martedì 26 novembre 2013

Le avventure della fra: il Ferro Philips Perfect Care



La fra ha col ferro da stiro un rapporto particolare. Da una parte la fra aborre le cose non stirate, dall’altra fa fatica, da sempre, prima per la schiena poi per i reni, a rimanere in piedi per tanto tempo. Lo stirare in sé non le dispiace, in verità. Soprattutto le camicie, stranamente.
L’esperienza africana ha in realtà cambiato di molto il rapporto tra i coniugi Latana e lo stirare.
Erano stati preavvertiti: in Costa d’Avorio dovrete stirare TUTTO. Dove tutto significa davvero tutto, mutande comprese (basta un colpo di vapore eh, ma va dato). Questo perché c’è una mosca particolarmente bastarda che depone le uova nei panni umidi o non perfettamente asciutti (che è anche il motivo per cui in casa Latana i panni si stendono nel locale lavanderia –zanzarierato- piuttosto che fuori in terrazzo), ad alcuni nei nostri predecessori è capitata la spiacevolissima esperienza di farsi operare per rimuovere larve di mosca dai tessuti cutanei. Già solo l’idea cambia la prospettiva sullo stirare, ovviamente.
Va da sé che il ferro da stiro abbia assunto un ruolo di primaria importanza, in casa, e che siamo abbastanza attenti alle caratteristiche dei vari modelli.
Perciò quando alla fra è stato proposto, da Fattore Mamma,  di testare un ferro da stiro ha accettato subito, sia per l'occasione sia per la convinzione di saper fare delle valutazioni rispetto al prodotto.
Il ferro che la fra ha testato è il Philips Perfect Care  e le è arrivato insieme a del mineralizzatore dell’acqua a cartucce.
Parlando dell’esperienza di testing, iniziamo col dire che, a differenza dei molti modelli con caldaia, questo è sorprendentemente leggero e per chi ha problemi a portare pesi, come me, soprattutto in questo momento, questa è una cosa da apprezzare.
Altro aspetto che ho trovato molto comodo è la presenza di un alloggio, a ferro spento ovviamente, per il filo che unisce la caldaia al ferro: riduce i pericoli di caduta accidentale del ferro dalla caldaia e rende più facile mettere il tutto al suo posto.
Io ho fatto la scelta, per mia praticità, di usare acqua già demineralizzata e ho trovato il sistema di carica della caldaia decisamente comodo: non ho avuto bisogno di imbuti né di dosatori. La trasparenza del serbatoio della caldaia inoltre rende immediatamente visibile il livello dell’acqua e l’eventuale “rabbocco” più essere fatto in qualsiasi momento (a differenza di altri modelli e altre marche, in cui bisogna aspettare che l’acqua finisca e aspettare che poi rientri in pressione).
la piastra del ferro è grande e ha molti fori, il ché assicura una omogenea distribuzione della potenza del vapore.
La cosa rivoluzionaria di questo ferro, la sua particolarità, sta però nella mancanza di regolazione di temperatura del ferro. Non c’è infatti la classica manopola di termoregolazione a cui siamo ormai tutti abituati: semplicemente, il ferro, è regolato su una temperatura e un'intensità di vapore che consentono di stirare tutti i tipi di tessuto; questa tecnologia si chiama “Optimal Temp” ed è una novità decisamente interessante. Una vera comodità che permette di non dover far mucchi separati di panni o di variare ogni volta a mano la temperatura: un bel risparmio di tempo e soprattutto un ottimo modo per evitare errori di stiratura.
Il ferro ha anche una funzione “Eco”, attivabile in maniera semplicissima, che consente di usare meno vapore, utile soprattutto per i capi più delicati.
Il ferro in sé è molto leggero e ciò lo rende più facile da usare anche a chi ha problemi con le mani  tipo forme precoci di artrosi, tunnel carpale, problemi alle articolazioni di gomito e spalla.
Personalmente ho trovato il ferro veramente molto performante: ho stirato tre tessuti diversi uno di seguito all’altro e ha superato la prova dandomi il risultato giusto per ognuno dei tre (nella fattispecie si trattava di spugna, felpa e cotone, in quest’ordine), per alcuni punti della camicia ho anche usato il ferro in verticale per stirare solo col vapore. La quantità di vapore mi è sembrata molto buona. La piastra del ferro scivola facilmente su tutti tessuti su cui l’ho provata. Non avevo (appositamente) inumidito i panni prima di stirare poiché volevo valutare l’efficacia del ferro su tessuti spiegazzati e non “ammorbiditi” e il risultato è stato ottimo: anche sulla camicia decisamente spiegazzata (ma tanto) è bastata una sola passata di ferro per togliere le pieghe.
Unico neo: il costo, un po’ elevato. Va però considerato che viene bilanciato dal risparmio di tempo, dalla facilità di utilizzo e dal risultato!!!
Insomma io sono rimasta assolutamente favorevolmente colpita da questo prodotto e ve lo consiglio senza indugi.


lunedì 25 novembre 2013

25 novembre. Giornata contro la violenza sulle Donne

Oggi è un giornata particolare.
Per me, per tutte quelle come me, cui non devo spiegarlo.
Per tutte le donne che hanno subito una qualsiasi forma di violenza da parte di un uomo, oggi è una giornata di comprensione e di sdegno.
Dovrebbe esserlo per tutti, in realtà. Invece spesso non lo è. Non lo è oggi, non lo è mai.
Se non succede a te, spesso, sembra che la cosa non ti tocchi. Invece ti tocca, dovrebbe toccarti, deve toccarti.
Quello che io penso, come io vivo questo giorno, l'ho espresso qui.
Oggi è solo un giorno come un altro, ma dovrebbe far riflettere.
Dietro alla violenza, di qualsiasi tipo essa sia: fisica, verbale, psicologica, sessuale, ci sono prevaricazioni radicate in secoli che si scontrano con l'emancipazione, c'è un bisogno di controllo patologico, c'è rabbia; spesso ci sono, a loro volta, violenze.
Questo può far comprendere, di certo non giustificare. Giustificare certe cose non è possibile, MAI.
Ci sono donne che ne escono, donne che ne porteranno i segni a vita, donne che soccombono, donne che finiscono.
La giornata di oggi serve a ricordarle e a riflettere.
Noi donne abbiamo un fondamentale compito: stiamo crescendo gli uomini di domani. Insegnamogli il rispetto e l'amore. Proteggiamoli dagli ambienti violenti, diamo loro stimoli verso l'uguaglianza.
Si comincia anche da lì, mi pare un ottimo punto di partenza.

sabato 23 novembre 2013

Incontri interessanti sotto piogge torrenziali


Giovedì sera ero in bel posto, sotto una pioggia da Arca di Noè, a conoscere belle persone.
L’evento era questo e segnava una sorta di conclusione del bellissimo e-course  sponsorizzato da Asus e realizzato da Camilla di Zelda was a writer e Chiara e Justine di Le funky Mamas, volto a insegnare e fornire approfondimenti sulla gestione dei blog e dei contenuti in rete.
Corso a parte, che vale la pena e che trovate qui, l’incontro di giovedì è stato bellissimo.
Conoscere e incontrare persone cui hai dato una dimensione solo virtuale è una cosa strana: da una parte sei euforico, dall’altra c’è quel minimo di ansia da prestazione; infine c’è anche una sottile paura che le persone che abbiamo imparato a conoscere dai loro scritti, dalle loro foto, dalle loro iniziative siano diverse da come ce le eravamo immaginate.
In rete siamo quello che decidiamo di essere, non quelli che siamo: dietro uno schermo, una tastiera, siamo “protetti” e possiamo “dipingerci”, possiamo mostrare solo alcune parti di noi, possiamo scegliere e riflettere sulle parole che usiamo per mostrarci e raccontarci agli altri. De visu ti presenti come sei, con la tua faccia vera, la tua voce vera, il tuo linguaggio vero.
Dietro lo schermo siamo sempre un po’ personaggi, nella misura delle scelte che continuamente facciamo per rendere al meglio noi stessi preservando il pudore e l’intimità, tenendo per noi alcuni aspetti di noi, cesellandone altri, mostrando interamente quelli che restano.
Per me, che ho una folle paura di non essere mai all’altezza, era un bell’azzardo.
E invece.
Invece è stato bellissimo fin da subito rendersi conto che l’atmosfera era leggera, che avevo davanti donne come me, magari (in alcuni casi sicuramente) più brave di me a scrivere e comunicare, ma semplici ed emozionali come tutte.
Ci sono state chiacchiere sul corso, chiacchiere su noi, chiacchiere che hanno dati stimoli da seguire o non seguire ma su cui riflettere. Stimoli non solo legati agli spazi infiniti e ristretti del www ma anche ai confini molto più labili del pensiero, del modo di porsi rispetto alla vita e ai propri progetti.
Una serata di quelle che esci leggera e carica di idee, di voglia di fare, di confronti costruttivi, di spunti di crescita, di entusiasmi bambini e adulti insieme.
Insomma proprio una bella serata, di quelle che piove ma tu hai l’arcobaleno dentro e non te ne accorgi.
Magari uno dei semi raccolti giovedì germoglierà, magari no. Magari non è neanche importante chiederselo, magari semplicemente un giorno mi troverò con una piantina in più nel mio davanzale della vita e sarà un dono inaspettato.
Intanto coltivo gli stimoli e le idee. Quello che ne verrà, lo scoprirò, prima o poi.

martedì 19 novembre 2013

Indeterminatezza



Sono ancora qui.
Detto con tono lapidario (che effettivamente su una lapide sta frase farebbe un bell’effetto filosofico-ridanciano) e un (bel) po’ scoglionato.
Novità in campo medico non pervenute, si resta sospesi in attesa di sapere se aspetterò qui un intervento relativamente a breve oppure se tornerò (finalmente) dalla mia famiglia e se ne riparlerà a inizio febbraio e bon.
In questo intermezzo mi sono confrontata con il risentimento del figlio piccolo, permaloso di natura e mammone per vocazione, concretizzatosi nel rifiuto di parlarmi al telefono o via Face Time. Bei momenti. La situazione pare migliorata e ieri sera Mortino si è addirittura dilungato a spiegarmi il suo progetto di astronave costruita col geomag, sospetto che l’intervento paterno sia stato decisivo.
Diciamo che tutto questo mi ha dato l’esatta misura del disagio patato. Il mio e quello del Marito Paziente è quantificabile nelle facce stanche e un po’ spente, nelle giornate che si susseguono senza sostanziali novità, nel nervosismo e nella nostalgia. Quello dei patati è sempre più difficile da interpretare; lo anticipi spiegando loro tutto quello che è accaduto nel corpo di mamma, rimane difficile spiegargli i tempi della sanità italiana rispetto a cose meno urgenti di una appena scampata setticemia.
Nonostante questo si va avanti e si spera che il giorno attuale sia quello di una risposta, di ogni tipo, che permetta di mettere dei paletti e di fare programmi, cosa attualmente impossibile.
Nel frattempo mi godo i negozi prenatalizi con le atmosfere che da tre anni non vivevo, con sommo gusto e nostalgia, con la consapevolezza che sì, puoi stare bene ovunque, se decidi di starci bene, ma in finale casa tua, con il suo clima, le sue tradizioni, i suoi colori e le sue stagionalità, rimane casa tua e ti offre sapori di vita che altrove non trovi.
Non che il Natale in Costa d’Avorio non sia sentito o festeggiato, tutt’altro, però è un Natale di palme e piscina, non di caminetto acceso e atmosfere romantiche; è un Natale di luglio, uno strano ibrido tra una festa cui viene dedicato molto in termini di merchandising, di addobbi vari, luci, dolci e una temperatura che non implica vicinanza e rimanda al mordi e fuggi estivo più che alla condivisione natalizia. Il pranzo di Natale potrebbe serenamente essere un barbeque in terrazza, per dire.
Quindi queste atmosfere, questi negozi caldi di luci mentre fuori fa freddo, il fiato che fa le nuvolette, gli odori che rimandano a cose caloriche e buonissime sono una sorta di regalo a tempo, per la fra. Qualcosa che pensava avrebbe rivisto non prima di altri due anni e che si sarebbe goduta appieno, mentre invece oggi si sta psicologicamente preparando ad un Natale italiano che poi non vivrà. Sempre a metà tra qualcosa che eri e quello che attualmente sei, con occasioni fuori programma per renderti conto della differenza. Mi sto godendo molto questo periodo “pre-Natale” in un certo senso, ma so che non ne vedrò il culmine… è una sensazione strana. Indeterminata, come sempre. Niente punti fissi, ‘sto periodo va così.

lunedì 11 novembre 2013

Due anni, lontananza e nostalgie



Il bollettino medico afferma che, tolti i calcoli nei tubicini secondari, ormai resti da togliere solo quello nella cisterna, come dire. Questo significa che la permanenza della fra in Italia è ben lungi dall’essere considerabile conclusa e che siamo in attesa di notizie e appuntamenti per effettuare un bombardamento (dio che nome cruento) al calcolo residuo nel rene destro.
Questo significa anche che a tutt’oggi la fra non vede i suoi figli da più due settimane, con tutto lo scazzo, la nostalgia e la sofferenza che questo comporta. Mercatini, fughe a due, imprevisti medici non hanno mai implicato una lontananza di più di 10 giorni dai patati.
Mai in sei anni e mezzo.
Mi ritrovo a guardare i bambini nei negozi o per strada e mi sento la sagoma di un’assenza vicina. Ci sono momenti in cui mi prende malissimo, in cui anche vederli tramite internet ma non poterli toccare mi pare inaccettabile; ci sono momenti in cui mi richiudo a riccio e faccio finta di nulla. Ci sono momenti, e sono tanti, in cui la vita che sto vivendo mi pare troppo silenziosa e ovattata per essere la mia.
La mia vita è fatta di bambini urlanti, casino, litigate per qualsiasi cosa, traffico, insegnanti che non capisco, piatti che concilino quello che due nani vogliono con quello che sarebbe meglio mangiassero, caldo, palme, spesa senza mozzarella fresca, frutta tropicale.
Improvvisamente mi trovo catapultata in un mondo freddo, con negozi, marciapiedi e passeggiate, senza patati, senza dover cucinare, organizzare, guidare. Un mondo che era mio, ma che ora mi pare una cosa terribilmente parziale.
Volendo adottare Pollyanna posso dire che questo (chiamiamolo) imprevisto è capitato durante la mia stagione italiana preferita e che quindi, inaspettatamente, mi sto godendo tutti i colori di un autunno romano meraviglioso e (fino a ieri) caldo. Che l’autunno è in assoluto la mia stagione preferita, che mi riempio gli occhi di foglie e alberi e le narici di odori assolutamente unici e caratteristici. Che mi godo questa sensazione di decadenza che ho sempre adorato, questo romanticismo naturale che mi ha sempre cullato. L’autunno è la mia stagione, ed è la stagione che, di fatto, mi è mancata di più negli ultimi 3 anni.
È stato curioso e un po’ ironico festeggiare i miei due anni di Costa d’Avorio qui da dove il 10 novembre di due anni fa sono partita, con un autunno appena accennato a incorniciare i timori e le aspettative verso un mondo che non riuscivo neanche a immaginare, con i miei a salutarmi a ricordarmi bene le radici da cui partivo, con valigie piene di panni e speranze, con due bambini piccoli e ignari.
Due anni, il giro di boa. Che poi non lo è, in effetti, visto che io e i patati torneremo in Italia a giugno del 2015 per iniziare le scuole poi a settembre direttamente in Patria. Però un giro di boa simbolico, un anniversario importante e particolare. Qualcosa a ricordare quella che eri e quella che sei diventata. Le cose con le quali ti sei scontrata, le posizioni che la quotidianità ti ha fatto rivedere, i lati del tuo carattere che hai dovuto smussare, i nodi venuti al pettine che hai dovuto sciogliere, le strategie che hai dovuto trovare, i percorsi nuovi che hai iniziato e che percorri ancora adesso.
A ricordarti quanto sia stato importante tornare ad una quotidianità fatta di due adulti che si sono scelti, a ricordarti che qualsiasi sia lo sfondo geografico ciò che fa veramente la differenza è lo stare insieme. Noi due e i patati. La mente mi fa accettare, razionalmente, che i patati possano essere lontani se è per il loro bene, ma mi è difficile accettare la lontananza dalla persona con cui divido e mi gioco la vita da 21 anni e con cui scelgo di farlo ogni giorno.
Questo è l’anniversario che avremmo festeggiato ieri, più che i due anni di Africa: i due anni di Africa insieme, con tutto quello che da quel 10 novembre è venuto, che non è stato poco. Questi ultimi due anni sono stati intensi come fossero almeno 4 anni normali: densi, difficili, banchi di prova inaspettati, momenti di riflessione sulla coppia preziosi, occasioni di prese di coscienza sulla vita, sulle differenze tra i popoli, sulle difficoltà di conciliazione di due mondi completamente diversi quando non proprio opposti. Confrontandosi come sempre su tutto.
Due anni “pesanti” sulla bilancia della vita, che ci resteranno dentro.
Che sarebbe stato bello festeggiare, ma quest’anno è andata così… del resto, visto come sono andate le cose e soprattutto come sarebbero potute andare, abbiamo da festeggiare il poterlo ancora fare e non è cosa da poco, davvero.