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venerdì 3 gennaio 2014

WOR(L)DS: parole e mondi



Il progetto WOR(L)DS nasce da un'idea della meravigliosa Camilla di Zelda was a writer, un blog stupendo, pieno di spunti creativi, di occasioni di scoperta e riflessione.
Il progetto in sé è un progetto di scrittura a partire da input concettuali e visuali (i kit che vedete in foto) da cui lasciarsi ispirare oppure no, da seguire pedissequamente o da cui discostarsi. Una scrittura ristretta entro i confini delle 900 battute (una difficoltà enorme per la fra!!!): questo, per me, logorroica in ogni mia espressione, ha significato concetti da spiegare con termini densi e pregni, frasi stringate, cesellature, ricerca.

Questo percorso mi ha lasciato talmente tanto che ho deciso, vincendo la timidezza, di condividerlo anche qui.
E' un regalo di inizio anno a me stessa, per ricordarmi quanto mi piaccia scrivere, quanto sia impegnativo farlo cercando di farlo bene, quanto la soddisfazione di essere riuscita a trasmettere qualcosa di tuo sia immensa.

Siate clementi nel giudizio, vi prego!













 
 1. SAPORI E RICORDI

Interno, giorno. Un interno che sa di crepuscolo, di cose fatte a mano, centrini, aria polverosa e sogni di bambina. Quella che eri, quella che sei.
Ci sono spezie, pezzi di mondo, qui. Ne metti in bocca una, d’istinto.
La prima sensazione è il crepitio della corteccia tra palato e lingua; sensazione tattile che diventa suono, un eco che risuona e arriva agli occhi, che si chiudono istintivamente mentre dal rumore passi al gusto; una nota di natale, famiglia, dolce, nonne, gulash, origini, casa. E sei di nuovo quella bambina.
Una casa vecchia, un amore grande, l’orizzonte sconfinato del tuo futuro, spalancato come una finestra tra cuore e occhi.
Riapri gli occhi, tra le ciglia la viscosità del ricordo, tra le mani ancora un pezzetto di cannella, il tuo inaspettato biglietto di ritorno, per un dove che ormai, al di fuori di te, non c’è più.
















2. INIZI DI NEVE

Si erano guardati, quella sera. Si erano detti che si amavano nella lingua degli amanti, quella fatta di frasi sconnesse, baci, sospiri. Si erano letti negli occhi, cielo e giada, l’urgenza dello stare insieme, del condividere, del sognare qualcosa di comune.
Si erano ballati intorno in una Parigi gonfia di neve e lustrini, accorgendosi solo in quell’istante di non essere soli.
Avevano brindato con mani fredde e fiocchi di neve.
Si erano tenuti per mano, con una consapevolezza nuova e atavica, quella dell’inizio di qualcosa, di un percorso, di una vita.

A chi li vedeva passare, nella fioca luce del giorno che stava andando via, sembravano solo due ragazzi infreddoliti; in realtà c’era tra loro un sogno già iniziato, senza ancora le impronte per terra, con ancora le ali per rimanere, per un po’, segreto.














3. SABBIE

Ho le mie spine, lo sai, le conosci. Le coltivo ogni giorno per renderle appuntite e difendermi da tutto ciò che tu non vorresti mai vedere.
Hai lucchetti di diari abbandonati che parlano di te e di cose che non conosco. Dei tuoi sogni, delle tue età diverse, dei tuoi drammi senza teatri.
Ho conchiglie che sanno di mare e infinito. Parlano una lingua che abbiamo perduto, che forse non è mai stata nostra; nelle loro piccole geometrie leggo con le dita storie che non ho vissuto, eppure ero lì.
Hai panorami di città eterne e immutabili, sfondi imperituri di una moltitudine che beve il suo tempo e migra la vita su rotte spesso altrui.
Abbiamo tutto questo, tutto questo portiamo con noi. Tutto questo come una marea ci porta via o ci lascia toccare, a volte pieni a volte orfani.
Nella clessidra della vita, due granelli, vicini.















4. CUORI E SCATOLE

Avevo un cuore di lana e spugna. Lo portavo in giro per il mondo a sporcarsi, a imbibirsi di lacrime non mie, a riempirsi di spilli che non sapevo togliere.
Un cuore da burattinaio, coi fili che altri muovevano per me, senza opposizioni né drammi.
Mi rinchiusi allora in me e mi feci la dura corazza di un guscio, per non soffrire, per non parlare, per non essere. Ma un uovo non è vita senza altro che lo fecondi: ne è solo promessa, e speranza.
Poi arrivasti tu e rompesti il mio guscio, liberando l’anima; mi aiutasti a trovare il cuore sepolto e impolverato, ne tagliasti i fili e costruisti per lui, solo per lui, una scatola. Una scatola da aprire senza altra chiave che non l’intenzione.
Lo proteggesti. Lo rendesti un dono, una scelta, una scoperta.
Da allora quel cuore lo portiamo insieme a sporcarsi di gioia, a bagnarsi di felicità, a pungersi di emozioni.
Da allora vivo, con te.

















5. PERCORSI DI LUCE

Una bella luce di un giorno che va finendo entra attraverso le tende dello studio, lambisce sulla scrivania gli oggetti con cui lavoro, la riga, la squadra, i fogli, i progetti, gli schizzi di case altrui e nuovi modi per viverle; prosegue il suo cammino, raggiunge il tavolino basso e radente sfiora la foto.
Quella della foto sono io, ma la foto mi racconta diversa da quella che sono oggi. Se segui la luce oltre, scoprirai perché. Seguila, lasciati portare. Scavalca la finestra.
Eccomi lì: del terzetto che hai trovato sono quella alta. Loro, quelli piccoli, sono la miccia che mi fa scoppiare in meravigliosi bengala, sono il sale nel piatto e il sole nel cielo, sono la chiave per andare oltre lo specchio e credere ancora che un bacio di madre possa curare i mali dell’umanità. Loro sono la differenza tra me e la foto: due istantanee con un immenso in mezzo.















 6. VIAGGI 

Nella mia borsa nascondo vite. Istantanee di momenti che non ricordo, testimonianze di una presenza che mi è sfuggita dalle mani o di cui quelle stesse mani si sono sporcate indelebilmente.
Con i miei aghi mi pungo o mi rammendo, assecondando il bisogno, l’istinto o la paura.
Sono ferma eppure sempre in movimento, vivo il mio dualismo con leggerezza e frustrazione, a volte conforme con l’altra parte, altre volte come una calamita dello stesso polo mi allontano e non so dove finirò una volta smesso di dondolare. A volte, penso semplicemente che non sia importante saperlo.
Taglio via capelli e pezzi con le forbici appuntite della nostalgia e del ricordo, per modellare una me stessa più conforme al cuore che ogni giorno batte e mi sbatte da una spiaggia assolata ad un mare in tempesta, senza la pietà di una zattera di naufrago.
Intanto viaggio, e vivo. 















7. IO E LEI

Eravamo, io e te, pulcini bagnati e anime ad asciugare al sole, su quei muretti fatti di gente distratta.
Una musica da dividere in due per dare voce alle emozioni con parole altrui, forse per paura di sporcarle di quotidianità, per lasciarle eteree a viaggiare invisibili.
Berretti di freddo su cocenti delusioni. Berretti caldi sul cuore quando le parole si accordavano sullo stesso suono e sulla stessa emozione.
Due piccole donne in fieri, con i sogni ancora vergini dalla realtà, con il sorriso tra le ali, con la necessità e l’urgenza di fermare nell’altra una parte di sé, per lasciarla lì in custodia per il giorno brutto in cui ci si sarebbe potute perdere.
Oggi siamo, io e te, anime asciutte e sogni diversi, senza urgenze, governate dal piacere di aversi e non dalla paura di perdersi; i pezzi che ci lasciamo dentro non sono in custodia, sono doni.
Due donne diverse, ma ancora un noi.




















8. FILI, PERCORSI E DONI

L’infinito, l’indeterminato, mi terrorizzano. Da sempre.
Come un ramo secco nel mare ho avuto paura di finire su spiagge decise da altri e quindi con la penna ho messo boe nel mare e picchetti sulle rupi, ho lasciato dietro di me briciole per poter tornare indietro a capire la me stessa che ero stata, ho tracciato il percorso della mia esistenza. Per non perdermi, ho usato fili di inchiostro che mi legassero ad una vita che sembra tuttora non bastare per tutti i pensieri che mi si affollano dentro.
Ho intrecciato quei fili con ciò che mi accadeva intorno e dentro, ne ho fatto cestini per donare il cuore a chi amo, bandiere di pensiero a sventolare orgogliose e fazzoletti ad asciugare lacrime.
Amo intrecciarli come andarne a scoprire le trame per rileggermi, e capirmi. Offro alcune di quelle trame come si offre la nudità, con imbarazzo e per scelta.
Ciò che di me resterà non sarà un caso.















 9. I DANZATORI

Sono fatta di strati: puoi toglierne uno, o alcuni, ma rimango sempre uguale e fedele a me stessa.
Tu invece sei un diamante, integro e perfetto; rifletti la tua personale brillantezza solo attraverso l’esterno, ma resti prezioso a prescindere. Se solo te ne rendessi conto.
Abbiamo avuto i nostri incerti passi di danza fatti di mani da stringere e fiducia di piedi da muovere. Oggi son diversi: più lenti, assaporati, consapevoli, in una città eterna a far da sfondo per far volare alti i sogni e tenere ancorate le certezze, con l’anima a sporcarsi un po’ di moltitudine e a confondersi in tramonti.
E in mezzo noi, con desideri bambini e paure pesanti, con sogni leggeri e realtà adulte.
Con le nostre sporte di fiori da offrire e pietre da scagliare, col cuore da posare sulle storie dietro le luci nei palazzi e infiniti di stelle da promettersi negli occhi.
Siamo ancora lì, a danzare. 















10. AL DI LA' DEL VETRO 

I miei inevitabili fiocchi dorati chiudono scatole di pensieri che non so ancora condividere e immagini di vita rubate al tempo.
Mi presento a te come una fotografia in bianco e nero, senza colori a distrarti dall’essenza di luci e ombre; con le pieghe di chiaroscuri in cui immaginare ciò che non ti mostro, con la luce piena a farti indovinare cosa l’obiettivo non ha colto di me.
Come una musica posso avvolgerti, portarti via con me attraverso il vetro e farti entrare nel contrasto della foto. Scopriresti i puntini minuscoli che mi compongono, indagheresti il mio mistero vivendolo, incapace di renderlo in parole, solo pure emozioni.
Questo è il dono che ti faccio di me: un vetro a proteggere il tuo intimo viaggio nel mio susseguirsi di scuro e luce, a preservare il tuo procedere incerto su quei sentieri umidi di vita.
Al di là, inizia il cammino. Il più importante.