Sono ancora qui.
Detto con tono lapidario (che effettivamente su una lapide sta frase farebbe un bell’effetto filosofico-ridanciano) e un (bel) po’ scoglionato.
Novità in campo medico non pervenute, si resta sospesi in attesa di sapere se aspetterò qui un intervento relativamente a breve oppure se tornerò (finalmente) dalla mia famiglia e se ne riparlerà a inizio febbraio e bon.
In questo intermezzo mi sono confrontata con il risentimento del figlio piccolo, permaloso di natura e mammone per vocazione, concretizzatosi nel rifiuto di parlarmi al telefono o via Face Time. Bei momenti. La situazione pare migliorata e ieri sera Mortino si è addirittura dilungato a spiegarmi il suo progetto di astronave costruita col geomag, sospetto che l’intervento paterno sia stato decisivo.
Diciamo che tutto questo mi ha dato l’esatta misura del disagio patato. Il mio e quello del Marito Paziente è quantificabile nelle facce stanche e un po’ spente, nelle giornate che si susseguono senza sostanziali novità, nel nervosismo e nella nostalgia. Quello dei patati è sempre più difficile da interpretare; lo anticipi spiegando loro tutto quello che è accaduto nel corpo di mamma, rimane difficile spiegargli i tempi della sanità italiana rispetto a cose meno urgenti di una appena scampata setticemia.
Nonostante questo si va avanti e si spera che il giorno attuale sia quello di una risposta, di ogni tipo, che permetta di mettere dei paletti e di fare programmi, cosa attualmente impossibile.
Nel frattempo mi godo i negozi prenatalizi con le atmosfere che da tre anni non vivevo, con sommo gusto e nostalgia, con la consapevolezza che sì, puoi stare bene ovunque, se decidi di starci bene, ma in finale casa tua, con il suo clima, le sue tradizioni, i suoi colori e le sue stagionalità, rimane casa tua e ti offre sapori di vita che altrove non trovi.
Non che il Natale in Costa d’Avorio non sia sentito o festeggiato, tutt’altro, però è un Natale di palme e piscina, non di caminetto acceso e atmosfere romantiche; è un Natale di luglio, uno strano ibrido tra una festa cui viene dedicato molto in termini di merchandising, di addobbi vari, luci, dolci e una temperatura che non implica vicinanza e rimanda al mordi e fuggi estivo più che alla condivisione natalizia. Il pranzo di Natale potrebbe serenamente essere un barbeque in terrazza, per dire.
Quindi queste atmosfere, questi negozi caldi di luci mentre fuori fa freddo, il fiato che fa le nuvolette, gli odori che rimandano a cose caloriche e buonissime sono una sorta di regalo a tempo, per la fra. Qualcosa che pensava avrebbe rivisto non prima di altri due anni e che si sarebbe goduta appieno, mentre invece oggi si sta psicologicamente preparando ad un Natale italiano che poi non vivrà. Sempre a metà tra qualcosa che eri e quello che attualmente sei, con occasioni fuori programma per renderti conto della differenza. Mi sto godendo molto questo periodo “pre-Natale” in un certo senso, ma so che non ne vedrò il culmine… è una sensazione strana. Indeterminata, come sempre. Niente punti fissi, ‘sto periodo va così.
Detto con tono lapidario (che effettivamente su una lapide sta frase farebbe un bell’effetto filosofico-ridanciano) e un (bel) po’ scoglionato.
Novità in campo medico non pervenute, si resta sospesi in attesa di sapere se aspetterò qui un intervento relativamente a breve oppure se tornerò (finalmente) dalla mia famiglia e se ne riparlerà a inizio febbraio e bon.
In questo intermezzo mi sono confrontata con il risentimento del figlio piccolo, permaloso di natura e mammone per vocazione, concretizzatosi nel rifiuto di parlarmi al telefono o via Face Time. Bei momenti. La situazione pare migliorata e ieri sera Mortino si è addirittura dilungato a spiegarmi il suo progetto di astronave costruita col geomag, sospetto che l’intervento paterno sia stato decisivo.
Diciamo che tutto questo mi ha dato l’esatta misura del disagio patato. Il mio e quello del Marito Paziente è quantificabile nelle facce stanche e un po’ spente, nelle giornate che si susseguono senza sostanziali novità, nel nervosismo e nella nostalgia. Quello dei patati è sempre più difficile da interpretare; lo anticipi spiegando loro tutto quello che è accaduto nel corpo di mamma, rimane difficile spiegargli i tempi della sanità italiana rispetto a cose meno urgenti di una appena scampata setticemia.
Nonostante questo si va avanti e si spera che il giorno attuale sia quello di una risposta, di ogni tipo, che permetta di mettere dei paletti e di fare programmi, cosa attualmente impossibile.
Nel frattempo mi godo i negozi prenatalizi con le atmosfere che da tre anni non vivevo, con sommo gusto e nostalgia, con la consapevolezza che sì, puoi stare bene ovunque, se decidi di starci bene, ma in finale casa tua, con il suo clima, le sue tradizioni, i suoi colori e le sue stagionalità, rimane casa tua e ti offre sapori di vita che altrove non trovi.
Non che il Natale in Costa d’Avorio non sia sentito o festeggiato, tutt’altro, però è un Natale di palme e piscina, non di caminetto acceso e atmosfere romantiche; è un Natale di luglio, uno strano ibrido tra una festa cui viene dedicato molto in termini di merchandising, di addobbi vari, luci, dolci e una temperatura che non implica vicinanza e rimanda al mordi e fuggi estivo più che alla condivisione natalizia. Il pranzo di Natale potrebbe serenamente essere un barbeque in terrazza, per dire.
Quindi queste atmosfere, questi negozi caldi di luci mentre fuori fa freddo, il fiato che fa le nuvolette, gli odori che rimandano a cose caloriche e buonissime sono una sorta di regalo a tempo, per la fra. Qualcosa che pensava avrebbe rivisto non prima di altri due anni e che si sarebbe goduta appieno, mentre invece oggi si sta psicologicamente preparando ad un Natale italiano che poi non vivrà. Sempre a metà tra qualcosa che eri e quello che attualmente sei, con occasioni fuori programma per renderti conto della differenza. Mi sto godendo molto questo periodo “pre-Natale” in un certo senso, ma so che non ne vedrò il culmine… è una sensazione strana. Indeterminata, come sempre. Niente punti fissi, ‘sto periodo va così.
Quest'anno per una serie di motivi sara' poco Nataloso per me.
RispondiEliminaPero' capisco il tuo post e andare a vivere dove Babbo Natale fa surf in canotta, si', in effetti mi disorienta un poco. :)
Spero l'ospedale si spicci... :*
Mi spiace per il "nataloso" mancato (anche perché temo ci siano dietro motivi non piacevoli) :-(
EliminaNatale in Costa d'Avorio è strano, questo ormai è il terzo che faremo lì e ancora non mi sono abituata all'idea che il pranzo di Natele si fa praticamente a bordo piscina :-D
Ho letto un po' a giro per conoscerti meglio, quanti viaggi e quanti cambiamenti, più radicali dei miei. Certo ci si sente un po' frastornati a volte, specialemente se gli affetti sono lontani. Tieni duro, il tempo vola e presto potrai tornare a casa...
RispondiEliminaFrastornati direi che è il termine giusto. Più che altro all'inizio io ho pensato che fosse facile vivere ovunque, poi ho scoperto che non era esattamente così. Sia per gli affetti lontani che per il confronto tra culture, sempre meno facile.
EliminaSul tornare a casa sono stranamente combattuta, al pensiero c'è sempre un'assoluta nostalgia in anticpo di quello che lascerò in Costa d'Avorio. Saranno comunque quattro anni della mia vita e da come li sto vivendo, sia da epat che proprio da donna, sono finora due anni belli densi e pesanti (in valore assoluto). Vedremo... ;-)