Una domanda
banale, in classe, in un momento di condivisione, forse un fine ricreazione.
Qual è la vostra canzone preferita?
Erano i tempi di Jovanotti, qualche vuoi che fosse.
E la sua, prof?
E lei ci disse il titolo di una vecchia canzone dei Beatles che quasi nessuno conosceva, in classe; probabilmente la snobbammo pure.
Quella donna, quella prof che se n’è andata troppo presto, io beh… è una delle persone che ho stimato maggiormente nella vita e con cui ho avuto la maggiore empatia.
Per anni ero convinta che avrei dato il suo nome ad una eventuale figlia femmina; poi ho semplicemente capito che i morti vanno lasciati stare e che non puoi dare ad un bambino il peso di ricordarti una persona cui hai sinceramente voluto bene, non sarebbe mai completamente libero di tradire le tue aspettative, ai tuoi occhi.
La figlia femmina non è mai arrivata, ma se anche fosse, non sarebbe più stata Giovanna.
Ci sono morti che non seppellisci, la sua è stata una di quelle.
La piango ancora oggi, 23 anni dopo.
La sua canzone preferita era yesterday e risentirla, dopo, suonava così malinconico e insopportabilmente concreto che per anni l’ho ascoltata per dar voce ad un temporaneo bisogno di piangere qualcosa: il passato, lei, le cose sfuggite di mano, un’adolescenza finita troppo bruscamente e troppo presto.
E così yesterday è diventata una canzone immortale, per me. Una di quelle che canti per te, che è troppo personale, che non vuoi condividere, che potresti cantare solo davanti ad un fuoco, tu e le stelle.
Non l’ho mai cantata per nessuno, io che canto un altro po’ pure l’elenco del telefono.
La canto per me, per lei, per le cose che non sono riuscita a dirle, per quello che non mi ha visto diventare, per quello che non sono diventata, per i pomeriggi tristi con un coltellino in mano, per la paura del buio.
Per me è la canzone di quello che non è stato. Un ruolo pesante e importante, per una cosa così leggera come una canzone, in fondo. Eppure.
Se dovessi spiegare quel periodo brutto della mia vita attraverso parole e musica sarebbero quelle; non riuscirei a spiegare, perché è impossibile, come attraverso questa canzone io abbia sentito di non essere sola, come se lei fosse stata lì, a credere in me, come aveva sempre fatto fin dal primo giorno che mi ha conosciuto.
Da una parte salvagente, da una parte occasione per scolare un po’ di lacrime addensate dentro.
Una canzone che non è mia, non è parte del mio tempo, che mi è stata data come un tassello di una persona che ora avrei tanto voluto poter conoscere di più.
Di lei mi rimangono la sensazione di essere stimata e di stimare qualcuno a prescindere, l’amore per la matematica, la sfida con me stessa, una canzone. Questa.
Qual è la vostra canzone preferita?
Erano i tempi di Jovanotti, qualche vuoi che fosse.
E la sua, prof?
E lei ci disse il titolo di una vecchia canzone dei Beatles che quasi nessuno conosceva, in classe; probabilmente la snobbammo pure.
Quella donna, quella prof che se n’è andata troppo presto, io beh… è una delle persone che ho stimato maggiormente nella vita e con cui ho avuto la maggiore empatia.
Per anni ero convinta che avrei dato il suo nome ad una eventuale figlia femmina; poi ho semplicemente capito che i morti vanno lasciati stare e che non puoi dare ad un bambino il peso di ricordarti una persona cui hai sinceramente voluto bene, non sarebbe mai completamente libero di tradire le tue aspettative, ai tuoi occhi.
La figlia femmina non è mai arrivata, ma se anche fosse, non sarebbe più stata Giovanna.
Ci sono morti che non seppellisci, la sua è stata una di quelle.
La piango ancora oggi, 23 anni dopo.
La sua canzone preferita era yesterday e risentirla, dopo, suonava così malinconico e insopportabilmente concreto che per anni l’ho ascoltata per dar voce ad un temporaneo bisogno di piangere qualcosa: il passato, lei, le cose sfuggite di mano, un’adolescenza finita troppo bruscamente e troppo presto.
E così yesterday è diventata una canzone immortale, per me. Una di quelle che canti per te, che è troppo personale, che non vuoi condividere, che potresti cantare solo davanti ad un fuoco, tu e le stelle.
Non l’ho mai cantata per nessuno, io che canto un altro po’ pure l’elenco del telefono.
La canto per me, per lei, per le cose che non sono riuscita a dirle, per quello che non mi ha visto diventare, per quello che non sono diventata, per i pomeriggi tristi con un coltellino in mano, per la paura del buio.
Per me è la canzone di quello che non è stato. Un ruolo pesante e importante, per una cosa così leggera come una canzone, in fondo. Eppure.
Se dovessi spiegare quel periodo brutto della mia vita attraverso parole e musica sarebbero quelle; non riuscirei a spiegare, perché è impossibile, come attraverso questa canzone io abbia sentito di non essere sola, come se lei fosse stata lì, a credere in me, come aveva sempre fatto fin dal primo giorno che mi ha conosciuto.
Da una parte salvagente, da una parte occasione per scolare un po’ di lacrime addensate dentro.
Una canzone che non è mia, non è parte del mio tempo, che mi è stata data come un tassello di una persona che ora avrei tanto voluto poter conoscere di più.
Di lei mi rimangono la sensazione di essere stimata e di stimare qualcuno a prescindere, l’amore per la matematica, la sfida con me stessa, una canzone. Questa.
Yesterday – The Beatles
Yesterday,
all my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh I believe in yesterday.
Suddenly,
I'm not half the man I used to be,
There's a shadow hanging over me.
Oh yesterday came suddenly.
Why she had to go?
I don't know she wouldn't say.
I said something wrong,
now I long for yesterday.
Yesterday,
love was such an easy game to play,
Now I need a place to hide away,
Oh I believe in yesterday.
all my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh I believe in yesterday.
Suddenly,
I'm not half the man I used to be,
There's a shadow hanging over me.
Oh yesterday came suddenly.
Why she had to go?
I don't know she wouldn't say.
I said something wrong,
now I long for yesterday.
Yesterday,
love was such an easy game to play,
Now I need a place to hide away,
Oh I believe in yesterday.
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