lunedì 2 novembre 2015

Equilibri, ritrovati




Caro Architettone
oggi sono finalmente riuscita a venirla a trovare. Mancavo da più di nove anni e mi sentivo quasi imbarazzata.
Nella sua casa attuale mancano le sedie, e mi è quasi scappato un sorriso a pensare che lei di sicuro ne avrebbe progettate di adatte, per riunirci tutti lì e magari fare anche due chiacchiere o cantare una canzone.

Mancavo da una mattina caldissima di inizio agosto, quando avevo dentro un dolce segreto che era tale forse solo per la parte razionale di me, quando forse quella più intima sapeva già. Durante il viaggio che mi aveva portato lì, avevo avuto quasi un lampo di consapevolezza, finito presto nella coscienza del reale, del saluto, del concreto. Era un segreto che avrei tanto voluto poter avere la possibilità di condividere con lei, che lo avrebbe accolto con un sorriso, ne sono certa.

Sono venuta a confessarle la mia vigliaccheria, sperando nella sua assoluzione. Vigliaccheria per non essere riuscita più a venire, vigliaccheria per tutte le volte che tornando da un mercatino a notte fonda alzavo gli occhi su una finestra illuminata e pensavo “domani vado” e poi la luce di giorno mi toglieva il coraggio.
Ci sono andata sa, una o due volte. Ho salito quelle scale, ho poggiato la mano sulla ringhiera di cui andava tanto fiero, ho parlato, forse anche riso, ma sono tornata a casa con una pesantezza densa ad inzupparmi il cuore.

La sua era l’ultima porta, avevo bussato a tutte e in tutte avevo provato la sensazione sgradevole di non essere una persona, di essere una provenienza, una diversità.
Ricordo ancora come mi sentissi demoralizzata da un posto che rimarcava costantemente il mio non appartenergli, in quel primo gennaio toscano. E per la prima volta trovai calore. Forse il primo pezzo del mio cuore lei lo ha conquistato lì, quella prima mattina. Io non so mentire, così misi le mie carte in tavola, e lei sorrise. Come sorride un padre, o un nonno.

Nel poco tempo che abbiamo lavorato insieme, lei mi ha insegnato la passione per il mestiere, la tenacia, e anche tante altre cose che ho capito dopo.
Ma soprattutto lei mi ha dato empatia.

Ognuno ha la sua cartina al tornasole per valutare chi ha di fronte, la mia è la diversità.
Un giorno le parlai di mia sorella, non so come venne fuori il discorso, e lei mi parlò di una ferita del passato. Era una ferita che grondava amore e ancora oggi sento dentro il grande privilegio insito nel permettermi di vederla.
Poi un giorno venne Ale a studio con me, era estate e lei aveva un gran cerotto sul petto, in alto. Prima ancora che potessi farlo io, lei la rassicurò con il tono e le parole giuste, senza paternalismo, senza difficoltà, senza pietà: è stata una delle pochissime persone capaci di fondere consapevolezza, rispetto e dolcezza, nell’approccio con lei. Ed è stato allora che lei mi è entrato nel cuore, e non se ne è più andato.

Tre giorni fa anche sua moglie è venuta ad abitare in quel posto per cui alcuni hanno una facile definizione ma che poi in finale è solo un oltre, ciò che è dopo ai passi fatti insieme. Un luogo silenzioso di passi dell’anima, il nulla e il tutto.
Forse è questo che mi ha dato il coraggio stamattina, il sapervi insieme.

Ogni coppia ha il suo punto di equilibrio e cade per ognuno in un posto diverso. Ogni coppia non è che la ricerca, la protezione e il mantenimento di quella posizione in cui tutti i tasselli combaciano e in cui si sta bene senza arrecare disturbo all’altro. Ci sono coppie che oscillano intorno a quel punto durante tutta la vita comune, senza mai trovare il punto esatto in cui l’io e te combaci perfettamente con il noi. Ed è un punto che rimane incomprensibile a chi osserva, è un punto che parla un linguaggio diverso, è un punto di cui è più facile avvertire l’assenza, più che l’essenza.

Quando salii quelle scale, questo mi colpì. L’assoluta percezione della mancanza di equilibrio, l’assoluta percezione dell’assenza.
Quando hai passato la vita accanto ad un uomo come lui, come puoi guardare il resto e trovarlo ancora bello? Questo disse lei, quel giorno, concretizzando la mia sensazione. E togliendomi ogni forza di tornare.

Ora c’è di nuovo equilibrio, il vostro.
Forse per questo sono uscita oggi dalla vostra nuova casa piangendo, ma inspiegabilmente serena.

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