giovedì 20 aprile 2017

Ricomincia da qui...


Dai una spinta a te stessa e poi ondeggi fino a trovare un equilibrio.
Un po’ di qua, un po’ di là senza una destinazione stabile, in un moto alternato che non segue la tua volontà: una volta voli, una volta scendi.
Quello che lei voleva era la dinamica, quando aveva iniziato il percorso, quello che non aveva previsto era l’alternanza tra buio e luce e tra sorrisi e lacrime.
Si dice sempre che si va dove si vuole andare, ma ci vuole forza. Fisica e di volontà.
Per sapere dove si sta andando in fondo c’è bisogno di una destinazione, altrimenti è semplicemente destino e farsi trasportare tra giorni che diventano mesi, o anni.

Lei si guarda intorno e si chiede cosa ci faccia lì e chi è quella persona che la guarda dallo specchio.
Intorno uno sfondo di gente chiassosa e indaffarata, che sembra aver chiaro ciò che a lei è troppo che sfugge: uno scopo.

Un passo dopo l’altro, tra gradini affollati e parole che le sfuggono, esce dal metrò e cerca una strada qualsiasi in cui riversare i suoi pensieri in silenzio.
Pensa a Lui, perso ormai troppe stazioni fa. Pensa a Lei e ai loro sorrisi freschi e ancora acerbi. Le mancano, entrambi. Pensa a se stessa e un vuoto cupo le nasce dentro. Si manca anche lei.

Perché è andata via? La assale la paura, quella che ha provato quando ha visto una certezza nello sguardo di Lui; la assale l’angoscia di aver fatto una cazzata. Se potesse scegliere un regalo dall’universo, chiederebbe di uscire da questo tunnel di paura e rimpianti o quantomeno di trovare quello tra i due che le pesa di più nel cuore, e capire. Invece è avviluppata tra ciò che la spaventa e ciò che le manca.

Si è osservata, prima. Non lo fa mai, ma è stata colta a tradimento da uno specchio che non si aspettava… cosa ci fa uno specchio in una fermata della metro in periferia?
Oggettivamente è ancora bella, forse qualche etto in meno ma i vestiti le calano addosso ancora bene e senza ombre brutte. Lui glielo diceva sempre: il tuo corpo è un’alternanza perfetta di chiaroscuri, non permettere mai che arrivino le ombre.
Le scappa un sorriso, a ripensare a quando quel corpo era una mappa geografica di scoperte e si completava con un altro. E forse è quel sorriso, che colora improvvisamente la stradina deserta.
Esce ogni giorno, lavora, gestisce una quotidianità indaffarata, ma è troppo tempo che non si lascia inzuppare un po’ di colori e stagioni. Li vede, li avverte, ma non li vive da un po’.
Chi vuole punire? Lui per aver cercato di fermarla e poi averle permesso di andar via? Lei per averle promesso un tempo infinito e averle dato solo giorni? Se stessa?

Alla fine capirai che per quanto tu possa far pagare agli altri le tue insicurezze, la punizione peggiore la riserverai a te stessa.
Le parole di sua madre le rimbombano della mente e come in un flipper toccano posti che si illuminano di sentimenti, emozioni, paure, rimorsi e rimpianti. Le manca, ma non è capace di dirglielo. Le manca, ed è una mancanza che la attraversa tutta e la lascia vuota di assenza e piena d’amore.
È quella sensazione o il sole, a scaldarla? Sente la pelle come qualcosa di più vivo, pulsante, fremente.

Persa tra i pensieri, non ha la minima idea di dove sia, né di come ci sia arrivata. Ha seguito tanti percorsi nella sua mente da aver perso il senso di quelli dei piedi.
Si è presa un giorno di pausa, e come fa tutte le volte che non lavora, è venuta ad esplorare la periferia della città. Non le interessa il centro, fatto di scintillii e cose scontate, preferisce zone dove la vita è imperfetta, sudata, viva, vera. Come la sua, che però come un po’ in tutti gli aspetti, si colloca in limbo intermedio, quello di chi ha paura di prendere posizione e definirsi.

Scoprire dove si trova sarebbe un attimo, ma lei non vuole certezze. Prima o poi troverà un riferimento, ma adesso a cosa le serve sapere?
“Mi dai il tuo telefono un attimo?” è una voce che le pare di riconoscere, e si volta.
Ed è Lui, potrebbe essere Lui, le sembra dannatamente Lui.
La mente si affolla talmente tanto di parole di non riuscire a farne uscire neanche una ma allunga la mano, dà il telefono ad una mano sconosciuta eppure forse no.
“Mettiti lì, appoggiati al muro, lasciati andare, sorridi”
Non sa perché, ma lo fa. Non le viene da sorridere, poi ripensa a quanto surreale sembri tutto questo, a quanto si senta pazza, a quanto forse lo sia stata a dare il suo telefono a qualcuno che probabilmente tra due secondi scapperà via… e ride. Ride di cuore, di se stessa, della sua follia, dell’aver scambiato quello sconosciuto per Lui.

È un attimo, e il telefono è di nuovo nella sua mano.
Lo sconosciuto la guarda, sorride. “Quando vuoi ricominciare, ricomincia sempre da qui”.
Poi va via, lasciandola orfana di un’illusione a fissare il suo telefono come se scottasse, come se non fosse più solo il suo. Cosa ha fatto quel ragazzo col suo cellulare? Non lo sa, stava ridendo, pensando, sorridendo.

Si siede su una panchina lì davanti, guarda l’elenco delle telefonate, delle mail, i messaggi, le chat… Nulla che dica che qualcuno è stato lì. Poi apre le foto, per abitudine, distratta, indolente, annoiata.
Ed è lì che si vede con gli occhi di Lui, come nessun altro l’ha vista mai.
Si gira, vede il muro, ride.
Ricomincia sempre da qui”. Capisce, piange.

progetto fotografia e scrittura delle Instamamme (photo credit Francesca Guerrini)


Era davvero Lui? Era qualcuno le ha visto dentro come fosse trasparente.
Si stringe al dubbio come a qualcosa di prezioso e caldo e si incammina, su un cammino decisamente nuovo.



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1 commento:

  1. Ho trattenuto il fiato mentre leggevo, emozionata.
    Bellissimo post.
    Dovremmo avere tutti un punto di partenza, un punto da cui ripartire quando ci smarriamo lungo le vie della vita che ci portano lontano da noi stesse tanto da renderci irriconoscibili persino ai nostri occhi

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