domenica 29 dicembre 2013
Ricordi e consapevolezze
Quando sono tornata, sono passata in pochissimo tempo da una vita rarefatta e veloce basata praticamente solo su input esterni (visite mediche, procedure mediche, etc.) a una vita di corsa sempre dietro ai figli, alla casa, alle esigenze prenatalizie tipiche di ogni famiglia (con l’aggiunta di qualche difficoltà da expat nella scelta dei menù) e con l’aggiunta di un marito meno che part-time.
Non che sia stata dura, eh. Era esattamente la cosa che sognavo di fare da 50 giorni, quindi non mi è pesata, anzi.
Ovviamente però ho avuto meno tempo di mettermi alla mia scrivania per fermare un pensiero e prendermi una pausa.
Ed è stato così che l’altro giorno mi sono accostata alla mia postazione da scrittura (che è nella nostra camera da letto), con distrazione e pensando ad altro.
E dietro al portatile ho visto le medicine. Le medicine di quei 4 giorni di ottobre che ci han visto piangere, perdere il sonno, avere la paura più fottuta di tutta la nostra vita.
Vederle ed iniziare a tremare è stata una cosa sola. Quella seguente è stata farle sparire.
È stata una cosa strana, forse paragonabile a una reazione da stress post-traumatico, non so.
Una cosa cui non ero pronta, che pensavo di essermi lasciata alle spalle insieme a quello che aveva causato il tutto.
Non che abbia cambiato le cose: non mi ha rattristata, mi ha shoccata semmai.
Mi ha ricordato il rischio assurdo e la fortuna di esserne usciti e usciti bene.
Ma l’attimo senza respiro, di puro panico, mi ha stupita.
Ci sarà da riaccostarsi con occhi stra-aperti ma di nuovo con fiducia, ai medici di qui: un anno e mezzo è lungo e non si può affrontare con la paura di qualcosa o con la completa sfiducia.
Come accaduto con la scuola dei patati, ci saranno da mettere paletti nuovi, da spiegare titubanze, da affrontare le conseguenze emotive di brutte esperienze che sono capitate qui, ma che potevano, alla fine, capitare anche in Italia.
Sono stata curata in maniera eccellente, qui, altre volte. Dovrò impormi di ricordarlo.
Come sempre qui le cose appaiono più nette e dure, con contrasti più marcati e con tempi più veloci.
Dovrò imparare a prendere tutto questo semplicemente come una nuova esperienza da mettere nella mia valigia da viaggiatrice.
Per ora non è facilissimo, lo ammetto senza problemi.
E il porre nuova fiducia in certi aspetti della vita qui mi sembra come scalare una montagna.
Poi mi ricordo della montagna che han dovuto scalare i miei figli, a settembre.
Mi ricordo della diffidenza che siamo riusciti a trasformare, noi e loro, soprattutto loro, in consapevolezza.
E tutto assume un peso diverso.
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