Manco dal mio blog da un’infinità di tempo.
Tempo passato a produrre oggetti artigianali per il
mercatino estivo a Sboronia, tempo passato a organizzare le vacanze estive
italiane, tempo passato a riflettere su questa mia permeante non voglia di
tornare in quello che resta il mio Paese.
Tornare è sempre strano, lo è sempre stato. Sempre questa
sensazione di lasciare una quotidianità in cui ti muovi bene per ritrovarne una
che non ti rappresenta più fino in fondo. Un posto che conoscevi ma in cui non
hai vissuto negli ultimi anni.
Anni che sono stati densi. Che ti han visto crescere come
mai nessuna università o esperienza prima.
Quando sono partita ero diversa. Più insicura, più
irrisolta, più incastrata in dinamiche anche non mie.
Ora mi sento più leggera e più pesante. Più leggera perché so dare alle cose importanze relative, più pesante perché conosco il confronto, perché della vita altrove mi sono sporcata un po’ e porto in giro i miei passi con scarpe piene di sabbia a ricordarmi altri passi, passi più interni, più intimi, più grandi.
Ora mi sento più leggera e più pesante. Più leggera perché so dare alle cose importanze relative, più pesante perché conosco il confronto, perché della vita altrove mi sono sporcata un po’ e porto in giro i miei passi con scarpe piene di sabbia a ricordarmi altri passi, passi più interni, più intimi, più grandi.
La consapevolezza che dovrò tornare a camminare in strade
dove non sono da sola, dove qualcuno si aspetta qualcosa da me, dove la mia
vita non sia chiusa nella crescita di un nucleo a quattro ma si apra ad una
socialità cui non sono più abituata, mi chiude lo stomaco.
Mi fa chiedere se davvero tornare è quel che voglio, o se
esista in un altro dove, un dove più adatto a noi, a quello che siamo
diventati.
Poi sono arrivata in Italia. E tutto si è fatto strano. Per
la prima volta negli ultimi tre anni ho trovato la consapevolezza che questa è
casa mia. Che è il posto in cui il mio corpo sta meglio, in cui, se sono pronta
ad accettarlo, trovo una maggiore serenità interiore.
È il posto di parole piene di passato, di racconti del
presente e di speranze di un futuro in comune con chi amo.
È il posto in cui ogni angolo ha dietro un ricordo e un pezzo di me lasciato in permuta per giorni come questi.
È il posto in cui ogni angolo ha dietro un ricordo e un pezzo di me lasciato in permuta per giorni come questi.
Dentro di me sento mille voci contrastanti tra un’improvvisa
consapevolezza di essere alla fine di un cammino e la grande paura di doverne
iniziare un altro.
Tre anni fa avrei potuto dire semplicemente no. Mi è mancato
il coraggio. E dissi un sì che sapeva di baratro e di bivio. Ma fu una scelta.
Tra un anno mi aspetta qualcosa che non è un bivio ma è un
uscire da una lunghissima galleria e ritrovarsi improvvisamente in un posto che
dovresti conoscere e che invece non è più il tuo. E che soprattutto non è una
scelta.
Mi aspetta un ricominciare nello stesso posto e con le
stesse persone che ho lasciato tre anni fa, che avranno sulle spalle quattro
anni in più, come me, ma quattro anni diversi. Ci sarà da riannusarsi, da
riscoprirsi, da ricercare parole comuni.
Mi spaventa il non riuscire a condividere questi anni densi,
il doverli banalizzare per renderli comprensibili e raccontabili a chi non li
ha vissuti con me. Mi spaventa tornare in una mentalità meno aperta e
cosmopolita.
Prima di partire, anni fa, quando vedevo un nero avevo
timore. Timore di non conoscerne reazioni e ragioni, essenzialmente. Un timore
che non è razzismo, ma piuttosto non conoscenza e inquietudine.
In questi ultimi giorni mi sto muovendo un po’ in giro per l’Italia per abbracciare amici e parenti e mi sono resa conto di come vedermi intorno moltitudini di gente bianca mi turbi. Di come mi senta più serena se trovo anche una persona di colore a portata d’occhio.
E sconvolge me per prima, questa cosa.
In questi ultimi giorni mi sto muovendo un po’ in giro per l’Italia per abbracciare amici e parenti e mi sono resa conto di come vedermi intorno moltitudini di gente bianca mi turbi. Di come mi senta più serena se trovo anche una persona di colore a portata d’occhio.
E sconvolge me per prima, questa cosa.
In questa Italia che sento mia, che custodisce il mio passato e tiene al caldo i semi che vi piantai anni fa, non mi riconosco più molto.
Sembra un controsenso, ma è così. È un posto che mi appartiene ma che non mi rappresenta più.
Tra un anno ci sarà una prova enorme da affrontare, e fa pazzescamente paura.
Ciao,io credo alla fine che qui o là porti dietro te stessa,e il luogo fa una differenza relativa.Credo che sì un luogo può non rappresentarci più ma riuscire a vivere in un posto che ci assomiglia è già molto.
RispondiEliminaMa le cose cambiano continuamente e sono certa che affronterai il tutto nel migliore dei modi,grazie a questa esperienza con una marcia in più e una visione più allargata.
Ciao
quello che io vorrei è riuscire a raccontare cosa mi abbia così cambiata, in questi anni. l'essenza di questi anni densi e importanti, che vorrei condividere con le persone che amo e che hanno passato invece anni diversi.
Eliminasono fiduciosa eh, spaventata, ma fiduciosa.
franci non so se usi fb, ma questo post e' bellissimo dovresti pubblicarlo sul gruppo dei blogger italiani all'estero..(anche alessandra di expat mommy planner e' appena tornata dopo due anni in canada)
RispondiEliminafatto, grazie! <3
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