Finalmente riesco a rimettere le mani anche su questa
iniziativa a cui tengo veramente tanto, perché è una cosa che attraverso
foglietti, post-it, diari di carta, files e blog, veramente mi accompagna da
una vita.
E lo faccio con dei testi legati ad un’esperienza molto
bella ed emozionalmente intensa fatta poco prima di tornare in Costa d’Avorio.
Igerstoscana ha infatti organizzato, a fine agosto, un
incontro a Volterra in occasione della festa medioevale e con la straordinaria
possibilità di visitare, seppur da fuori, il complesso del Manicomio. Una
bellissima occasione, che mi ha permesso anche di incontrare dal vivo altre due
instamamme e di aggiungere altri pezzi al mio puzzle emozionale.
Il Manicomio di Volterra, ormai in disuso da tanto e per
questo in condizioni fatiscenti, è un pezzo di storia insieme cupo e aperto al
mondo, un luogo dove, nonostante tutto, si respira speranza, non abbandono.
È un luogo di storie, di affetti; un microcosmo in cui ti è
ancora possibile immaginare le persone camminare, guardare fuori o guardarsi
dentro, sorridere o forse no.
È un luogo teatro di tante storie, di passi incerti, di reclusione, di piccole e o grandi violenze.
È un luogo teatro di tante storie, di passi incerti, di reclusione, di piccole e o grandi violenze.
Chi ci parla delle persone e dei personaggi che hanno
popolato quei padiglioni, lo fa con affetto, ricordando aneddoti, frasi, dando
a quel contesto ancora voci e storie.
Sui muri esterni di un padiglione, una mente geniale,
ritorta su se stessa, quella di Oreste Fernando Nannetti,
ha scritto la sua storia, riappropriandosi di un tempo che lì non entrava a
scandire l’esistenza. Un meraviglioso pezzo di umanità che emerge tra la
scrittura storta di uno che doveva scrivere con la fibbia di una cinta per
lasciare un segno di tutti i pensieri, grandi e piccini, che gli affollavano la
mente. Storie, statistiche, varie espressioni di una vita proiettata al di
fuori.
Sue queste bellissime parole.
“Come una farfalla libera canta tutto il mondo è mio. E tutto fa sognare”
Sue queste bellissime parole.
“Come una farfalla libera canta tutto il mondo è mio. E tutto fa sognare”
In posti come il Manicomio di Volterra ti si proiettano
immagini di un mondo che non conosciamo, che il più delle volte non vogliamo
vedere.
La mente ritorna a poche, ma significative, immagini del
film “La meglio gioventù”, automaticamente. Volterra è stata definita un incubo.
Per capire bisogna rientrare in una mentalità che non ci appartiene più o di
cui quantomeno oggi non giustifichiamo l’esistenza.
Come in ogni ospedale psichiatrico dell’epoca c’erano
elettrochoc e cure pesanti, c’era il confino (non di tutti), c’era un ambiente
pesante, nessun contatto in alcuni casi con l’esterno.
Ma Volterra era anche terapia del lavoro e limitazione della contenzione fisica. Per quel periodo, e si parla degli anni 20, un unicum.
Questo non assolve l’Ospedale Psichiatrico di Volterra dalle sue colpe né ne fa un’oasi felice, lo rende solo un po’ più umano in un panorama di desolante inumanità.
Ma Volterra era anche terapia del lavoro e limitazione della contenzione fisica. Per quel periodo, e si parla degli anni 20, un unicum.
Questo non assolve l’Ospedale Psichiatrico di Volterra dalle sue colpe né ne fa un’oasi felice, lo rende solo un po’ più umano in un panorama di desolante inumanità.
Proprio il Manicomio di Volterra ispirò la splendida canzone
di Cristicchi, Ti regalerò una rosa, a metà tra l’esperienza personale di un
malato e una riflessione esterna sulla malattia mentale. Leggetela, non
ascoltatela, leggetela: io la trovo immensa.
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
[…]
I matti sono punti di
domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Il mondo della malattia mentale è un caleidoscopio di vite
lasciate indietro, di persone che forse un giorno si sono perse, di mani
lasciate, di disagi, di solitudine, di pregiudizi.
È un mondo spesso violento nelle sue espressioni, verbali e fisiche; è un mondo difficile.
Nel calderone della definizione “malato di mente” sono rientrate tantissime patologie, negli anni. Patologie che escludevano una socialità e disturbi vari della personalità. Vi rientravano anche depressi o sovversivi. In alcuni casi un doveroso tener sotto controllo la violenza, in altri un confino doloroso per menti da una parte inceppate e dall’altra perfettamente lucide, meravigliosamente poetiche, a volte quasi profetiche, geniali.
È un mondo spesso violento nelle sue espressioni, verbali e fisiche; è un mondo difficile.
Nel calderone della definizione “malato di mente” sono rientrate tantissime patologie, negli anni. Patologie che escludevano una socialità e disturbi vari della personalità. Vi rientravano anche depressi o sovversivi. In alcuni casi un doveroso tener sotto controllo la violenza, in altri un confino doloroso per menti da una parte inceppate e dall’altra perfettamente lucide, meravigliosamente poetiche, a volte quasi profetiche, geniali.
Menti matematiche, come quella di John Nash, o menti che sapevano esprimere la
bellezza e l’essenza delle cose con le parole, come quella di Alda Merini.
Ed è proprio a lei che è inevitabile pensare, quando si
percorrono quelle strade di cui ormai la natura è tornata padrona, a Volterra.
A lei e al grande omaggio che un cantautore, Roberto Vecchioni le ha scritto in
musica: Canzone per Alda Merini.
Ne citerò solo una parte, ma vi consiglio di ascoltarla e leggerla tutta, merita. Ma ascoltarla a cuore aperto. Una colonna sonora perfetta per posti come il Manicomio di Volterra. Posti per capire e da capire. Magari lasciandosi un po’ sporcare dalla vita che è rimasta tra le pieghe e sui muri, dalle storie che vi sono passate attraverso.
Noi qui dentro si vive in un lungo letargo,
si vive afferrandosi a qualunque sguardo,
contandosi i pezzi lasciati là fuori
che sono i suoi lividi, che sono i miei fiori.
Io non scrivo più niente, mi legano i polsi,
ora l'unico tempo è nel tempo che colsi:
qui dentro il dolore è un ospite usuale,
ma l'amore che manca è l'amore che fa male.
Ne citerò solo una parte, ma vi consiglio di ascoltarla e leggerla tutta, merita. Ma ascoltarla a cuore aperto. Una colonna sonora perfetta per posti come il Manicomio di Volterra. Posti per capire e da capire. Magari lasciandosi un po’ sporcare dalla vita che è rimasta tra le pieghe e sui muri, dalle storie che vi sono passate attraverso.
Noi qui dentro si vive in un lungo letargo,
si vive afferrandosi a qualunque sguardo,
contandosi i pezzi lasciati là fuori
che sono i suoi lividi, che sono i miei fiori.
Io non scrivo più niente, mi legano i polsi,
ora l'unico tempo è nel tempo che colsi:
qui dentro il dolore è un ospite usuale,
ma l'amore che manca è l'amore che fa male.
[…]
perché basta anche un
niente per essere felici,
basta vivere come le cose che dici,
e divederti in tutti gli amori che hai
per non perderti, perderti, perderti mai.
Vi piacerebbe partecipare a questa iniziativa? ogni venerdì, se si vuole mantenere un appuntamento settimanale ma non è obbligatorio, sul proprio blog ognuno può parlare di uno scritto, prosa o poesia, un testo, una canzone che lo fa riflettere ed emozionare, linkando questo post e mettendo poi il link nei commenti, così che chiunque passi di qui possa venirvi a leggere. Gli hashtag per ritrovarci, anche su Instagram e Facebook, sono #LTAconparolealtrui e #latanaafricana. Buon divertimento!
basta vivere come le cose che dici,
e divederti in tutti gli amori che hai
per non perderti, perderti, perderti mai.
Vi piacerebbe partecipare a questa iniziativa? ogni venerdì, se si vuole mantenere un appuntamento settimanale ma non è obbligatorio, sul proprio blog ognuno può parlare di uno scritto, prosa o poesia, un testo, una canzone che lo fa riflettere ed emozionare, linkando questo post e mettendo poi il link nei commenti, così che chiunque passi di qui possa venirvi a leggere. Gli hashtag per ritrovarci, anche su Instagram e Facebook, sono #LTAconparolealtrui e #latanaafricana. Buon divertimento!
Grazie per aver condiviso questa esperienza. Bellissimi i brani che hai scelto per farlo. E' un argomento che mi ha sempre toccato molto.
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