martedì 18 novembre 2014

Sessualità



L’Africa in generale, mi dicono, e la Costa d’Avorio in particolare, lo vivo, sono permeate dal fatalismo. L’ho detto e raccontato praticamente ovunque.

L’atteggiamento nei confronti della malattia non è di lotta strenua, almeno non nelle realtà tradizionali. Ci si rivolge al guaritore, allo stregone, al saggio del villaggio più che al medico col camice bianco, spesso. Troppo spesso, a volte.

Nei miei primi tempi qui, ho avuto modo di frequentare diciamo un filo troppo assiduamente la clinica internazionale. Che ok ha l’aggettivo “sainte” (santa) nel nome, ma che è un policlinico gestito da gente laica, dove lavorano laici e dove non c’è l’atteggiamento tipo “donna tu partorirai con grande dolore”, per dire.

In una delle sale d’aspetto troneggiava un cartello, anni fa: L’abstinence, c'est la protection sans risque contre le sida! L’astinenza è la protezione senza rischi contro l’AIDS.
Il ché è come dire che che per prevenire l’obesità basta il digiuno, più o meno. Un punto di vista illuminato e al passo coi tempi e con la società africana, insomma.

I cari, buoni, vecchi preservativi si trovavano solo nei supermercati diplomatici o nelle farmacie, pochi e di marche sconosciute, con mezzo dito di polvere sopra ogni scatola.

In tutto questo continuava una promiscuità figlia di ignoranza, istinto, fatalismo, poche speranze.

Ma qualcosa si sta smuovendo, pare.

I preservativi li trovi meno nascosti, e sono di più. E c’è meno polvere sopra.
Li trovi anche nei supermercati e puoi scegliere.

A metà anno scolastico, l’anno scorso, nella scuola dei Patati è stato fatto, per le classi dalla quarta elementare in su, un approfondimento sulla SIDA (l’AIDS) che parlava anche di sessualità, di come, perché e quando si usano i preservativi, sulla prevenzione delle nascite indesiderate.

Un qualcosa che, a giudicare dai cartelloni prodotti dai bambini, parlava anche di autocoscienza e di come ci potessero essere alternative possibili ad una vita da mamma adolescente, per una bimba africana. Il tutto, ovviamente, per un pubblico dagli 8-9 anni in su.

Certo, una scuola privata. Però una scuola privata frequentata praticamente esclusivamente da gente locale. Con i soldi, tanti soldi, ma locale.
Gente figlia di una cultura che ha dentro lo stesso fatalismo di quella che ancora vive nei villaggi.

Poi possiamo anche ragionare sul fatto che alle elementari, in Italia, non esiste una comunicazione di questo tipo. Che se la comunicazione fosse fatta prima del turbine emotivo ed ormonale dell’adolescenza, la sessualità non avrebbe nulla di morboso e la prevenzione sarebbe un’esigenza naturale come tante altre.
Mi piace pensare che ci si possa arrivare, anche da noi, prima o poi.

3 commenti:

  1. Non ci avevo mai pensato, ma effettivamente se le lezioni si facessero prima, non si passerebbe il tempo a ridere come capita quando si è alle medie

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    1. già, ne sono convinta. e soprattutto non si chiederebbero spiegazioni a giornaletti o amiche, per dire.

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  2. Grande cosa,la trovo molto intelligente.
    Immagino,tra l'altro,che abbiano cmq usato parole adatte a bimbi di quell'età!

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