Al mercato di Adjamé l’aria puzza di sudore, immondizia e poche speranze.
Al mercato di Adjamé le cose han prezzi decisamente diversi e dipendono dal colore della tua pelle.
Al mercato di Adjamé trovi vestiti, perline, giocattoli, stoffe, prodotti per la casa e tutto quello che ti può venire in mente.
Al mercato di Adjamé se sei una donna bianca è meglio che tu non ci vada da sola.
Al mercato di Adjamé è meglio non far foto.
Al mercato di Adjamé tutto è caotico, confuso, chiassoso.
Al mercato di Adjamé ti rendi conto che non c’è futuro per un popolo che sceglie di vivere in mezzo all’immondizia e pur avendo il cassone a un passo butta per terra qualsiasi cosa abbia in mano: fazzoletto sporco, frutta, cartaccia il tutto solo un sole impietoso e caldissimo che fa fermentare un altro po’ anche la carta, con buona pace della salute.
Al mercato di Adjamé se ci vai in macchina sedicenti poliziotti mettono le ganasce alle ruote e ti obbligano a pagare la mazzetta.
Al mercato di Adjamé la legalità diventa un nome comune senza alcuna definizione dietro.
Al mercato di Adjamé tutti cercano di venderti qualcosa, fosse anche un paio di jeans in cui entra la tua sola coscia destra (forse perché così ne compri un altro paio per la sinistra?)
Al mercato di Adjamé devi contrattare e saper rinunciare alle cose.
Al mercato di Adjamé le mamme tengono i loro figli pieni di moccio in mezzo alla sabbia sporca di qualunque cosa, a giocare per terra tra le pozze di acqua sporca, le bucce di frutta a fermentare e i cassonetti dell’immondizia aperti.
Al mercato di Adjamé hai una tremenda voglia di lavarti le mani dallo sporco e gli occhi dal poco futuro di quei bambini, che ridono felici a due passi dal colera.
Al mercato di Adjamé puoi far felici dei bambini con poco.
Al mercato di Adjamé le cose han prezzi decisamente diversi e dipendono dal colore della tua pelle.
Al mercato di Adjamé trovi vestiti, perline, giocattoli, stoffe, prodotti per la casa e tutto quello che ti può venire in mente.
Al mercato di Adjamé se sei una donna bianca è meglio che tu non ci vada da sola.
Al mercato di Adjamé è meglio non far foto.
Al mercato di Adjamé tutto è caotico, confuso, chiassoso.
Al mercato di Adjamé ti rendi conto che non c’è futuro per un popolo che sceglie di vivere in mezzo all’immondizia e pur avendo il cassone a un passo butta per terra qualsiasi cosa abbia in mano: fazzoletto sporco, frutta, cartaccia il tutto solo un sole impietoso e caldissimo che fa fermentare un altro po’ anche la carta, con buona pace della salute.
Al mercato di Adjamé se ci vai in macchina sedicenti poliziotti mettono le ganasce alle ruote e ti obbligano a pagare la mazzetta.
Al mercato di Adjamé la legalità diventa un nome comune senza alcuna definizione dietro.
Al mercato di Adjamé tutti cercano di venderti qualcosa, fosse anche un paio di jeans in cui entra la tua sola coscia destra (forse perché così ne compri un altro paio per la sinistra?)
Al mercato di Adjamé devi contrattare e saper rinunciare alle cose.
Al mercato di Adjamé le mamme tengono i loro figli pieni di moccio in mezzo alla sabbia sporca di qualunque cosa, a giocare per terra tra le pozze di acqua sporca, le bucce di frutta a fermentare e i cassonetti dell’immondizia aperti.
Al mercato di Adjamé hai una tremenda voglia di lavarti le mani dallo sporco e gli occhi dal poco futuro di quei bambini, che ridono felici a due passi dal colera.
Al mercato di Adjamé puoi far felici dei bambini con poco.
Ed è per questo, solo per questo, che la fra e la sua nuova
amica Emilia sono andate lì. Han comprato vestitini, palloni, giocattoli da
dare ad un centro sociale che li avrebbe poi portati nei quartieri poveri perché
andare loro a fare le dame di carità bianche e ricche proprio non era cosa.
Tutti carini, incartati col fiocchetto. Perché è Natale per tutti, è stato
Natale per tutti. Perché bisogna aver fiducia. Perché bisogna insegnare a
questi bambini con gli occhi adulti ad essere bambini. Perché il valore di un
sogno o di un desiderio è una cosa inestimabile. Perché il più grande regalo è
la speranza. Che qualcosa cambi, che qualcosa si avveri, che si passi dal
concetto di sopravvivenza a quello di vita. Perché questi bambini sono bambini
e l’unica cosa che hanno di diverso dai miei è la casualità di essere nati in
un posto del mondo diverso. Perché potrebbero essere figli miei e ai miei figli
io insegno il valore del sapersi sorprendere, commuovere, emozionare. Tutte
cose che in alcune zone di questa grande realtà sono impensabili.
Al mercato di Adjamé il futuro, purtroppo, non è in vendita.
Che tristezza...
RispondiEliminaUna realtà dura e difficile.
Siamo consapevoli che esiste, ma da questa parte del mondo è più facile far finta di niente.
vedi io ne ero consapevole, sapevo che queste cose esistevano, ma erano "lontane".
EliminaPoi un giorno la tua vita cambia e ti trovi faccia a faccia con una realtà che conoscevi razionalmente per quella che è, ma che dal punto di vista emozionale ti distrugge. Vedere bambini dell'età di mio figlio grande (quasi 6 anni) lavorare, o chiedermi soldi sotto il sole equatoriale di mezzogiono, fermi al semaforo è... devastante. Vedere bambini correre a giocare in mezzo a sporco, acque putride, zanzare, scarafaggi... ecco, a questo spero di non abituarmi MAI.
Avete fatto una bella cosa. E poi i regali è più bello farli in modo anonimo.
RispondiEliminaBuon anno
lo penso anche io: si fa un regalo per dare gioia a qualcuno non per sentirsi bravi, non c'è nessun bisogno che chi lo riceve sappia chi glielo ha comprato. :-)
Eliminain realtà avevo comprato anche un bel po' di quaderni e matite da regalare ai bimbi ai semafori (se gli dai soldi non fai per niente il loro bene, dovrebbero andare a scuola non chiedere l'elemosina) ma poi, come credo racconterò a breve, questa prima parte delle vacanze natalizie non è andata affatto bene ^^'.