venerdì 3 aprile 2015

Morire di cultura



Ci sono notizie che colpiscono basso, che lasciano cadere sale lì dove fa male.
Per ogni genitore rientrano in questa casistica tutti i fatti di cronaca che vedono protagonisti i bambini, ovviamente.

La strage di studenti cristiani in Kenia è stata un colpo durissimo, per me.

Perché seppure io sia ben lontana da Garissa, resta il fatto che tra quegli studenti che sono stati uccisi e i compagni di classe dei miei figli, seppure li separino kilometri e anni, c’è una radice culturale e sociale comune che non riesco ad ignorare.
Ragazzi che cercano di costruirsi un futuro in un posto dove non è affatto scontato che si possa studiare, e che si riesca a farlo ad un certo livello.

Io li vedo, quei ragazzi, tutti i giorni.
Li vedo avere rispetto per quello che viene loro offerto, un rispetto che viene anche dal ricordare che magari il nonno non sapeva scrivere il suo nome, e ne soffriva.
Li vedo essere orgogliosi di far parte di una scuola.
Li vedo pensare ad un libro di scuola come a due ali per poter scegliere, un domani, la propria rotta.

Il mondo dei social si è mobilitato per la libertà di espressione, dopo l’attentato a Charlie Hebdo… perché oggi non leggo sdegno e solidarietà?
Quei ragazzi esprimevano, con il loro solo essere lì, null’altro se non la voglia di essere liberi di scegliersi un futuro, di confrontarsi con il mondo, magari lo stesso mondo occidentale in cui diamo per scontato ormai più o meno tutto.

C’è una meravigliosa poesia di Montale che in qualche modo rappresenta la profonda amarezza che provo pensando a questa cosa. Rispetto a morti che pesano più delle altre, a culture e nazioni sempre un po’ dimenticate, e che forse per uno strano scherzo del destino io mi porto nel cuore ogni giorno.


FINE DEL ’68

Ho contemplato dalla luna, o quasi,
il modesto pianeta che contiene
filosofia, teologia, politica,
pornografia, letteratura, scienze
palesi o arcane. Dentro c’è anche l’uomo,
ed io tra questi. E tutto è molto strano.

Tra poche ore sarà notte e l’anno
finirà tra esplosioni di spumanti
e di petardi. Forse di bombe o peggio,
ma non qui dove sto. Se uno muore
non importa a nessuno purché sia
sconosciuto e lontano.


Eugenio Montale (da Satura)

4 commenti:

  1. Dispiace dirlo, ma credo che gli occidentali non si sappiano immedesimare nei poveri ragazzi kenioti

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    1. sì, dispiace.
      Ho sentito porre l'accento sul fatto che fossero cristiani. Erano ragazzi, erano studenti. Che tristezza un mondo che valuta in base ad appartenenze, da una parte e dell'altra :-(

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  2. hai pienamente ragione!
    mi colpisce sempre come l'uomo possa essere cattivo con i suoi stessi simili...

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  3. Sai, la cattiveria ha in genere delle motivazioni: sbagliate, discutibili, atroci, assurde... ma le ha.
    Del mondo che viviamo mi spaventa di più l'indifferenza, o il classificare lo stesso evento in modo diverso in base ad etnia, geografia, religione, sesso. Questo mi atterrisce, ancora più della cattiveria.

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