giovedì 20 marzo 2014

Lo sguardo degli altri



Domani, 21 marzo, è una giornata speciale.
È la Giornata Mondiale della Sindrome di Down.
Quattro meravigliose mamme, Barbara, Martina, Marina Viola e Valle ne hanno parlato nei loro blog, raccontando di sé con onestà e dolcezza e chiedendo a noi di partecipare, a noi dall’altra parte del muro o a noi che il muro lo viviamo ogni giorno.
Quel muro invisibile ma percepibile e pesante che si frappone tra chi vive l’esperienza della Sindrome di Down (ma anche tutte le altre disabilità psichiche non “identificate” e “riconosciute”) e chi invece la vede da fuori, da spettatore che finito lo spettacolo occasionale lascia il teatro e torna alla sua vita, in cui certi interrogativi non hanno il peso specifico del piombo.

Attraverso i tag #WDSD2014 #DearFutureMom e #losguardodeglialtri ci si incontrerà virtualmente per parlare di come si vive la Sindrome da fuori e di come si vive da dentro, un tentativo di abbattere quel muro brutto.

Di Alessandra, mia sorella, del nostro rapporto, avevo già parlato qui, veramente con il cuore in mano. Alessandra non ha la Sindrome di Down ma un’altra disabilità che comporta ritardo psicomotorio importante e possibili problemi metabolici sconosciuti (come lei ci sono pochissimi casi al mondo).
Questo scritto vuole essere il mio racconto del nostro spazio dietro il muro, sperando che piano piano questo muro diventi sempre più permeabile a chi è dall’altra parte.

Uno sguardo “pesante”, quello avverto quando sono insieme ad Alessandra.
Alessandra è mia sorella, non è down ma ha un deficit cognitivo importante ed è ovvio che si veda, visto che anagraficamente ha 33 anni suonati e per quanto non sembri una donna di 33 anni non sembra neanche più una ragazzina di 13.
Quello sguardo, in genere muto, che si sofferma per poi diventare indifferenza o imbarazzo o pietà, non smette mai di colpire e a volte di far male.
C’è chi vede il “diverso” come una sfida, un modo per dimostrare che si è una persona buona che prova pietà, ma si tradisce mettendo su il sorriso finto di chi fa di quel sorriso una bandiera e non qualcosa di naturale.
Mia sorella non è l’alibi né il mezzo per sentirsi nulla di diverso da ciò che si è.
Dame di carità fuori dal mio cancello, grazie.
C’è invece chi prova imbarazzo perché, semplicemente, non sa come relazionarsi e un po’ ha anche paura di sbagliare o di ferire. Un eccesso di tatto, spesso. Ma chi divide la propria quotidianità con un disabile psichico è pienamente cosciente della realtà che ha affianco, non si imbarazza se qualcuno non capisce le parole dette male o inventate. Alessandra ha un suo vocabolario, sarebbe profondamente sciocco pensare che chi non la conosce abbia gli strumenti per capirla. Alessandra va vissuta, per capirla. Io apprezzo chi mi chiede “scusa, cosa ha detto?”, vuol dire che gli importa di quello che Ale voleva esprimere e questo è già molto, credetemi.
C’è anche chi mostra indifferenza. Che non saprebbe, probabilmente, gestire un contatto con qualcosa di diverso che turba la sua armonia cosmica e quindi fa semplicemente finta che non esista. Però non è indifferenza vera: è l’indifferenza di chi sceglie di essere indifferente, ma ha già rivolto il famoso sguardo muto.
In questi casi, in genere, Ale si impone: non accetta facilmente di essere ignorata da qualcuno. Se nella sua testa quel qualcuno poteva essere un suo interlocutore, lei fa in modo che lo diventi, costringendo la persona che ha di fronte a prendere una posizione, che in genere a quel punto diventa quella del pietoso.
C’è anche lo sguardo morboso, di quelli che non riescono a staccare gli occhi. È lo sguardo che si trasforma più facilmente nel falso sorrisino di pietà. È lo sguardo morboso di chi ama i drammi, di chi si emoziona davanti a buste che si aprono in tv ed è sempre informatissimo su cosa accade a chi. È in genere uno sguardo che resta muto e trova parole, anche tante, al riparo nel proprio guscetto. È uno sguardo pieno di attenzione e vuoto di qualunque contenuto e fa di mia sorella e di tutti quelli come lei “un evento”. È lo sguardo che ti fa venir voglia di dire “se vuoi te la giro pure, così la guardi meglio”.
È lo sguardo che fa più male, perché fa di Alessandra un simbolo e non una persona.
Ci sono anche persone meravigliose, per fortuna.
Quelle persone che si relazionano ad Ale con assoluta naturalezza, che la prendono e la vivono per quello che è. Che le sorridono se lei dice loro “ciao” o anche a prescindere,  che le rispondono con dolcezza quando capiscono la domanda (in genere tradotta simultaneamente da uno di noi).
Sono persone rare e sono quelle che ti fanno sperare in un futuro migliore. È stata la maestra in grado di far gruppo intorno ad Alessandra, in modo che lei fosse il centro e non un satellite stortignaccolo e dimenticato. Sono stati i meravigliosi ragazzi che le facevano fare gli esercizi ogni giorno e che venivano a “giocare” con rispetto, amore e pazienza. Sono passati più di vent’anni e li ricordo tutti con immenso affetto.
Ci sono però anche persone pessime. C’è stata una signora che si pulì la pelliccia perché mia sorella l’aveva toccata. C’è stato chi, per chiudere la bocca alle mie parole, usò la disabilità di mia sorella come arma per ferirmi.
Il mondo è così.
Allora, quando successero, e successero eh, cose così, reagii con rabbia, volevo scalpi, volevo sangue. Oggi penso che a quelle persone la vita non avesse insegnato nulla e spero semplicemente, per loro, che lo abbia fatto nel frattempo.

Quando incontro ragazzi disabili, oggi, provo due sentimenti contrastanti. Da una parte l’affetto incondizionato per loro, dall’altro un affetto diverso, più complesso e ragionato, per le loro famiglie. L’affetto di chi sa, di chi le tappe le ha percorse, che si pone gli stessi interrogativi e ha paura delle risposte, a volte. Un sorta di muta fratellanza dei momenti belli e di quelli brutti.
Perché la vita non è sempre un sorriso. A volte quel sorriso è una conquista.

Io ho provato disagio, lo ammetto, nell’avere una sorella come Alessandra. Il mio disagio derivava, ovviamente, da una non accettazione, dalle aspettative tradite… avevo una sorella ma era come, all’atto pratico, non averla: nessuna confidenza, nessun litigio, nessuna complicità, nessun progetto comune.
La più grande lezione che Alessandra mi ha insegnato è l’amore. Alessandra va amata, così, per quella che è. Non ci sono altre possibili forme di relazione sana, con lei.
Solo l’amore.
In un mondo pieno di sovrastrutture, convenzioni, aspettative e valutazioni di opportunità, ritrovare dentro di sé un amore completamente disinteressato è già un percorso, e mediamente anche in salita.

Ma è quello che lei offre ed è quello che lei merita, sempre.


17 commenti:

  1. Ho letto anche l'altro tuo post a cui rimandi...GRAZIE
    Mila

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  2. Hai usato parole molto profonde che mi hanno veramente colpito. Devi essere una sorella meravigliosa e una persona eccezionale. Hai tutta la mia ammirazione per la grande forza che hai!

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    1. non sono nessuna delle due. Sono una donna che è stata una cattiva sorella per tanto tempo e un giorno se n'è accorta. Sono una donna che è cresciuta molto, da quel giorno. Ma sono normalissima, davvero <3

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  3. Il tuo post mi è piaciuto davvero tanto e spero che non ti dispiaccia che io l'abbia scelto per la mia classifica dei post della settimana. Credo che tutti dovrebbero conoscere ancora molto di questo mondo, io per prima, e che questo sia un piccolo modo per riuscire a coinvolgere più persone. Se ti va di leggere il post clicca qui www.mammachevita.it

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    1. Dispiacermi? mi lusinga! <3
      hai ragione, di certe cose si parla e si conosce ancora poco, ma si inizia anche così <3

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  4. Arrivo dal blog di Mamma che vita e mi ha fatto tantissimo piacere leggere questo tuo post.
    Anche se nel mio blog non ne parlo perché tratta di tutt'altro, ho anch'io un fratello disabile (a livello cognitivo e fisico) e mi sono davvero ritrovata in praticamente tutto quello che hai scritto, dal disagio, all'amore per lui, passando anche per tutte quelle categorie di persone che abbiamo incontrato lungo la nostra strada!
    Ho la fortuna che mio fratello compensa tutti i suoi "disagi" con un carattere sempre solare e positivo, nonostante le mille difficoltà che deve affrontare ogni giorno e questa per me è stata e sempre sarà la lezione di vita più importante.

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  5. Che dolcezza... arrivo da Mamma che vita, per Top of the post della super-koko (qui sopra, tra l'altro...). L'amore è la via di comunicazione perfetta, lo sa bene chi ha un legame con persone che hanno una qualche disabilità, fisica o mentale, Ma non solo. Io lavoro con i tossicodipendenti, anche lì, per andare oltre quella barriera di sfida, violenza e crudeltà (verso se stessi) serve l'Amore.
    Sono proprio felice di averti trovata!! ^_^

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    1. grazie!
      Tutte le "diversità" sono percorsi in salita e muri da abbattere, stimo molto le persone che fanno un lavoro come il tuo, davvero <3

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Leggere il tuo post mi rincuora perchè conferma quello che ho sempre pensato delle persone disabili che gli unici limiti l'hanno chi non sa rapportarsi con loro, loro no,loro hanno grandi cose da dare.Certo con alti e bassi,con pregi e difetti: tutti li abbiamo i "difetti"perchè loro non dovrebbero averne?Ma hanno una marcia in più, e quella marcia c'è anche grazie alle loro famiglie,alle sorelle come te.Non li crescono nella bambagia, non li crescono come se non avesse senso dargli un educazione ed insegnarli a fare tante cose .È quella normalità quotidiana che fa di loro persone meravigliose.Io non ho mai creduto nella anormalità ma solo che esistono differenti modi d'essere.Con tutti i nessi e connessi.
    Ciao

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    1. i disabili sono veramente "diversamente abili": hanno delle abilità e delle sensibilità fuori dal comune. E' giusto spronarli, è giusto arrendersi... come del resto anche con tutte le persone.
      Grazie per la tua riflessione <3

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  8. "Ci sono però anche persone pessime. C’è stata una signora che si pulì la pelliccia perché mia sorella l’aveva toccata. C’è stato chi, per chiudere la bocca alle mie parole, usò la disabilità di mia sorella come arma per ferirmi"
    Riporto questo pezzo del post da cui traspare la sofferenza che hai provato e a queste persone non bisogna dare il minimo credito perchè ciò che muove i loro pensieri è ignoranza pura. Grazie per questo post sincero e trasparente

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    1. <3
      ci sono cose che lasciano ferite profonde, ma si guarisce. Dalla loro ignoranza non si guarisce mai, invece.

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  9. Molto bello il tuo post. E l'insegnamento di Alessandra sull'amore 'gratis, può essere molto utile anche nella vita di tutti i giorni. Grazie per averlo condiviso, grazie per avervi condiviso.
    Pietra

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    1. <3
      I disabili hanno MOLTISSIMO da insegnare. Il problema è che hanno un pubblico piuttosto ristretto :-(

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