sabato 11 aprile 2015

Strani e stranieri



People are strange when you are stranger…

Se è pur vero che la gente è strana, se tu sei straniero, è vero anche che tu stesso sei strano, da straniero.
Che passi un momento in cui tutto è bello ma sei pienamente cosciente che quella in cui stai non è casa tua, che a quel momento ne seguono tanti intermedi fino a quello in cui tu pensi che quella potrebbe essere davvero casa tua.

Che potresti avere quel coraggio, che all’atto pratico quasi sempre ti manca, per ammainare le vele e dirti che sei arrivato. Che lì vorrai veder crescere figli e arrivare nipoti. Che sarà quello il punto di arrivo, l’omega della tua esistenza.

La vita di un expat è fatta di linguaggi raffazzonati ed emozioni complesse spiegate in modo elementare, è fatta di giri di parole, di mimica facciale, di gesti.
È fatta della consapevolezza di un ritorno, il più delle volte. È fatta di abitudini importanti conquistate ogni giorno di più, una quotidianità strappata a morsi.

È fatta di comprensione del posto in cui vivi, di accettazione della misura in cui questo si discosti da quello da dove sei partito.
È fatta di autonomie coatte, di imprevisti, di cose lontane che non vivi, di amori a distanza.

È fatta di nuovi amori, di sorrisi e risate quando lo stare insieme vale tutto il cuore che decidi di metterci.
È fatta di pezze d’appoggio, di picchetti per arrampicarsi, di piccole certezze regalate o costruite.

E rimaniamo sempre strani, sempre quel po’ stranieri, ci teniamo attaccati a qualche baluardo di cultura, al piacere di un piatto di casa gustato insieme.
Ci emozioniamo per parole nella nostra lingua ascoltate di sfuggita in un luogo inatteso, e ci sentiamo meno soli, per questo.

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