venerdì 29 aprile 2016

Passioni e definizioni


Con il ritorno in Italia sono ovviamente arrivate nuove amicizie e conoscenze.

Che lavoro fai?
Domanda classica che mi lascia sempre un minimo in crisi.
Spiegare cosa faccio nella vita è complicato a volte anche a me stessa.
Perché io sono tante cose, tutte insieme, e le definizioni mi fanno paura… più che cosa sono, preferisco dire come le passioni hanno determinato e determinano la mia vita.

Sono un architetto. Non faccio l’architetto. Per i casi della vita, per scelta un po’ mia e un po’ degli altri.
Non c’è spazio che non veda come possibilità: questo fa di me un architetto ancora prima dei 40 esami che hanno fissato su carta che io lo sia davvero.
Sono un architetto, ma non è il mio lavoro. È più il mio modo di essere, in maniera complicata: vedo cose dove gli altri vedono spazi vuoti, oggetti, colori.

Sono una blogger?
Ecco, no, ho un blog in cui scrivo qualcosa e che qualcuno legge, non sono una blogger. Perché il blog lo scrivo per me, per fermare riflessioni, per scrivere, per raccontarmi e raccontare, per rileggermi e capirmi, anche a distanza di tempo. Mi emoziono sempre tanto se qualcuno mi legge o mi commenta, ma il fatto che qualcuno sia d’accordo con me o si emozioni a sua volta leggendomi non mi rende “qualcuno”, non mi fa guadagnare nessuno status particolare.

Mi fa paura chi si definisce “blogger”: si sta già dando un’etichetta che in realtà non lo qualifica, il più delle volte.
Un blogger fa pianificazioni temporali, si dà scadenze, fa calcoli di statistiche e opportunità sui giorni in cui pubblicare. Il più delle volte ha abdicato allo scrivere di sé a favore di scrivere di un personaggio che ha le sue stesse sembianze.
I blog nascevano anni fa come diari online, e sono oggi strumenti commerciali. Non posso farcela, sono ancora troppo romanticamente legata a quell’idea di raccontarsi per confrontarsi, in maniera gratuita, spontanea. Poi lo faccio eh, pianifico etc, ma in un progetto più grande e non solo mio.

Scrivo
un po’ ovunque e con facilità, parlando di qualsiasi cosa.
Ma non puoi definirti “scrittrice” solo perché tutto sommato sai scrivere e qualcuno legge quello che scrivi e gli piace pure. Sei una scrittrice se hai qualcosa di serio e intelligente da scrivere e se sai renderlo attraverso parole che sappiano trasmetterlo agli altri. Se scrivi per comunicare qualcosa e non quello che altri vogliono leggere. Se sai mettere in parole i personaggi che hai dentro, se riesci a concederti di farlo.
Scrivere è una passione, secondo me. Quando lo vedi come un lavoro, scrivi per gli altri.

Quando devo parlare di cosa faccio nella vita, oltre alla mamma ovviamente, parlo sempre di un gruppo di donne che un giorno si sono incontrate virtualmente e, nell’infinita vastità del mondo virtuale, hanno visto la possibilità di condivisione delle proprie storie e esperienze. Senza definirsi, senza credersi qualcosa. Senza avere la pretesa di avere cose più belle, più sensate, migliori, più intelligenti da dire rispetto ad altri.
Insieme ad altre splendide donne gestisco quella che nel tempo è diventata una community, senza che ci fosse la volontà o il calcolo di diventarlo. Mi condivido, faccio in modo che altri possano farlo. Organizzo tempo e contenuti per offrire spazi di confronto e riflessione.
Anche in questo caso definirsi è difficile, forse perché alla fine non mi interessa farlo.

All’atto pratico la cosa che mi è più facile far arrivare di me è l’aspetto creativo: creo e faccio mercatini. Trasformo le cose in altro, interpreto materiali e colori.
Nel passato ho fatto biedermeier, pittura su vetro, decoupage, mille altre cose. Creo bamboline e bigiotteria, adesso.
La domanda seguente è sempre: che tipo di bigiotteria fai? Quella che mi viene di fare, e solo rigorosamente pezzi unici.
Ma come pezzi unici? Ma non sarebbe più vantaggioso riprodurre cose che sai già che piacciono?
Sì, lo sarebbe. Ma se io stessa sono un continuo mutamento, che senso ha fermarmi immobile in una singola cosa in cui ieri vedevo qualcosa che oggi già non vedo più?
So vendere ciò che faccio proprio perché è parte di me, perché l’ho pensato, smontato, rifatto finché non fosse esattamente un qualcosa in grado di parlare un linguaggio che saprei rileggere. Ma non sono una commerciante, perché non saprei mai vendere una cosa a chi non sa apprezzarla. Non so mentire, mai stata capace.

Quindi sono un architetto, ma non lavoro da architetto.
Ho un blog, ma non sono una blogger.
Scrivo, ma non sono una scrittrice.
Gestisco, insieme ad altri, una community in cui, nello specifico, creo spazi e tempi in cui alcune persone parlano di sé, aiutandole a fa uscire da loro ciò che rappresenta loro e non me.
Realizzo cose artigianali, ma non sono un’artigiana. Le vendo, ma non sono una commerciante.

Sono tante cose ma alla fine forse sono solo Francesca, una persona comunissima con tante passioni… e forse mi basta anche così.

Con questo post partecipo all’iniziativa Instamamme vuoleanche te, se vuoi unisciti a noi!

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