mercoledì 15 novembre 2017

Rinascite, ritrovamenti e percorsi




Un anno fa iniziava una nuova fase della mia vita. E iniziava con una sala operatoria e tanta paura.
Rinascita, la definiscono alcuni. Io la definirei riappropriamento di una me stessa che (mi) mancava da tanto, troppo, tempo.
 

Il più bel complimento ricevuto in questi mesi è stato “Non sembri un’altra… Sei finalmente proprio tu”. Nulla di più vero.

Strano come il cambiamento di immagine corporea influisca sulla percezione che si ha di sé stessi. E no, non sono i 48 kg in meno, quello è un dato oggettivo… il grosso cambiamento è l’essere a proprio agio con quella che si è.
E no, non è affatto scontato: non è la prima volta che faccio una dieta, non è la prima volta che dimagrisco parecchio.
È la prima volta, però, ed è questo che è degno di nota, che ciò non comporti un tremare di gambe e una paura indefinibile di fronte ad un complimento, uno sguardo. È la prima volta che non temo un obiettivo puntato. Si direbbe che sia quasi diventata esibizionista, rispetto a prima… la verità è che questa condizione è la mia normalità e come tale la vivo. Certo, chi mi conosce non ha mai conosciuto questa Francesca, a meno di pochissime persone con cui vanto un rapporto almeno trentennale.

La Francesca che oggi appare è quella che sarebbe stata se in un caldo agosto di 27 anni fa non le fosse accaduto nulla. Con più consapevolezze, attraversando mille e mille mari in tempesta, oggi la Fra è quella che è interiormente da sempre, con una libertà che teme meno di quanto non fosse abituata a fare. Con meno barriere tra sé stessa e il mondo, con meno bisogno di barriere. Ma una Fra ben consapevole di non essere “arrivata”, perché la lotta contro il volersi male, o piuttosto il non volersi bene, è qualcosa di molto complesso e vasto e non sono così ingenua da pensare che questo basti, soprattutto ora che la vita mi ha posto nel piatto complicazioni e cose completamente inattese da affrontare. Il volersi bene non è il punto di arrivo, ma il percorso. Per questo la consapevolezza di ciò che si è e di ciò che si è stati è fondamentale.

Molte persone che hanno fatto il mio stesso percorso dicono spesso “lo avessi fatto prima”; io credo semplicemente che ogni cosa nella vita, e questa non fa eccezione, arrivi quando si è pronti alle conseguenze, quando è il momento giusto tra maturità e crescita personale. Quando si accetta di prendere una strada e si è pronti a mettersi in discussione se serve, a perdonarsi debolezze e umanità, a lasciar andare pesi che nulla hanno di fisico.

Ecco, dopo un anno, un anno bello tosto e onestamente mai facile, è questo il punto in cui sono. Che è un punto che non conoscevo e che mi ha portato inaspettatamente a riconoscermi.
Non è poco, non è affatto poco.
La sensazione di potermi giocare la vita con libertà è qualcosa che non sperimentavo da quando avevo 13 anni: poco dopo il mondo mi dimostrava che quella libertà per me sarebbe stata una conquista, e lo faceva con brutalità e senza sconti.
Non me ne fa tuttora, di sconti, peraltro. Ma oggi ho 41 anni e la capacità di affrontarlo e accettarlo, senza il dramma che mi sconvolse invece allora.

È per questo che l’intervento non è mai stato il fine, quanto il mezzo. Che non mi ponevo aspettative, che non avevo fretta di farlo quanto una paura fottuta che mi portasse in luoghi dove non ero pronta a stare.
Oggi dico con serenità che questo è esattamente il posto di me stessa in cui voglio stare.
Sono stata brava, sì. Ma non a dimagrire quanto a non perdermi, a lottare, a non accettare le scorciatoie classiche ai problemi, a vedermi cambiare, ad accettarmi cambiare.

L’intervento non è, né mai lo sarà, una bacchetta magica. Per questo non mi sento arrivata, per questo per la prima volta nella mia vita l’importante non è nell’obiettivo quanto nel percorso quotidiano, nella scelta che faccio ogni giorno.
La Francesca di un anno fa non mi manca, mai. Preferisco quella combattiva di oggi che la larva rilassata di un anno fa. Preferisco quella che oggi sa dire “non ce la faccio” a quella che faceva ogni cosa accumulando stanchezza e frustrazione per colmare il vuoto tra se stessa e il mondo.
Quel vuoto oggi non c’è e spero non torni più, lavoro affinché sia così, ogni giorno.

Non è facile, ma è quello che mi rende oggi una persona migliore, al di là di ogni kg perso.
L’importante non è perdere, è ritrovare. Questa è la grande scoperta di quest’ultimo anno e anche questa no, non era affatto scontata.

3 commenti:

  1. Bello questo post, bello sul serio.
    Complimenti per il tuo percorso, cosa dicono i tuoi familiari? I tuoi figli, tuo marito...mia sorella ha un percorso simile, nel senso che si è ritrovata, è dimagrita molto, fa sport...veramente un'altra persona e devo dire che non è facile a volte trovarsi a contatto con questo cambio.

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  2. Sai, sono molto belle le tue parole. Io per lavoro ho assistito molte persone che si sono sottoposte ad un intervento simile al tuo, ma in quello ci vedevano il fine e per questo, nel tempo, o le cose non funzionavano, o se funzionavano le portavano ad un cambiamento anche mentale, non alla riscopertà di sé stessi, ma di un nuovo essere. Brava!

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  3. Un cambiamento notevole e visibile, ma il più importante è quello dell'anima. Forza e coraggio sempre.
    Deve essere successo qualcosa di tremendamente brutto per segnarti così a quell'età. Mi dispiace.

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