L’Africa in generale, mi dicono, e la Costa d’Avorio in
particolare, lo vivo, sono permeate dal fatalismo. L’ho detto e raccontato
praticamente ovunque.
L’atteggiamento nei confronti della malattia non è di lotta
strenua, almeno non nelle realtà tradizionali. Ci si rivolge al guaritore, allo
stregone, al saggio del villaggio più che al medico col camice bianco, spesso.
Troppo spesso, a volte.
Nei miei primi tempi qui, ho avuto modo di frequentare
diciamo un filo troppo assiduamente la clinica internazionale. Che ok ha
l’aggettivo “sainte” (santa) nel nome, ma che è un policlinico gestito da gente
laica, dove lavorano laici e dove non c’è l’atteggiamento tipo “donna tu
partorirai con grande dolore”, per dire.
In una delle sale d’aspetto troneggiava un cartello, anni
fa: L’abstinence, c'est la protection sans risque contre le sida! L’astinenza
è la protezione senza rischi contro l’AIDS.
Il ché è come dire che che per prevenire l’obesità basta il digiuno, più o meno. Un punto di vista illuminato e al passo coi tempi e con la società africana, insomma.
Il ché è come dire che che per prevenire l’obesità basta il digiuno, più o meno. Un punto di vista illuminato e al passo coi tempi e con la società africana, insomma.
I cari, buoni, vecchi preservativi si trovavano solo nei
supermercati diplomatici o nelle farmacie, pochi e di marche sconosciute, con
mezzo dito di polvere sopra ogni scatola.
In tutto questo continuava una promiscuità figlia di
ignoranza, istinto, fatalismo, poche speranze.
Ma qualcosa si sta smuovendo, pare.
I preservativi li trovi meno nascosti, e sono di più. E c’è
meno polvere sopra.
Li trovi anche nei supermercati e puoi scegliere.
Li trovi anche nei supermercati e puoi scegliere.
A metà anno scolastico, l’anno scorso, nella scuola dei
Patati è stato fatto, per le classi dalla quarta elementare in su, un
approfondimento sulla SIDA (l’AIDS) che parlava anche di sessualità, di come,
perché e quando si usano i preservativi, sulla prevenzione delle nascite
indesiderate.
Un qualcosa che, a giudicare dai cartelloni prodotti dai
bambini, parlava anche di autocoscienza e di come ci potessero essere
alternative possibili ad una vita da mamma adolescente, per una bimba africana.
Il tutto, ovviamente, per un pubblico dagli 8-9 anni in su.
Certo, una scuola privata. Però una scuola privata frequentata praticamente esclusivamente da gente locale. Con i soldi, tanti soldi, ma locale.
Gente figlia di una cultura che ha dentro lo stesso fatalismo di quella che ancora vive nei villaggi.
Certo, una scuola privata. Però una scuola privata frequentata praticamente esclusivamente da gente locale. Con i soldi, tanti soldi, ma locale.
Gente figlia di una cultura che ha dentro lo stesso fatalismo di quella che ancora vive nei villaggi.
Poi possiamo anche ragionare sul fatto che alle elementari,
in Italia, non esiste una comunicazione di questo tipo. Che se la comunicazione
fosse fatta prima del turbine emotivo ed ormonale dell’adolescenza, la
sessualità non avrebbe nulla di morboso e la prevenzione sarebbe un’esigenza
naturale come tante altre.
Mi piace pensare che ci si possa arrivare, anche da noi, prima o poi.
Mi piace pensare che ci si possa arrivare, anche da noi, prima o poi.
Non ci avevo mai pensato, ma effettivamente se le lezioni si facessero prima, non si passerebbe il tempo a ridere come capita quando si è alle medie
RispondiEliminagià, ne sono convinta. e soprattutto non si chiederebbero spiegazioni a giornaletti o amiche, per dire.
EliminaGrande cosa,la trovo molto intelligente.
RispondiEliminaImmagino,tra l'altro,che abbiano cmq usato parole adatte a bimbi di quell'età!