Tutti i giorni in
Africa una gazzella si alza e sa che dovrà correre più veloce del leone per non
essere mangiata.
Tutti i i giorni in Africa un leone si alza e sa che dovrà correre più veloce
della gazzella per non morire di fame.
Tutti i giorni in Africa
ti svegli. Non importa se sei leone o gazzella, l’importante è iniziare a
correre.
Gli ivoriani devono aver fatto loro questo detto, oppure è
stato fatto su di loro, perché molti di loro non camminano, corrono.
Se deve spostarsi dal punto A al punto B, in genere l’ivoriano corre o va a
passo diciamo svelto.
È comunissimo vedere gente che corre, qui.
Corre per attraversare la strada, ché qui la precedenza non
ce l’hanno i pedoni, ma le macchine (non è uno scherzo, purtroppo).
Corre per prendere l’autobus o il taxi.
Il povero corre, sa che se vuole vendere qualcosa per
strada, che sia un giornale o un telecomando, o bicchieri, o un tappeto, dovrà
intercettare uno sguardo interessato e rincorrerne la macchina.
Il povero corre, sa che il ricco non ama aspettare.
Quella del correre è un’abitudine da cui distingui il grado nella scala
sociale: il povero corre, il ricco non ci pensa proprio.
Il ricco si aspetta che tutti lo servano, e anche in fretta. Sa avere un
razzismo umiliante e sgradevole come pochi altri: servile coi bianchi e con i
connazionali ricchi, sprezzante con i poveri. Ho visto scene che sarei scesa a
menargli.
Quindi tu ti immagini comunque un mondo fatto di ricchi in
panciolle e di poveri che corrono.
Ma non è neanche così, in realtà.
Quando dici “correre” di solito intendi anche lo “sbrigarsi”… ecco quello no.
L’artigiano che ti vede interessato ti rincorre anche per cento metri; quando
gli commissioni un lavoro avrai davanti a te tempi biblici di attesa.
Il correre è legato al fatalismo e al loro modo di vedere la
vita: la vita è oggi, per un ivoriano. Anzi, è adesso. Per cui devo correre e
prendere l’occasione o il cliente, ma poi non mi interessa mantenermelo, il
cliente, quindi faccio il lavoro male, ci metto un’infinità di tempo, dico bugie.
Un dialogo telefonico tipico:
Marito Paziente: Occhietto vispo, dovevi portarmi la zanzariera un’ora fa!
Occhietto Vispo: Sono per strada, Patron! (è una cosa odiosa, ma non c’è verso
di far loro capire che io non mi sento padrona di me stessa, figurati di loro)
Marito Paziente: a che ora pensi di arrivare?
Occhietto Vispo: mah, tra mezzora sono lì! Sicuramente Patron! (e aridaje)
e arriva una settimana dopo. No, aspetta, non è un modo di dire. Arriva veramente
una settimana dopo. E no, non viene a piedi. E sì, ha la macchina. E no, non
viene dall’Angola, viene da un quartiere di Abidjan.
Quella che capisci a tue spese, dopo 3 anni, è un’importante
verità: un ivoriano cui hai affidato un lavoro, dandogli una caparra (anche
perché altrimenti non lo inizia neanche, il lavoro) non è né un leone né una
gazzella, evidentemente.