lunedì 4 settembre 2017

Nuotare, tra le onde






Mesi complessi, duri, fatti di tante cose che si sono incastrate, alcune bene e altre anche decisamente male.

Se questo 2017 doveva insegnarmi qualcosa, è stato l’imparare a non dare nulla per scontato: i rapporti, le presenze, l’amicizia, il lavoro, la forza fisica, l’immagine corporea.
Un duro colpo per chi, come me, programma sempre tutto, ama giocare d’anticipo, pianta paletti anche nei punti impervi per darsi certezze da cui ripartire.

Quest’anno mi ha insegnato, finora, che la certezza fondamentale sono io, oggi, qui, subito, in questo istante. Che tutto può cambiare e può cambiarmi, ma fino ad un certo punto.
Che esiste un’essenza che devo imparare a riconoscere e difendere ad ogni costo, perché quella essenza sono io e non c’è nulla, nulla, che debba toccarla e che sia più importante. Che sia il mondo che vuole esserci, ad adattarsi a quell’essenza, se vuole veramente, se penserà che ne vale la pena. Per me la vale, sempre.

Questi mesi mi hanno insegnato che posso rialzarmi, che ce la faccio, che posso farcela anche quando mi pare di no, che so scavalcare, con fatica immane e pari paura, le onde che arrivano sempre più veloci e una dietro l’altra.
Che chi vuole c’è e nuota con te, più che dirti come si nuota dalla sua comoda barchetta. Che quando mi sento persa posso ripartire, magari da un gradino che mi pare più basso e che poi scopro essere comunque solido. E se sia più in basso, sticazzi. Il magico potere dello sticazzi: una conquista, per me.

Cosa vorrei, oggi? Stabilità, calma, deporre le armi.
Sono stanca, fiera di me ma stanca, affaticata. Mi servirebbe una piazzola di sosta, che attualmente ancora non vedo ma che prima o poi dovrà pur esserci… non so dove, non so quando, né chi ci sarà e forse non è così importante saperlo. Alla fine la vita è il viaggio, e forse questo è solo un momento in cui è tutto più pesante e nebuloso, tutto qui. L’importante è non concedersi una pausa troppo lunga, soprattutto da se stessi.

Ho sempre creduto che i momenti in cui pensi di aver toccato il fondo sono quelli in cui cresci di più, in cui sei più a contatto con quell’essenza che troppe volte ti sfugge. Ne ho avuto la conferma, e forse, quando mi concedo di ammetterlo, sono più forte oggi di un anno fa. Con qualche segno in più, con qualche sogno in meno, con giorni alterni come i parcheggi: navigo più a vista, in fondo.

E va bene così, se una pace e una serenità sono possibili sono una mia responsabilità: ho passato una vita a demandarle e a pensare di doverle meritare, adesso so che devo concedermele io. E no, è tutt’altro che facile per una cresciuta con l’idea che se non hai è perché non meriti, e non perché non sai concederti qualcosa o ancora non sai chiederlo, o anche solo perché non hai vicino le persone giuste. Oggi non aspetto che gli altri capiscano e interpretino: chiedo, litigo, discuto, combatto e controbatto. Perché se dai agli altri il ruolo di stabilire se meriti qualcosa, permetti loro di stabilire il tuo valore… e io, semplicemente, ho deciso di assegnarmelo, con onestà ed obiettività, da sola.


Sous l'oeil de l'ange
Je suis venu te dire que j'ai su rester fort
Sous l'oeil de l'ange
Je suis venu te dire qu'ils n'ont rien vu encore
Sous l'oeil de l'ange
Je suis venu te dire que j'ai trouver la paix
Sous l'oeil de l'ange
J'ai su pardonner et j'ai su le chanter

[K’maro – Sous l’oeil de l’ange]