mercoledì 16 ottobre 2013

Culture. Biologiche.



Dunque.
Avendo un po’ di casini fisici e doloretti sparsi in zona reni (una brutta roba, sappiatelo), alla fra son state segnate delle analisi atte a verificare la sua funzionalità renale (tra le altre cose).
Il meraviglioso iter di ogni analisi che ti viene segnata, qui, prevede che come esci dallo studio del medico, tu ti rechi, senza passare dal via, al desk delle assicurazioni sanitarie per capire se la tua copre quelle analisi di default o se devi fartele autorizzare. Ovviamente ci vai che cammini storta da quanto ti tieni incrociata che non serva l’autorizzazione. Altrettanto ovviamente, nel 90% dei casi, serve.
Questo significa che quelle analisi, tra tutto, riuscirai a farle tipo 20-25 giorni dopo. La tua assicurazione sanitaria, infatti, è nel quartiere direzionale che è esattamente dall’altra parte della città rispetto alla scuola patata, con un “altra parte” che in mattinata assume un valore temporale pari a circa 2 ore e mezza se ti va bene. Dopo aver passato 1 ora e mezza in macchina solo per tornare a casa una volta lasciati i patati a scuola, ti rimetteresti in macchina più o meno se ne andasse della salvezza dell’umanità, e a volte non è neanche detto.
Inoltre andare a Plateau (il quartiere direzionale) con la macchina, pone anche un altro grande problema: il parcheggio. Tra parcheggiatori abusivi, parcheggianti incapaci e parcheggianti francamente bastardi, l’unica è prendere il taxi.
Prendere il taxi, ad Abidjan, dovrebbe essere permesso solo se sei vaccinato contro il tifo, e questo dovrebbe dare la misura di quanto la maggioranza dei taxi in zona sia, diciamo, sporchina.
Insomma tra difficoltà logistiche, temporali e di stanchezza passano giorni e giorni.
Finché finalmente uno di noi riesce ad andare o chiede a qualcuno di andare a posto suo e tu hai in mano la tua ricetta timbrata, firmata e col codice apposito che vuol dire “ok, copriamo”.
Va da sé che qualsiasi analisi che debba verificare una funzionalità renale necessiti di campioni biologici, in questo caso quelli delle 24 ore.
Ora immaginatevi una fra che va al laboratorio del policlinico privato a chiedere il raccoglitore apposito per la raccolta delle urine delle 24 ore. Per annullare il rischio di essere fraintesa, si fa accompagnare da un Marito (alquanto seccato) (ma ancora) Paziente. Immaginateveli tutti e due che entrano nel laboratorio, parlano col medico e spiegano cosa serve loro. Ora immaginatevi la faccia di uno a cui avete appena chiesto un campione di superficie lunare e otterrete la reazione del medico. Lo spieghiamo con altre parole, pensando di aver adoperato quelle sbagliate. Stessa reazione. A quel punto il medico dice una frase che contiene le parole bottiglia e acqua. E la fra è sicura di quelle due parole, ma il resto le sembra così assurdo che pensa di aver sbagliato; si gira verso un Marito (stupefatto ma ancora) Paziente e dalla faccia capisce che ha capito perfettamente: il contenitore non esiste, signora, prende una bottiglia d’acqua vuota, di quelle di plastica, e ci piscia dentro.
Una roba da farcisi venire un colpo apoplettico dalle risate, non fosse che l’urina che dovrà finire dentro una bottiglia d’acqua è la tua e la cosa ti fa molto meno ridere. Ti fa anche un po’ incazzare, a dirla tutta.
A quel punto un Marito (decisamente NON) Paziente spiega al dottore che, viste le differenze anatomiche, per una donna non è esattamente facile centrare un’apertura di due cm con la sua urina. Il tipo ride. Il pensiero simultaneo della fra e del Marito (che dentro ribolliva ma fuori sembrava ancora) Paziente è stato cazzo ridi, demente. Sappiate che il medico non s’è schiodato né impietosito, ha ribadito “portame la boccia” (però in francese, che suona meglio)
Quindi immaginatevi una povera deficiente (la fra) che ieri ha passato una giornata surreale a fare pipì nei bicchieri di plastica per poi giocare al piccolo chimico per travasarne il contenuto nella famosa bottiglia di plastica. Il tutto con due nani a casa da scuola per il Tabaski che la chiamavano per qualsiasi cosa e nel loculo che contiene il wc di casa latana (circa un metro quadro), col terrore che un nano qualsiasi spalancasse la porta al momento sbagliato, come dire.
Come passare delle bellissime giornate eh. Non parliamo poi dei pit stop notturni di svuotamento vescica, con gli occhiali in punta di naso, un sonno ciucco e sempre il gioco di provette da fare.
Alla fine stamattina la fra è andata, ha consegnato i campioni e poi ha fatto la fila per fare le analisi del sangue. Un’ora e venti e davanti aveva 6 persone. In un policlinico privato. C’è da imparare la pazienza, qui.
Ora attendiamo i risultati.
Da questa esperienza altamente edificante la fra ha però appreso un’importantissima lezione: se sei in Costa d’Avorio, bevi solo da bottiglie si-gil-la-te. Sai mai.

4 commenti:

  1. Dici che si potrebbe rischiare malattie a bere da bottiglie aperte? O di sentire odori strani eh....mi piace un sacco leggere le tue "avventure" e i tuoi racconti! Grazie!
    Berry

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    1. in riferimento al post, direi che potresti anche trovare "odori strani" (bleah), ma ovviamente in generale, come in tutti i paesi del terzo mondo non è il caso di bere da bottiglie non sigillate (come anche prendere il ghiaccio). :-)

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  2. ahahahhahaha. Io questo tipo d'esame lo faccio tutti gli anni, per un altro problema che ho avuto , nonostante abbia il contenitore apposito procuratomi dall'ospedale, al cui interno c'è una sostanza non meglio identificata, mi si è detto solo che è tossica, devo farla nel bicchiere....non era bello x niente e non ti dico le volte che ho sbagliato a centrarlo....ma beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

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    1. già, lo so. immaginati com'è divertente travasare da un bicchiere a una bottiglia d'acqua con l'apertura stretta, oltretutto dopo aver dovuto centrare il bicchiere ^^'
      un delirio ;-) :-D

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