lunedì 23 marzo 2015

Madame Fransesca LaTana, Ambassade d'Italie



Amore, vuoi andare a vedere una sfilata? Sono abiti tradizionali!
Wow, che bella cosa, dai! Mi piacerebbe!

Allora, guarda, andrete tu e due nostre amiche dell’Ambasciata. Venerdì 20.
Ah grazie, che bello.

Arrivati a venerdì 20 si scopre che ci sono i biglietti, per andare. Il ché significa che non stai andando esattamente al festival della porchetta, quindi un minimo di dress code ci starebbe bene. Per quanto si tratta di una pomeridiana.
La Fra lo scopre, però, tipo in macchina, casualmente, quando non ha più tempo di cambiarsi. Quindi indossa sandali sportivi, gonna pantalone in pagne (tessuto locale) e magliettina senza pretese. Manco il rossetto o una collana. E vabbeh, si imboscherà dietro. Pensa.

Nel frattempo la Fra scopre che non si tratta tanto di abiti tradizionali quanto di “donne tradizionali”. Le Awoulaba, da cui l’omonima associazione che organizzerà il tutto, sono donne molto formose: grande seno, fianchi larghi e soprattutto un sedere che lo stesso wikipedia definisce ipertrofico. Sono donne che rappresentano la bellezza tipica africana, quella che poi era la bellezza ancestrale un po’  in tutte le culture preclassiche.
La Fra, che in questo deve avere parecchi geni africani, era anche molto interessata a questa cosa: vedere donne con un fisico del genere essere orgogliose di esserlo è una piccola vittoria per tutte le persone, come la Fra stessa, che Barbie non saranno mai. E che la vivono male.

Insomma arriviamo e scopriamo che ecco, no, non è esattamente una sfilata. No. Per niente proprio. Ci viene prospettata l’ipotesi che si tratti di una conferenza. Ah. Qui si va sul difficile, per il francese della Fra. Ma accettiamo la sfida.

Ma diciamo anche che qualcosa a livello di comunicazione non deve essere proprio filato liscio, perché quando entriamo nella sala, veniamo fermamente indirizzati a dei posti speciali, con il cartellino “Ambassade d’Italie”. Ecco no, anche lì.
Non siamo una rappresentanza dell’Ambasciata e non siamo in veste ufficiale, ma neanche un po’. Fattostà che siamo alla sinistra del tavolo delle persone che interverranno e praticamente lampeggiamo, nella sala, perché siamo gli unici bianchi. E olè. Veniamo presentati, fotografati, salutati. Un imbarazzo mortale.

Ed è stato allora che i nostri eroi hanno scoperto che neanche di conferenza si sarebbe trattato, bensì della presentazione del nuovo “tema dell’anno”: il ruolo della donna nella riconciliazione e nell'unità nazionale. Un tema molto bello, a quel punto una conferenza ci sarebbe stata meglio.

Nell’accompagnarla al suo posto, una delle donne dell’organizzazione si è guadagnata l’eterna simpatia della Fra dicendole, tutta sorridente: “ah, tu es une awoulaba aussi!” (la traduzione italiana potrebbe essere, liberamente: “ah, pure te sei una chiattona!”). La fra, che non ha quello che si può definire “un buon rapporto” col proprio corpo, ha sfoggiato il suo miglior sorriso dissimulante odio e si è accomodata. Al caldo.

Ma al caldo davvero: i condizionatori erano rotti. Ora immaginatevi una sala, con tante persone a respirarci dentro, in un edificio sotto al sole cocente africano, in una giornata senza vento, alle 3 del pomeriggio, senza aria condizionata. Il presidente dell’associazione si è scusato dicendo che il giorno prima funzionava tutto, e alla Fra son venuti in mente i disperati tentativi all’esame di urbanistica 1: “ma glielo giuro,ieri la sapevo questa!”.

Dopo un’ora in cui ci siamo sventagliati con qualsiasi cosa e metà della faccia ci è praticamente colata via, grazie signore grazie per non essermi truccata altrimenti finivo la giornata da panda, finalmente sono stati rimediati 4 o 5 grandi ventilatori. Vi giuro, una cosa surreale.

Nell’ora intercorsa tra quando siamo arrivati e l’inizio della cerimonia, abbiamo, dalla nostra postazione privilegiata, tra una foto  e una ripresa, avuto tutto l’agio di guardarci intorno e scoprire meglio questo mondo decisamente per noi inusuale.
Le donne awoulaba danno un nuovo senso alla definizione “tanto”, veramente. Ma sono perfettamente a loro agio e sicure di se stesse. Rappresentano un canone di bellezza tradizionale e lo fanno con orgoglio.
Indossano vestiti colorati, di pagne, con modelli che rendono giustizia al decolté e soprattutto al sedere, vero e proprio punto focale della loro bellezza
.



Hanno abiti da sirena, che mettono in risalto il seno prorompente, la vita più stretta, il fianco largo e il sedere sporgente (ma tanto sporgente). Portano zeppe o tacchi alti, che slanciando la figura esaltano ancora di più la rotondità del sedere. Sono oggettivamente affascinanti e molto, molto, femminili.


Quando, finalmente, la presentazione ha avuto inizio, siamo stati chiamati per nome. Quando l’han chiamata, la Fra era lì che pregava “terra inghiottimi” e si è limitata a sorridere. Praticamente alla fine della serata aveva una paresi, ma vabbeh.

Non vi tedio coi discorsi, di cui comunque avrò capito neanche un decimo per essere onesta, ma ci sono stati anche momenti simpatici, tipo due coreografie con la musica e una cantante: nel primo la cosa notevole erano due ragazzi a torso nudo che ballavano (e sì la pelle nere fa sangue, c’è poco da fa’), nel secondo era il testo della canzone che sostanzialmente diceva “mi sono sposata, sono andata a vivere con mio marito e la mia donna delle pulizie lo guardava, è diventata la sua amante e allora io mi trovo un altro uomo” nel momento in cui diceva l’ultima frase accattava un uomo dal pubblico e ci ballava. Per un’occidentale una cosa da rimanerci con gli occhi appadellati, credetemi sulla parola.


Ad un certo punto, fortunatamente, la presentazione è finita e la Fra ha finito di aver paura che, avendoci erroneamente etichettato come “Ambassade d’Italie” ci chiedessero pure di dire qualcosa. Sarebbero stati bei momenti.

Nell’uscire dalla sala, che con i ventilatori era passata dalla definizione “forno statico” a “forno ventilato”, la Fra è stata re-intercettata dalla simpatica signora dell’ingresso, che sostanzialmente le ha ribadito il concetto, chiedendole di fare da modella per la sfilata di ottobre. Quel dommage! Je vais quitte definitivament la Cote d’Ivoire a la fin de Juin… ci è rimasta male. Lei.

Per completare il quadro “come annientare l’autostima della Fra”, quando la Fra è uscita per fumarsi una strameritatissima sigaretta, è stata accolta da un gruppo di musicisti locali improvvisati che appena l’hanno vista hanno improvvisato un inno alla donna bianca awoulaba.

No, ma non era meglio che me ne restavo a casetta? :-D

4 commenti:

  1. Ahahah! Scusa rido con te, non di te! Secondo me comunque ti hanno fatto un bellissimo complimenti...pensaci!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ne sono convinta, è la mia autostima occidentale che dissente :-D
      Lascerò questo paese a giugno, altrimenti chiassà, forse avrei anche provato...

      Elimina
  2. Oh mamma mia.
    Mi sa che la prossima volta ti informerai meglio.

    RispondiElimina