mercoledì 29 febbraio 2012

Innamorarsi

Il giorno prima di prendere la "fochata" (copyright maremmano) al mare, la famiglia latana era stata invitata al compleanno di un altro compagno di classe dell'enp.
Chiedendo numi alla maestra giorni prima, aveva scoperto che all'evento era stata invitata meno di metà della classe. La fra e il consorte si eran quindi guardati in faccia ed erano arrivati alla stessa conclusione: il patato era stato invitato per uno tra i due motivi:
1. è bianco.
2. è molto simpatico al festeggiato.
Conoscendo entrambi la sociopaticità snob del figlio grande, avevano tristemente ripiegato sulla prima ipotesi, ma si erano dimostrati entusiasti e avevan preso il biglietto di invito, non sia mai che a furia di portarlo alle feste non si verifichi anche l'ipotesi 2.
Comprato il regalo, "mamma al mio amico vorrei regalare un libro" (frase che ha posto la fra in posizione piuttosto alta nella top-ten delle mamme orgoglione), la famiglia latana ha affrontato il primo ostacolo: avvisare la mamma del festeggiato della presenza dell'enp, fratello munito (l'invito era un RSVP). Chiaramente l'arduo compito è toccato al marito, una cosa nuova.
Chiama il cellulare, nulla.
Chiama a casa: "Bonsoir, sono il padre di un compagno di classe del festeggiato, volevo avvisare che domani verremo alla festa"
"Ah, ouioui, merci"
"ehm, non conosco molto la città, può spiegarmi dove si trova il posto dove ci sarà la festa?"
"no, devi chiamare domani"
"... eh?"
"devi chiamare domani"
"ah"
cazzo, o è la nounou o è la bonne.
"ehm, glielo dici tu che ho chiamato per confermare la presenza di PRG?"
"no, devi chiamare domani"
La madre di Geppetto deve aver avuto anche una figlia femmina, evidente.
"ah, ok, merci"
Una telefonata risolutiva.
Risolto, due ore dopo, il problema dell'avvisare la mamma del bimbo, i coniugi latana cercano su guglmep un modo per arrivare alla festa, perché "doraville" a loro non diceva una beata cippa di minchia e neanche a tutte le persone cui lo avevano chiesto.
Mettiamo il quartiere: nulla
Mettiamo l'indirizzo: manco percà
Mettiamo "Doraville": eureka!!! trovato! ed è pure facile arrivarci: fai la strada come per andare alla coop libanese ma al termitaio vai dritto, alla prima rotonda vai a sinistra, 3-400 metri, giri a sinistra e sei arrivato.
Quel sabato, chiaramente, non si va al mare, ché per andare a Bassam e tornare in tempo per una festa che inizia alle due e mezza del pomeriggio, dovresti avere minimo un jet privato e comunque non sapresti dove farlo atterrare. Alle tre, sia mai arrivare primi, la famiglia latana è in macchina alla volta di Doraville, che presuppone essere un sotto quartiere, del sotto quartiere, di una delle zone in cui è divisa la città. O un comprensorio privato, come nel caso della festa precedente.
Insomma la fra, as usual, fa da navigatore e il marito guida. Secondo la cartina ci siamo, giriamo ma vediamo solo palazzi e cancelli di ville, tutti miseramente sprovvisti di palloncini. Facciamo manovra, torniamo indietro e la fra suggerisce di chiamare la mamma del bimbo, magari abitano in un palazzo, non in una villa, (che significa pure che han meno soldi, il ché spiegherebbe anche gli inviti selettivi) ma il marito, sudando freddo all'idea di parlare di nuovo con la sœur de Geppetto, decide di riprendere la strada principale, colto chissà da quale folgorazione. Circa 200 metri dopo, un enorme cartello: "Doraville", con disegno esplicativo.
Che la fra e il marito quando avevano letto l'invito avevano pensato ad un comprensorio, al nome della residenza (anche il nostro palazzo ha un nome), del quartiere ma mica avevano pensato all'etimologia del nome.
Doraville
Dora-Ville
Città di Dora
Dora l'esploratrice.
Siamo di fronte ad un parco giochi. Ecco, svegli noi.
Nel piccolo edificio d'entrata ci chiedono l'invito e ci guardano male perché i bimbi son due. "La mamma del bimbo lo sa", torna il sorriso, scrive un bel "+1" sulla lista dei bimbi e ci spiega dove andare, quindi usciamo.
Wow.
Un grande, grande, parco giochi, con piscina, area ristorazione, gonfiabili, area altalene e scivoli e altre cose che non mettiamo a fuoco. Arriviamo alla zona della festa, una signora ci accoglie, la scambiamo per la mamma del festeggiato, e ci fa accomodare ad tavolo da 4 apparecchiato. Azz, si gioca pesante.
Scopriamo poco dopo che i festeggiati sono 3, che la signora che ci ha accolto è la mamma degli altri due e che il nostro festeggiato non è ancora arrivato. Cominciamo bene.
Però in breve tempo arriva la mamma, che ci riconosce subito. Certo il fatto che fossimo gli unici bianchi in tutto il parco giochi deve averla aiutata un po'. Ci saluta calorosamente ma senza il solito tris di baci (meglio, che fa un caldo porco) e ci dice che il figlio sta per arrivare. Le diamo il regalo (qui si usa che lo scartano a casa e comunque dopo la festa, il che esclude ogni possibilità di cambio-regalo) e ci gustiamo l'animazione.
C'è una ragazza che fa giocare, ballare, cantare i bimbi. Nostro figlio ci guarda e sentenzia "Io, NO". Avevo detto che era sociopatico no?
Uh, toh, guarda, ci si è avvicinato un bimbo.
Ci guarda, intensamente.
Lo conosco, è il bimbo che mi ha chiesto da dove venivo e al quale ho mostrato il mappamondo, quello curioso delle mie lentiggini, quello che cerca di giocare col patato (che lo snobba, stronzodifigliochecc'ho)...è Occhitristi.
Occhitristi è un bel bimbo neoquattrenne con lo sguardo di un trentenne. Non sorride mai, è un bimbo troppo serio. Sembra aver visto troppo, come se una patina di qualcosa gli fosse rimasta sull'iride, ha un comportamento sottomesso e una mamma forse troppo grande da poter essere la sua.
La fra pensa che qui c'è stata la guerra, che sono tante le realtà che possono esserci dietro lo sguardo di Occhitristi, e le viene una tristezza indicibile.
Occhitristi si avvicina al patato, lo prende per mano e gli dice "vien" con una speranza negli occhi che mio figlio non potrà mai capire, ma che non sfugge a me.
Occhitristi è il festeggiato, ma non ride, non sorride. E' contento della nostra presenza, si vede, e da come ha guartato il patato la fra ha capito che l'ha scelto perché vorrebbe fosse suo amico e non l'ha scelto un grande al posto suo per tutt'altri motivi. Il che ha commosso decisamente la fra.
I bambini vanno a giocare e passa un po' di tempo.
Vengono serviti ghiaccioli e acqua in bicchieri sigillati. Poi arriva pure il pollo arrosto, con alloco e patatine fritte, servito al tavolo con bottigliette di coca-fanta-7up-bibita alla caffeina (no al caffé, alla caffeina). Alle 5 del pomeriggio.
Tutto in piatti di coccio, sporzionato e incellophanato.
Tutto ad opera del ristorante del parco. Alché la fra ha capito il senso del "+1" e dello sguardo della tipa all'entrata.
Chiaramente i piatti erano per i bimbi e per i genitori presenti, ovvero, oltre alle famiglie dei festeggiati... noi, solo noi, chiaro. Per le nounou e gli autisti avevano portato un'altra cosa da casa e gliela stavano servendo in piatti di carta. Di carta?, fa la fra, come fai a mangiare qualcosa in un piatto di carta, minimo ti mangi spezzatino di cellulosa quando lo tagl...ah, ok, lo mangiano con le mani.  Ah, pure quelli con piatto di coccio. Ah, siamo gli UNICI ad usare le posate. Bene. Promemoria per me: salutare da lontano.
Dopo esserci rifocillati (cibo squisito davvero!), i bimbi tornano a giocare finché arrivano LE torte, una per ogni festeggiato. Come da prassi tutti i bimbi si accalcano vicino ai festeggiati, tutti tranne i patati.
Si avvicina la fra, con l'iphone, e inizia a scattare foto.
Occhitristi la vede, la fra è un punto bianco nel nero, la fissa con quegli occhi neri e profondi e poi le concede il lampo di un sorriso.
Ed è così che Occhitristi è diventato Habib, e ha definitivamente conquistato il cuore della fra.

mercoledì 22 febbraio 2012

Carnevale

Allora, per quest'anno, la fra ha fatto le cose in grande.
Non per i patati perché graziesignoregrazie ci pensa la scuola (i bimbi si vestono tutti nello stesso modo, a seconda della classe di appartenenza); non per il marito perché l'ultima volta che si è vestito per carnevale, lo hanno vestito.
La fra doveva pensare ad una maschera per se stessa. Mica facile. Vista la mole la tentazione di farsi un cerchietto con la stagnola a simulare un getto d'acqua e fare moby dick è stata forte. Anche quella di comprarsi una tuta aderente grigia e fare Gloria è stata archiviata (Mortino c'era, ma il marito non era disposto a fare Moto Moto e non ha il fisico per fare Melman).
E allora la fra ha pensato a qualcosa di unico, che potesse avere solo lei.
Nel mentre che pensava (meraviglie del multitasking), la fra ha anche constatato la situazione cromatica della sua pelle :
- viso: rosso
- gambe: rosate
- parte della schiena e avambracci: bruniti
- resto delle braccia: brunite chiare
- tette: porpora (la parte della scollatura, ovvio)
- (mezze) chiappe: rosa porcellino
- pancia, altra parte delle tette, delle chiappe e della schiena: BIANCHE candegginate
da questa constatazione, il lampo di genio.
volevi la maschera unica nel suo genere? ok.
La fra si è messa la solita maglietta, il solito paio di pantaloni, le solite scarpe ed è uscita.
Ehm, sì, vabbeh, ma da cosa sei vestita?
Imbécile repéré.
...
...
...
Idiota pezzata.

Applausi, grazie.

lunedì 20 febbraio 2012

Le soleil et le rouge

La fra son tre mesi e poco più di una settimana che si trova sul suolo ivoriano.
La fra è una di quelle persone con la pelle sottile, delicata e lunare, pertanto, quando ha saputo la destinazione, è andata in farmacia e ha comprato dei solari che di più c'è solo lo scafandro e le pasticche per abituare la pelle alle radiazioni solari che presupponeva estreme.
Poi è arrivata qui e si è accorta che il sole non le dava fastidio. Il caldo sì, pure tanto, il sole no.
Parlando con persone che son qui da più di lei ha avuto la conferma che il sole qui pare faccia meno male e quindi non scotta e può essere guardato senza occhiali da sole.
Non ci sono in pratica fenomeni di abbagliamento di quelli che se non ti metti gli occhiali da sole non vivi.
Strano, pensa la fra, ma bello.
Perciò la fra, il marito e i pargoli si sono incremati all'inizio di questa avventura fino alle mutande ogni volta che andavano al mare o in piscina; poi una volta si sono scordati e si sono, incredibilmente, colorati,non scottati.
Anche la fra, un evento senza precedenti.
Da allora non hanno più avuto l'urgenza della crema e hanno avuto un atteggiamento meno talebano sulla protezione solare.
Fino a ieri.
Ieri la famiglia latana si è recata al mare, al lodge quello figo con la piscina con l'idromassaggio, quella per i bimbi e quella da unmetroequaranta per gli adulti. Il paradiso dell'ammollo.
E chiaramente la famiglia latana si è incremata col cavolo, come nelle ultime 7 volte.
Certo, il fatto che il sole ieri fosse abbagliante e non si potesse stare senza occhiali da sole avrebbe potuto dirgli qualcosa, ma che la fra e il marito fossero coglioni si è appurato qualche post fa.
La famiglia latana ha quindi passato una giornata normale, 5 ore e mezza in piscina con una pausa per mangiare un panino a bordo vasca. Ha giocato con bambini libanesi, si è coccolata nell'idromassaggio, ha sguazzato fino a raggiungere la consistenza del bollito di pollo.
Quando s'è fatta l'ora di tornare, la fra ha notato che le sue gambe (di solito refrattarie ad ogni colorazione) si erano colorate di un rosa scuro. Figo, ha pensato, sia mai che stavolta mi abbronzo le gambe. Anche il figlio piccolo aveva una maschera da procione rossa intorno agli occhi e quello grande era tutto rosato.
Vabbeh stasera doccia fredda e crema doposole a go-go.
Ci mettiamo in macchina pensando di impiegare la solita ora e mezza per tornare a casa.
Ma anche no.
Tre ore, un traffico della madonna. Quando c'è la fortuna c'è tutto.
Nel frattempo la fra aveva iniziato a sentirsi calda. A circa due terzi del percorso la fra inizia a sentire freddo e ad avere brividi incontrollabili.
Arrivati a casa, la famiglia latana si rende conto di poter cambiare senza problema il suo nome in famiglia estintore. Dopo un giro di termometro si scopre che:
- il patato grande è molto rosso ma non ha la febbre
- il patato piccolo non è rosso ma ha 39,5 di febbre
- la fra ha i brividi che non riesce a camminare, sembra la confezione dei ringo (non il biscotto, la confezione) e in meno di un'ora la febbre passa da 37 e mezzo a 39 e 7. Bei momenti.
Il marito non si misura la temperatura ma non ha brividi e non è particolarmente rosso se non sulle spalle, quindi si dedica alla danza della tachipirina, del termometro e delle pezze fredde.
Una parte della notte passa in questo modo, poi la famiglia estintore latana si arrende al sonno.
Stamattina i bimbi han sfebbrato, la fra no.
Chiaramente i bimbi non sono andati a scuola.
Chiaramente il marito è andato al lavoro.
Chiaramente la fra è uno straccio, rosso però.
Molto fashion.

giovedì 16 febbraio 2012

Harmattan

L'Harmattan è un vento che soffia da nord. La fra quando pensa al vento del nord o pensa alla tramontana secca e tersa delle ottobrate romane o al vento inquieto del nord che faceva spostare la protagonista di Chocolat: due cose romantiche e piene di vita.
Niente di più diverso.
L'Harmattan è un vento bastardo, infido e temibile.
Nell'Africa sub-sahariana, il vento del nord è necessariamente un vento sabbioso, polveroso. E fin qui lo capisci.
Quello che non capisci, finché non ti ci confronti, è che l'Harmattan è come una grandissima scopa in mano ad un gigante, e la paletta siamo noi, sulla costa. Che quello che arriva qui, oltre alla polvere e alla foschia, sono le malattie. Malattie allergiche, malattie respiratorie, germi, batteri. Un grande calderone di malattia e di morte.
Perché mentre tu occidentale, dotato di assicurazione sanitaria, ti sei potuto permettere di portare i tuoi figli in clinica, ti sei potuto permettere di curarli anche a casa con le medicine...tante, troppe, persone, qui, non hanno questa capacità. Perché non hanno soldi, perché vivono in un villaggio a due giorni di cammino dalla prima città dotata di ospedale, perché magari non si fidano dei medici, perché forse (e potrebbe essere) la sanità pubblica qui ha degli standard decisamente diversi.
Ma nel nord della Costa d'Avorio, l'Harmattan è una sorta di selezione naturale.
La fra l'ha visto in faccia l'Harmattan. L'ha visto nella febbre dei suoi figli, negli antibiotici, nel cortisone, nel respiro che le è mancato, nella polvere che le ha invaso la casa e i polmoni in meno di mezzora.
E ne ha visto il triste esito quando è andata a comprare i farmaci per farsi l'aerosol e il conto della farmacia era di più di 100 euro, e quando ha visto che il farmaco cortisonico per inalazione (il flixotide), che in Italia è compagno fidato di chiunque soffra di forme respiratorie allergiche, qui costa 70 euro. Lo stipendio medio di un ivoriano è di 75 euro al mese, difficilmente potrà curare i suoi figli.
La fra è troppo poco tempo che sta qui, ma ha una brutta, bruttissima, sensazione. E se questo vento, queste malattie, facessero comodo al nostro mondo occidentale? Gli africani si riproducono come conigli per tutta una serie di motivi: un motivo culturale, alla base, ma anche ignoranza sulla contraccezione, bisogno di braccia per lavorare, altissima mortalità infantile. Non è nella mentalità dell'africano, o almeno di un ivoriano, medio l'accumulo per pensare al dopo di me. Vivono la giornata sperando di vederne la fine. Se tutti gli africani che nascono avessero la stessa potenzialità e speranza di vita di un occidentale, va da sé che le risorse del pianeta finirebbero molto prima e andrebbero distribuite in altro modo. Se gli africani scoprissero che possono vivere come gli occidentali, se non fossero più costretti a mendicare gli avanzi della nostra società consumistica ma prendessero coscienza di se stessi grazie ad una qualità di vita migliore...l'occidente come ne uscirebbe? Sono tanti, sono affamati, non han nulla da perdere tranne la vita e sono giustamente incazzati per essere stati colonizzati e sfruttati... e fanno paura.
Ignoranti, malaticci e falciati da un clima assurdo, sono meno pericolosi, indubbiamente.
E' per questo, si chiede la fra, che non si riesce a vuole fare nulla per loro?

lunedì 13 febbraio 2012

Allez les éléphants!

Questa mattina un diolobenedica marito ha lasciato che la fra ignorasse la sveglia delle 6 e mezza e rimanesse a dormire nel talamo nuziale.
Questo sia perché il marito di cui sopra è un santo sia perché la fra fa parte di quella schiera di persone che hanno un  ritmo sonno-riposo completamente all'opposto di quello che servirebbe (un gruppo fortunato, indubbiamente).
Potete chiedere, senza problemi, alla fra, a parità di ore dormite, di rinunciare alle prime ore di sonno (ovvero di addormentarsi tardi) ma non provate a chiederle di rinunciare alle ultime per svegliarsi presto, ché otterrete una belva, scazzata, insonnolita e francamente insopportabile.
Pertanto il marito è sì un santo ma è anche semplicemente una persona previdente.
Insomma stamattina il marito si alza e lascia la fra a dormire in compagnia dell'aria condizionata. Sveglia la prole, gli prepara la colazione, la veste, la mette in macchina convinto di portarla a scuola e da lì tornare a svegliare la moglie con un bacio e un caffé.
E invece.
Invece già uscendo dal cortile capisce che qualcosa non va. Di solito c'è una fila di macchine che non finisce, alle 7 e mezza sotto casa nostra. Invece il nulla più assoluto. Che a me sarebbe preso un mezzo colpo, avrei pensato minimo ad un'azione militare o alla ripresa della guerra civile (che qui si rischia sempre).
Bah, dice il marito, sarà una di quelle coincidenze astrali per cui tu esci e non trovi nessuno ma 5 minuti prima e 5 minuti dopo c'era e ci sarà l'iradiddio della gente.
beh, no.
Arrivato a ascuola, il marito l'ha trovata decisamente, inaspettatamente, chiusa. Con un bell'avviso che diceva che la scuola oggi era chiusa...
...per l'Harmattan? NO.
...per qualche festa religiosa? NO.
...per qualche festa nazionale? NO.
...per qualche motivazione seria? NO
.
La scuola oggi è chiusa perché ieri sera, la squadra di calcio della Costa d'Avorio, Les Elephants, ha conquistato un meritatissimo secondo posto (perdendo solo ai rigori, è rimasta imbattuta per tutto il torneo) nella Africa Cup of Nation 2012.
E stamattina TUTTA Abidjan è andata all'aeroporto di Port Bouet per omaggiare, salutare e ringraziare, la nazionale di ritorno dal Gabon.
Ecco.
Sipario.

giovedì 9 febbraio 2012

Ma basta?

Insomma venerdì scorso, dopo aver rimandato il rimandabile nella speranza che la cosa passasse da sé, una fra maritomunita si è recata alla clinica per farsi visitare. Alla clinica ormai ci conoscono per nome, e questo non è mai un buon segno, soprattutto se sei in suolo ivoriano da meno di tre mesi.
Andiamo e la dottoressa di turno chiede alla fra più o meno anche il nome del suo animaletto di pezza da piccola, ma vabbeh...meglio scrupolosi che no (che la fra ha ancora memoria del suo medico romano: Giovà, c'ho mal de testa. 'N te preoccupà, pur'io. Giovà me fanno male i reni. 'N te preoccupà, pur'io. Giovà, c'ho i dolori mestruali. 'N te preoccupà, pur...ehm.)
Dopo averle raccontato tutte le malattie pregresse e i sintomi di quelle in corso, la fra viene fatta accomodare nella saletta delle visite. Viene pesata (machedavero?), le fanno misurare la temperatura e le viene misurata la pressione (fanno sta cosa ad ogni visita, non so se rendo). Che risulta un po' alta. Ma vai a far capire ad una dottoressa africana che la fra si agita a bestia quando sente quel cappero di manicotto che le si stringe sul braccio. Vabbeh, la misura di nuovo dopo 5 minuti e, grazie al training autogeno della fra, la pressione le pare accettabile.
Ok, apra la bocca e faccia "AAAAAA". La fra esegue e la faccia della dottoressa si fa un minimo perplessa. "Le tonsille sono grandi grandi, la gola è rossa rossa e ci sono tanti tanti puntini verdi" . verdi? sì, verdi. Bene: sono un mutante, ora aspettiamo solo di capire quale sia il mio potere e poi mi iscrivo alla scuola degli X-Man (vista la velocità con cui ricrescono i peli a questa latitudine, potrei valutare quello peloso).
Ritorniamo nell'altra stanza e la doc inizia a spiegare che ci vuole l'antibiotico. La fra, memore della vaga cappellata fatta coi suoi figli, dice subito un enorme , però. Però mia cara dottoressa, l'amoxicillina NO. Mi guarda e mi dice che sarebbe il tipo di antibiotico migliore. Io le dico che l'amoxicillina non è sindacabile, è un No assoluto, mi fa venire la candida e l'eritema, dove non vorresti MAI avere la candida e l'eritema. Capisce al volo, del resto è una donna anche lei, che non è proprio il caso, quindi segna alla fra un altro antibiotico. La fra chiede se è possibile averlo in punture, ché lei le medicine se le scorda sistematicamente, non c'è pezza. Stavolta è la doc ad emettere un insindacabile no. E vabbeh.
Però sa signora servirebbe anche il cortisone (oh, ma che lo intingete anche nel latte a colazione sto cacchio de cortisone?) però lei soffre di reflusso e la pressione è ai limiti alti, quindi non me la sento di darglielo (meglio, posso dirlo? dici che non è il caso? ah vabbeh, non lo dico). Prenda questo sciroppo antiinfiammatorio a base naturale, l'antibiotico e ci si rivede martedì.
Ok, a martedì.
Chiaramente il contingente francofono della famiglia martedì mattina sarà al lavoro e la fra dovrà andare da sola. Tanto devi solo aprire la bocca, lei controlla e basta.
Ecco, ma anche no.
Martedì mattina, alle 6 e mezza, la sveglia toglie la fra dalle dolci braccia di morfeo. Poco dopo la fra svolge lo stesso ingrato compito coi patati. Colazione, lavaggio mani e faccia, preparazione merenda per la scuola, borraccia, quaderni, assemblaggio zaino, vestizione patati, vestizione della fra e via, verso nuove avventure.
Arrivati a scuola, la fra si accorge che fa freschetto, beeeeeeeellllooooooooo.
Porta dentro i patati, scambia convenevoli con le maestre mentre quelle si sbaciucchiano i patati dopo 15 gg di assenza e se ne torna verso la macchina. Un freddo cane, vento.
Ora, freddo. Mi rendo conto dell'assurdità dell'affermazione. Ma per chi, come noi, è abituato a una temperatura variabile (alle setteetrequarti del mattino) tra i 28 e i 33 gradi, se ne fa 23 ti chiedi perché mai non ti sei portata il giacchetto.
La fra si mette di nuovo in moto verso la clinica, accompagnata dal fresco, dal vento e da una foschia densa.
Arriva alla clinica, dove scopre che nel frattempo hanno imparato anche i loro nomi di battesimo e si accorge, improvvisamente  e con un vago terrore, che non si ricorda per niente il nome della dottoressa. Nella sua totale ingenuità, la fra ha pensato quindi che la dottoressa di turno fosse solo la sua e che le infermiere avessero il foglio degli appuntamenti.
Errore, in entrambi i casi.
Alla domanda perché è qui, la fra dice devo fare un controllo.
Ok, con chi.
Ehm, non mi ricordo il nome della dottoressa (prima figura: la rincoglionita)
L'infermiera dice qualcosa che, alla luce dei fatti, deve essere "ok, cosa ti fa male"
La fra non ci capisce una mazza fritta e crede che l'infermiera le abbia detto che non ha capito di chi si tratta.
Alché la fra, mimando pure, descrive la dottoressa: è alta così, ha gli occhiali e i capelli lunghi fino qui. (seconda figura: la completa idiota).
La faccia delle infermiere, tra l'incredulo e la paresi da iena ridends, diceva "non può averlo fatto davvero". E invece sì, figo vero?
Ripetono la domanda originaria e la fra risponde "mal di gola" alché l'infermiera si illumina e dice "deve andare lì", indicando l'otorinolaringoiatria.
Ehm, no.
Ricapitoliamo. Sono venuta venerdì, la dottoressa di cui non mi ricordo il nome ma che ti so descrivere mi ha detto di tornare stamattina per un controllo, ho appuntamento alle 9. (terza figura: la disperata)
A questo punto, con molta nonchalance, l'infermiera prende il foglio degli appuntamenti e mi chiede come mi chiamo.
Madame latana.
Ah, oui oui.
Ci manca il "pas problem" e poi mi sembra di parlare con Geppetto, direi che la capacità di capirsi al volo è più o meno la stessa.
Si arriva alla soluzione: lei ha appuntamento con la dottoressa Ceppo, prego si accomodi.
Merci.
Dopo un po' di tempo in sala d'aspetto, la fra viene chiamata dalla dottoressa Ceppo. Ariapra la bocca, aripressione, arialta. Ha avuto episodi di pressione alta? in gravidanza magari? Oui dice la fra, alla fine della mia seconda gravidanza. Ma siccome la pronuncia tra deuxième (Dsiem) e douzième (dusiem) è quasi la stessa, la fra è abbastanza certa di averle detto durante la mia dodicesima gravidanza (praticamente la moglie di Giulio Coniglio). La doc fa infatti una faccia strana, poi si ricorda chi ha davanti e la faccia diventa di commiserazione. Vabbeh và, apra la bocca. Insomma la gola è meno rossa (ma sempre rossa) le tonsille sono meno grandi (ma sempre grandi), i puntini sono meno (ma ci sono ancora). Ma non mi fa male per niente, dico io. Che eri un mutante lo avevamo già assodato, pensa lei, ma non dice nulla probabilmente per compassione.
La fra poi fa notare che è dalla sera prima che le fa male lo zigomo. L'assenza di lividi esclude che il marito l'abbia pestata, quindi deve essere qualcosa di interno, come dire.
Ok, sembra sinusite, vada a fare la lastra, urgente.
La doc, che dopo il misunderstanding deuxième/douzième ha capito perfettamente il livello di francese alla Totò della fra, le spiega come le avesse 3 anni tutto quello che deve fare e le scrive quello che deve chiedere al banco dell'assicurazione sanitaria (una cosa un po' umiliante, in verità).
Insomma la fra va a sto banco, prende i fogli che deve prendere e va in radiologia.
Da allora in poi è tutto all'insegna dell'improvvisazione e della botta di culo. La fra arriva, consegna il foglio, si mette seduta. Viene chiamata per pagare la quota non pagata dall'assicurazione sanitaria, attende la fattura, ma non sa chiederla, si rimette seduta. Viene chiamata per la fattura, ma non capisce che è per la fattura quindi sicuramente dice qualche cazzata random, poi si rimette seduta. Cerca di stare attenta se sente chiamare il suo nome, in una lingua che conosce poco e con la pronuncia africana, a volte è tentata di alzarsi, ma resta seduta. Madame latana, la fra si alza, oui c'est moi, no niente le volevo solo dire che tra poco la chiamiamo, la fra si rimette seduta. Sembra il remake di laurenzia-cara-laurenzia.
Finalmente è il suo turno e la fra viene accompagnata lungo il corridoio, alla fine del quale la fanno sedere di nuovo, la chiameranno a breve. Scusa eh, ma allora potevo rimanere lì, no? No. Ci sono certe cose del modo di fare ivoriano che mi sfuggono, è evidente.
Madame la tana, mi rialzo, tra poco la chiamo, mi risiedo.
Madame la fra (scusa eh, perché sei passato al "tu"?), venga che si deve spogliare per mettere il camice per la lastra. La fra si alza, incredula, poi esprime il dubbio vago che il tipo non abbia neanche letto la sua richiesta.
Ehm, déshabiller? pour une radio à la tête?
Eh, à la tête?!?
Oui, ma doctoresse pense que j'ai une sinusite.
Sinusite? oh!
Dopodiché inizia a ridere, non voglio neanche sapere che tipo di lastra aveva capito dovessi fare.
La fra è talmente rinfrancata dalla preparazione degli infermieri della radiologia che si incammina verso la sala lastre come fosse più o meno il miglio verde.
Viene fatta entrare, sedere, le fan togliere gli occhiali, il piercing al naso lo toglie di sua spontanea volontà, l'infermiere dice che volendo può anche tenerlo. A sto punto mi tengo pure gli occhiali, così dalla lastra sembro Wonder Woman con un amo nel naso, figo.
Con la certezza che il tipo non capirebbe la battuta, la fra non prova neanche a tradurla in francese ma ridacchia tra sé.
Il tipo arriva, le spiaccica la faccia frontalmente sul macchinario (l'effetto è come appoggiare la faccia al finestrino e poi tirarlo su), esce e le dice di non respirare. Due secondi dopo viene e si porta via la lastra con la faccia spiaccicata della fra.
Mi serve subito, dico.
Mi guarda male, mi dice ok ma poi per la valutazione del radiologo la riporti giù. Va bene, caccia sta lastra che la doc Ceppo mi aspetta, hop hop.
Ottenuta la stampa aberrante della sua faccia stracinata in padella come un piatto di broccoletti, la fra la guarda e pure da sola vede che c'è una bella opacità a sinistra, ovvero dove le fa male.
La cosa verrà confermata dalla doc poco dopo. Bene, antibiotico e decongestionanti bronchiali via aerosol, però secondo me tutto questo ha cause allergiche, le do l'antistaminico.
La fra si ricorda della crisi respiratoria avuta in gravidanza e ne conviene.
Del resto, fa la doc, è tornato l'Harmattan, vede che cielo oggi, l'aria è troppo secca.
Porcamignot
Porcocaz

Porc
Insomma, secca? 90% di umidità ti pare secco? stavolta è la fra che guarda la doc con commiserazione.
Uno a uno, palla al centro.
Dopo aver salutato la doc e aver riportato la lastra in radiologia, la fra finalmente torna a casa, sempre accompagnata dalla foschia e dal freddino, apre le finestre e si mette a pulire.
Dopo poco ha iniziato a sentire un vago odore di polvere. Meno vago ad ogni secondo.
Praticamente la fra si è resa conto, con sommo orrore, che la foschia in realtà era solo aria pesante satura di polvere. La polvere sporca del deserto portata dall'Harmattan, appunto. La polvere che ha fatto ammalare i suoi figli quando era molta ma molta meno.
La polvere che rende l'aria irrespirabile.
La polvere che ieri sera ha fatto implorare alla fra il ventolin.
Ecco, ok doc hai vinto tu, e pure in trasferta.

La fra si è abbastanza rotta di perdere le partite coi medici, si sappia.
Come anche di tante altre cose.
Se incontrare qualcuno che sta giocando al vudù con 4 bamboline, potreste per cortesia togliergli gli spilloni?ok? grazie.

venerdì 3 febbraio 2012

Dottoressa ivoriana 1 - Mamma italiana 0 (arbitra Pollyanna)

Capita poi che al ritorno da una cena, dove una tipa vi ha chiesto, per seconda volta in due mesi, come stanno i bimbi (e due volte su due, le conseguenze son state più o meno quelle  che seguono, quindi la prossima volta la fra si porta una bella carta vetrata del 7 e la dà furtivamente al marito come rimedio contra mala), vi accorgete che il più piccolo dei due ha gli occhietti lucidi.
Occhietti lucidi=febbre, a qualsiasi latitudine vi troviate.
Misurate la febbre al puzzetto e scoprite un meraviglioso 38 e mezzo. Fate un bel sorrisone, giocate una partita a carte con Pollyanna e poi ve ne uscite con un signorilissimo  "mapporcocazzo acciderbolina! proprio di venerdì sera noooooooooo".
Una febbre che inizia di venerdì sera, significa in automatico che il giorno dopo NON si andrà al mare (che è più o meno l'unico svago e l'unica uscita che la famiglia latana si concede settimanalmente), pertanto non sarà una tragedia, ma insomma scazza un bel po'.
Si inizia la danza della tachipirina locale (paese che vai, paracetamolo che trovi) e si accendono lumini a tutte le divinità conosciute o in incognito che siano, affinché sia solo un colpetto d'aria, una bottarella di fresco.
Il giorno dopo, il puzzetto, continua ad avere la sua bella febbre over 38, pertanto a malincuore la famiglia latana mette una bella croce su ogni opzione di fine settimana che non contempli la visione delle quattro mura di casa propria o di cartoni animati atti a stimolare la mente di quasi treenni e quasi cinquenni, ma che, diciamocelo, uccidono sistematicamente i neuroni di tutti quelli da quell'età in sù.
La domenica, la svolta.
Mortino ha sfebbrato.
Mentre la fra accendeva i mortaretti di festeggiamento e buttava le cose nella borsa del mare, il marito si accorgeva che gli occhi lucidi ora ce li aveva il patato grande.
Ok, Pollyanna, questa la vinci a tavolino.
La febbre rimane alta tutto il giorno, tranne brevi intervalli sponsorizzati dal paracetamolo.
Il lunedì si va dalla dottoressa, nella nostra clinica di riferimento.
Gola rossissima, tonsille ingrossate per l'enp.
Gola rossissima e basta per Mortino.
Antibiotico, cortisone e sciroppo per entrambi.
Corcazzo Anche no, ha detto la fra in un italiano incomprensibile ma con un tono comprensibilissimo alla dottoressa, che a quel punto gli ha pure imbruttito un po'.
La mamma italiana dietro a questo schermo ha quindi fatto spiegare dal marito alla dottoressa che in Italia si cerca di non dare subito l'antibiotico, perché l'antibiotico debilita e bla bla bla.
Ok, date il cortisone, per l'antibiotico si aspetta giovedì, ci rivediamo, se stanno ancora male passate prima a fare le analisi del sangue e poi coi risultati venite direttamente da me.
La fra si sentiva di aver vinto una battaglia: voglio dire, graziarcà che con cortisone antibiotico e sciroppi un'infiammazione alla gola ti passa.
Però...
Il martedì patati entrambi senza febbre, evvai lo vedi che avevo ragione io?! una mamma certe cose le sa.
Il mercoledì l'enp ricomincia over 38 e viene dopato di paracetamolo, il fratellino nulla.
Il giovedì ancora nulla per Mortino, mentre l'enp sempre tra 38 e 39.
Analisi del sangue per entrambi.
Non è malaria.
Primo sospiro di sollievo. I sintomi non eran quelli, ma sai mai.
Per l'enp si evidenzia un'infezione che sembra batterica, per Mortino forse un inizio. Veniamo spediti a fare la visita dall'otorinolaringoiatra che ci dice che ormai si parla anche di otite, per l'enp. Il quale enp si guadagna pure una bella radiografia del torace in unica proiezione frontale.
Bronchite. L'ho vista perfino io, dalla lastra.
Quindi riepiloghiamo.
Enp: bronchite, tonsillite, placche, otite, rinite (cinquina! da ora si va per la tombola).
Mortino: tonsillite e un inizio di otite.
Ok, antibiotico, è evidente.
Uno bello potente che copra tutte le alte vie, come dire.
Lo iniziamo subito, senza passare dal via. L'erede al trono è da martedì a pranzo che non mangia quindi prima facciamo passare questa cosa e meglio è. Il principe cadetto come al solito se magna pure er tavolino, ma sai mai.
Venerdì pare vada meglio: a pranzo l'enp mangia pure una minestrina sotto lo sguardo commosso della fra. La fra, rasserenata e spinta dal marito, mette il naso fuori casa (dopo una settimana di internamento coatto coi pargoli!) per un pomeriggio all'insegna di spese in materiale creativo e chiacchiere femminili.
Torna a casa e trova tre uomini assonnati, uno dei quali terrificantemente febbroso. 39 e mezzo, malimortà.
Da allora in poi la febbre non scenderà, con tutto il paracetamolo, mai al di sotto dei 39.
Passiamo parte della notte a fare bagnoli freschi all'enp, a ricordarci e mettere in pratica tutti i vecchi rimedi della nonna (tipo bagnoli di acqua e spirito e bagni tiepidi). Anche Mortino ricomincia ad avere la febbre.
Paracetamolo on the rocks per entrambi e tra quello e i rimedi della nonna, pare che la febbre stia scendendo a tutti.
Alla fra cala la tensione, l'adrenalina e conseguentemente la palpebra....tanto ha visto il marito mettere la sveglia per le 3 per controllare la febbre patata.
A quel punto, visto che la febbre sembra stia scendendo, lei dorme di brutto.
Il resto della notte è appannaggio del marito, che non la sveglia.
PRG arriva a 40,5 di febbre e lui continua bagnoli e bagni, finché verso le 6 scende sotto i 39 e anche loro si addormentano.
La mattina dopo il marito va, da solo, a parlare con la pediatra in ospedale, per chiedere ingenuamente qualcosa di più efficace per la febbre.
La dottoressa lo guarda sgranando anche gli occhi e gli dice "lo porti qui e lo ricovero"
PANICO.
Prepariamo i bimbi e andiamo.
La doc ci dice di aver fatto vedere la lastra allo pneumologo e che c'è un piccolo inizio di broncopolmonite.
PANICO AL QUADRATO.
Tralasciamo l'esperienza mistica della flebo al patato, io non c'ero. Ha voluto il padre, 'sto giuda (mamma io vorrei rimanessi tu con me in ospedale, ma papà parla meglio francese- mettece 'na pezza).
Tutti in camera del patato, la doc ha detto aspettatemi che visito anche l'altro.
L'altro è lì tranquillo che si è sbafato il pranzo destinato all'accompagnatore del bimbo ricoverato.
Poi improvvisamente diventa moscio.
Da 37 a 39,7 in tre minuti netti.
A Pollya', con te 'n ci gioco più.
La doc ci chiede se preferiamo curarlo a casa.
Ma anche no, ricoveralo e de corsa pure.

E fu così che la famiglia latana ha passato il secondo fine settimana di reclusione direttamente in ospedale tra aerosol, flebo, puff e quant'altro e soprattutto sempre in compagnia di cartoni animati che saranno pure carini, ma insomma anche no.
Una bella camera grande, con il letto per la mamma e un divano per il papà se resta anche lui (chiaro che è restato: è l'unico francofono di casa!).
Alla doc che la vede pallida, la fra dice che non si sente molto bene, ha un po' di mal di gola e mal di testa; la doc suggerisce il magnesio, la fra sfodera il suo pessimo francese e risponde "je suis en train de organizer un voyage à Lourdes", ah, siete cattolici...ehm, una domanda di riserva? come fai a far capire che era una battuta? rispondi "un peau" rendendo con lo sguardo quello che non sai dire a voce. Pare abbia capito, poi la fra si ricorda che PISAM (nome del policlinico) significa Polyclinique International Sante Anne-Marie, bella figura, complimenti.
Alla fine tre giorni di ricovero. Tre giorni in cui ai miei figli è tornato il colore e l'appetito. Tre giorni di infermiere carine e personale presente. Del resto è l'equivalente di una nostra clinica (santa assicurazione sanitaria ora pro nobis).
Tornati a casa, i patati stanno continuando la cura.
...
...
...
Chiaro che ora s'è ammalata la fra.

Da tutto questo la fra ha imparato due cose:
1. le partite a carte già le perde con Pollyanna, con la dottoressa è meglio non giocarle proprio.
2. la prossima volta che un dottore le dirà: "le dò l'antibiotico" la risposta sarà: uno solo?