Di ritorno in Africa mi chiedo, per la prima volta in due
anni, se ho fatto la scelta giusta. Se ho posto una fiducia troppo
incondizionata verso un mondo di cui ho sottovalutato, volutamente forse, le
differenze col mio. Se le differenze culturali siano veramente il macigno che
oggi mi sento sul cuore.
Perché due mesi e mezzo fa mi sono affacciata su qualcosa che non volevo vedere e cui non ero assolutamente pronta.
Due mesi e mezzo fa ho semplicemente trovato il coraggio di fare una domanda. LA domanda, quella che nessun genitore vorrebbe e dovrebbe mai aver bisogno di porre.
Dopo aver rassicurato i miei figli sul fatto che avrebbero comunque cambiato scuola, dopo averli portati a vederla, dopo tutto, ho semplicemente chiesto loro se a scuola era successo qualcosa di brutto, se qualcuno aveva fatto loro del male.
Troppi segni di disagio che non avevo saputo e forse voluto vedere e conseguentemente sottovalutato, improvvisamente mi han ricomposto un quadro che non mi faceva dormire.
Finché ho pensato che il loro disagio meritava il mio coraggio, e ho chiesto.
E ho scoperto che quella risposta, covata dentro in mesi di quella che evidentemente era paura di ritorsioni, aveva avuto bisogno di più coraggio di quello necessario alla mia domanda.
E mi son sentita una merda.
Per non aver saputo interpretare, per non aver saputo capire, per non aver prevenuto, per non aver salvaguardato, per non aver saputo evitare. Per averli accompagnati ogni mattina in un posto in cui non stavano bene.
C’è voluta tutta la mia forza di volontà per non andare nella vecchia scuola con una tanica di benzina e un fiammifero. C’è voluto di ricordarmi che il razzismo è la via più facile, che certe cose succedono, purtroppo, anche in Italia; c’è voluto un forte lavoro della fra “persona” sulla fra “mamma” che voleva ossa e sangue.
C’è voluto di capire che il primo sangue che volevo era il mio. Che non è bastato essere genitori iperpresenti, parlare coi miei figli di tutto, educarli al rispetto attivo e passivo. Che qualcosa evidentemente ho sbagliato e ho sbagliato su una pelle non mia.
Quest’anno, quindi, si cambia. Si cambia scuola, approccio, vita. Con uno strisciante senso di colpa a ricordarmi che certe cose accadono.
Giovedì inizieremo un nuovo percorso, domani conosceremo le nuove insegnanti. La parola più vicina alle sensazioni che provo è “paura”. E io sciocca che pensavo che la guerra fosse l0unica cosa di cui potessi dover aver paura qui. No no no.
Altri gradini da salire, nuove consapevolezze delle differenze che ci dividono, sforzandosi comunque di vedere sempre le cose che ci accomunano.
Me lo sono giurato, di non reclinarmi questi quattro anni, di viverli al meglio e di trarne quanto più possibile in termini di crescita personale. Non ho intenzione di tradire quel giuramento, per me e soprattutto per i miei figli.
Perché due mesi e mezzo fa mi sono affacciata su qualcosa che non volevo vedere e cui non ero assolutamente pronta.
Due mesi e mezzo fa ho semplicemente trovato il coraggio di fare una domanda. LA domanda, quella che nessun genitore vorrebbe e dovrebbe mai aver bisogno di porre.
Dopo aver rassicurato i miei figli sul fatto che avrebbero comunque cambiato scuola, dopo averli portati a vederla, dopo tutto, ho semplicemente chiesto loro se a scuola era successo qualcosa di brutto, se qualcuno aveva fatto loro del male.
Troppi segni di disagio che non avevo saputo e forse voluto vedere e conseguentemente sottovalutato, improvvisamente mi han ricomposto un quadro che non mi faceva dormire.
Finché ho pensato che il loro disagio meritava il mio coraggio, e ho chiesto.
E ho scoperto che quella risposta, covata dentro in mesi di quella che evidentemente era paura di ritorsioni, aveva avuto bisogno di più coraggio di quello necessario alla mia domanda.
E mi son sentita una merda.
Per non aver saputo interpretare, per non aver saputo capire, per non aver prevenuto, per non aver salvaguardato, per non aver saputo evitare. Per averli accompagnati ogni mattina in un posto in cui non stavano bene.
C’è voluta tutta la mia forza di volontà per non andare nella vecchia scuola con una tanica di benzina e un fiammifero. C’è voluto di ricordarmi che il razzismo è la via più facile, che certe cose succedono, purtroppo, anche in Italia; c’è voluto un forte lavoro della fra “persona” sulla fra “mamma” che voleva ossa e sangue.
C’è voluto di capire che il primo sangue che volevo era il mio. Che non è bastato essere genitori iperpresenti, parlare coi miei figli di tutto, educarli al rispetto attivo e passivo. Che qualcosa evidentemente ho sbagliato e ho sbagliato su una pelle non mia.
Quest’anno, quindi, si cambia. Si cambia scuola, approccio, vita. Con uno strisciante senso di colpa a ricordarmi che certe cose accadono.
Giovedì inizieremo un nuovo percorso, domani conosceremo le nuove insegnanti. La parola più vicina alle sensazioni che provo è “paura”. E io sciocca che pensavo che la guerra fosse l0unica cosa di cui potessi dover aver paura qui. No no no.
Altri gradini da salire, nuove consapevolezze delle differenze che ci dividono, sforzandosi comunque di vedere sempre le cose che ci accomunano.
Me lo sono giurato, di non reclinarmi questi quattro anni, di viverli al meglio e di trarne quanto più possibile in termini di crescita personale. Non ho intenzione di tradire quel giuramento, per me e soprattutto per i miei figli.
In bocca al lupo, per tutto!! Forza e coraggio, questo ti auguro. Un abbraccio
RispondiEliminami serviranno entrambi, temo. Grazie!!! <3
EliminaSto male al pensiero della risposta che hai ricevuto, vi auguro che quest'anno vada decisamente meglio
RispondiEliminaio mi dico che peggio è obiettivamente difficile ;-)... la risposta è stata pesante per noi e allegerente per loro e questo trasferimento del pese dell'evento ha fatto stare meglio loro, questo è l'importante.
EliminaIn bocca al lupo, per tutto tutto...e anche se non ci conosciamo, come mamma ti penso e ti abbraccio.
RispondiEliminaGrazie mille <3 da mamma so che mi capisci quindi veramente grazie <3
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