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lunedì 22 settembre 2014

Con parole altrui #18. Nannetti, Cristicchi, Vecchioni.



Finalmente riesco a rimettere le mani anche su questa iniziativa a cui tengo veramente tanto, perché è una cosa che attraverso foglietti, post-it, diari di carta, files e blog, veramente mi accompagna da una vita.

E lo faccio con dei testi legati ad un’esperienza molto bella ed emozionalmente intensa fatta poco prima di tornare in Costa d’Avorio.

Igerstoscana ha infatti organizzato, a fine agosto, un incontro a Volterra in occasione della festa medioevale e con la straordinaria possibilità di visitare, seppur da fuori, il complesso del Manicomio. Una bellissima occasione, che mi ha permesso anche di incontrare dal vivo altre due instamamme e di aggiungere altri pezzi al mio puzzle emozionale.

Il Manicomio di Volterra, ormai in disuso da tanto e per questo in condizioni fatiscenti, è un pezzo di storia insieme cupo e aperto al mondo, un luogo dove, nonostante tutto, si respira speranza, non abbandono.

È un luogo di storie, di affetti; un microcosmo in cui ti è ancora possibile immaginare le persone camminare, guardare fuori o guardarsi dentro, sorridere o forse no.
È un luogo teatro di tante storie, di passi incerti, di reclusione, di piccole e o grandi violenze.

Chi ci parla delle persone e dei personaggi che hanno popolato quei padiglioni, lo fa con affetto, ricordando aneddoti, frasi, dando a quel contesto ancora voci e storie.

Sui muri esterni di un padiglione, una mente geniale, ritorta su se stessa, quella di Oreste Fernando Nannetti, ha scritto la sua storia, riappropriandosi di un tempo che lì non entrava a scandire l’esistenza. Un meraviglioso pezzo di umanità che emerge tra la scrittura storta di uno che doveva scrivere con la fibbia di una cinta per lasciare un segno di tutti i pensieri, grandi e piccini, che gli affollavano la mente. Storie, statistiche, varie espressioni di una vita proiettata al di fuori.
Sue queste bellissime parole.

Come una farfalla libera canta tutto il mondo è mio. E tutto fa sognare


In posti come il Manicomio di Volterra ti si proiettano immagini di un mondo che non conosciamo, che il più delle volte non vogliamo vedere.

La mente ritorna a poche, ma significative, immagini del film “La meglio gioventù”, automaticamente. Volterra è stata definita un incubo. Per capire bisogna rientrare in una mentalità che non ci appartiene più o di cui quantomeno oggi non giustifichiamo l’esistenza.


Come in ogni ospedale psichiatrico dell’epoca c’erano elettrochoc e cure pesanti, c’era il confino (non di tutti), c’era un ambiente pesante, nessun contatto in alcuni casi con l’esterno.
Ma Volterra era anche terapia del lavoro e limitazione della contenzione fisica. Per quel periodo, e si parla degli anni 20, un unicum.
Questo non assolve l’Ospedale Psichiatrico di Volterra dalle sue colpe né ne fa un’oasi felice, lo rende solo un po’ più umano in un panorama di desolante inumanità.

Proprio il Manicomio di Volterra ispirò la splendida canzone di Cristicchi, Ti regalerò una rosa, a metà tra l’esperienza personale di un malato e una riflessione esterna sulla malattia mentale. Leggetela, non ascoltatela, leggetela: io la trovo immensa.

Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura

[…]

I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole


Il mondo della malattia mentale è un caleidoscopio di vite lasciate indietro, di persone che forse un giorno si sono perse, di mani lasciate, di disagi, di solitudine, di pregiudizi.
È un mondo spesso violento nelle sue espressioni, verbali e fisiche; è un mondo difficile.


Nel calderone della definizione “malato di mente” sono rientrate tantissime patologie, negli anni. Patologie che escludevano una socialità e disturbi vari della personalità. Vi rientravano anche depressi o sovversivi. In alcuni casi un doveroso tener sotto controllo la violenza, in altri un confino doloroso per menti da una parte inceppate e dall’altra perfettamente lucide, meravigliosamente poetiche, a volte quasi profetiche, geniali.
Menti matematiche, come quella di John Nash, o menti che sapevano esprimere la bellezza e l’essenza delle cose con le parole, come quella di Alda Merini.

Ed è proprio a lei che è inevitabile pensare, quando si percorrono quelle strade di cui ormai la natura è tornata padrona, a Volterra. A lei e al grande omaggio che un cantautore, Roberto Vecchioni le ha scritto in musica: Canzone per Alda Merini.

Ne citerò solo una parte, ma vi consiglio di ascoltarla e leggerla tutta, merita. Ma ascoltarla a cuore aperto. Una colonna sonora perfetta per posti come il Manicomio di Volterra. Posti per capire e da capire. Magari lasciandosi un po’ sporcare dalla vita che è rimasta tra le pieghe e sui muri, dalle storie che vi sono passate attraverso.

Noi qui dentro si vive in un lungo letargo,
si vive afferrandosi a qualunque sguardo,
contandosi i pezzi lasciati là fuori
che sono i suoi lividi, che sono i miei fiori.
Io non scrivo più niente, mi legano i polsi,
ora l'unico tempo è nel tempo che colsi:
qui dentro il dolore è un ospite usuale,
ma l'amore che manca è l'amore che fa male.

[…]

perché basta anche un niente per essere felici,
basta vivere come le cose che dici,
e divederti in tutti gli amori che hai
per non perderti, perderti, perderti mai.




Vi piacerebbe partecipare a questa iniziativa? ogni venerdì, se si vuole mantenere un appuntamento settimanale ma non è obbligatorio, sul proprio blog ognuno può parlare di uno scritto, prosa o poesia, un testo, una canzone che lo fa riflettere ed emozionare, linkando questo post e mettendo poi il link nei commenti, così che chiunque passi di qui possa venirvi a leggere. Gli hashtag per ritrovarci, anche su Instagram e Facebook, sono #LTAconparolealtrui e #latanaafricana. Buon divertimento!

lunedì 21 gennaio 2013

Instamamme



fra, ma tu usi instagram?
una domanda buttata lì, quasi un anno fa.
La fra era una di quei possessori di iphone, pulciari, che lo avevano preso a rate con cambio di gestore telefonico ma che non erano potuti andare oltre e prendere il traffico dati per palese mancanza di fondi.
Pertanto la fra era una tristona che usava il suo meraviglioso telefono praticamente solo quando poteva attaccarsi più o meno abusivamente alla connessione altrui, quindi raramente.
La domanda perciò l’aveva colta totalmente impreparata, la fra non sapeva neanche cosa fosse, instagram.
Sai siamo un piccolo gruppo di mamme che si sono conosciute condividendo le foto, vedrai il gruppo è fighissimo, sono certa che ti divertirai ad essere una di noi.
È iniziata così, con una chat intercontinentale con una vecchia amica di blog degli albori (si era nel 2004 ^^’) e la fra si è dotata di connessione dati, finalmente.
Ed è entrata in questo gruppo assolutamente eterogeneo di donne accomunate dall’uso di questa app di condivisione delle immagini, ma soprattutto dall’essere mamme, chi da tanto, chi da poco, chi fra poco.
Un ambiente bello dove il rispetto reciproco è stato un must fin dal primo giorno e tale è rimasto.
Le instamamme han fatto ridere, riflettere, parlare, sfogare la fra come mai le era successo in gruppo “virtuale”; sono state compagne di risate e le han tenuto la manina, attraverso lo schermo, mentre la fra era ricoverata per il trombo.
E poi è nata una fan page, dove rendere pubblico e condividere quello che più ci colpiva e ci interessava sul tema maternità. È nato un gruppo che portasse avanti questa cosa, che ha iniziato a pensare in grande.
Per la fra erano tempi duri, iniziavano le rogne mediche che han caratterizzato la seconda metà dello scorso anno, pertanto non si è unita subito ma da subito ha creduto nel progetto.
Un progetto comune, di condivisione non più solo di immagini, di formazione di una comunità che attraverso foto, commenti, concorsi fotografici imparasse a conoscersi.
E piano piano, a partire dal profilo @instamamme su instagram (ormai quasi 22000 foto uploadate con l'hashtag #instamamme) è nato anche il sito instamamme.net .
Una nostra creatura, in cui crediamo, in cui ci mettiamo in gioco col sorriso parlando di noi, delle nostre esperienze, della nostra quotidianità… con la ferma convinzione che la condivisione fa crescere, sempre.
E la fra, che scrive anche lì, ne è orgogliosissima!
Quindi da oggi (che poi no: il sito è partito il 14 ma la fra stava troppo male per scriverne) potrete leggere le nostre avventure anche lì e scoprire anche altri lati della vita della fra che qui magari non hanno occasione di venir fuori e conoscere virtualmente queste grandi e belle mamme che insieme alla fra credono in questo progetto! Vi aspettiamo!