerdì a pranzo davanti al piatto fumante.
Da allora, con un allora che significa circa 7 mesi fa, la pasta e fagioli di Nonna Tina è entrata nella quotidianità di questa confusionaria famiglia italiana che si barcamena tra tre case, due paesi, due lingue e tante quotidianità differenti.
Ogni volta che la servo in tavola mi viene di sorridere a pensare che solo ora, solo adesso che lei non c’è più, la mia pasta e fagioli è uguale alla sua, e ogni cucchiaio è nostalgia e affetto. Ogni cucchiaio è un abbraccio silenzioso a quella donna un po’ austera che forse aveva paura di manifestare i suoi sentimenti. Mi piace pensare che si manifestino anche così, in fondo.




2 commenti:

  1. Pasta e fagioli è un piatto che a mio marito ricorda la nonna, come a te, ma io la faccio con i fagioli secchi. Deve cuocere molto più tempo e ovviamente il sapere è un po' diverso.
    Io l'adoro!!!

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    1. la pasta e fagioli secondo me è diversa in ogni casa e per tutti ha un valore diverso e speciale. Ora si è un po' perso, come piatto, ma all'epoca delle nostre nonne era un modo per saziarsi e ingerire proteine vegetali a basso costo :-)
      perché non partecipi anche tu all'iniziativa "ricette che fanno casa"? ;-)

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