Ci sono cose
di te stesso che, finché non prendi il coraggio di esplorarle e di metterti
alla prova, ti sembrano impossibili, non adatte alla tua personalità, al tuo
modo di vivere e di vedere la tua vita.
Spesso ci si incancrenisce in visioni preconcette e stereotipate di se stessi e si finisce per vivere secondo un binario basato su convinzioni, piuttosto che su fatti.
Alla fra è accaduto nove anni fa.
“Chi, io, in piscina, ginnastica, ma tu sei pazzo”.
La fra ha iniziato, in quel primo gennaio toscano, con una paura fottuta dell’acqua. Una cosa che nella piscina dei bambini se doveva fare un esercizio dove l’acqua le arrivava poco sotto le tette, le prendeva lo sturbo.
Un anno e mezzo per prendere una certa confidenza e poi la fra si è trovata davanti un bivio: se voleva continuare senza danneggiare l’enp che le sguazzava dentro (ché si sa che i saltelli sul posto non sono il massimo, quando si è portatrici sane di bambini di 3 cm scarsi), l’unica cosa era andare in acqua alta.
Ora, immaginatevi una povera scema che, con tutta la cintura (una cosa che tiene a galla pure Gloria, l’amica di Alex il leone), non si staccava dal bordo vasca manco a pagarla e che andava nel panico per ogni singola goccia d’acqua sul viso.
Se c’è una cosa buona, nel carattere della fra, chiamiamola testardaggine, orgoglio o determinazione, è che se si mette in testa di fare qualcosa non accetta la mediocrità (la fra non accetta la mediocrità in sé, proprio perché non la accetta da se stessa, in realtà) e va avanti per la sua strada perseguendo il risultato. È stato così, per dire, anche per la bicicletta: tipo un anno con un padre ineditamente paziente a cercare di farla andare senza rotelle e lei, guardando una ragazza che andava in bici, in vacanza, ha deciso: sarò come lei; in un giorno, via le rotelle.
Il problema della fra, si sarà capito, è nel convincersi a fare qualcosa, nel decidere di mettersi in gioco senza la paura di sbagliare, nell’esporsi nelle sue debolezze: quando ha preso la sua decisione, poi, non la ferma niente.
Mano a mano, negli anni, la cintura che la teneva a galla è diventata quella più leggera, poi quella fatta con i due bracciali uniti, poi il tubo, poi nulla. Poi sono arrivati i problemi ai reni e la fra si è dovuta fermare. Era aprile 2011.
Oggi la fra, finalmente, è tornata in una piscina dove acqua vuol dire massa da spingere, muscoli da tirare, battaglie con se stessi e non più solo lo sguazzo dei fine settimana familiari. Ha gioito per ogni muscolo che le parlava, ha sentito qualcosa che da dentro le diceva “bentornata”.
Non ha neanche provato imbarazzo a farsi la doccia con le sue compagne di corso, cosa che negli ultimi tempi, a Cafonia, accadeva spesso.
Ha sentito il suo corpo reagire come se avesse smesso l’altro ieri, ha respirato come le veniva naturale, ha faticato di quella fatica bella che accompagna tutte le cose che fai per te stessa.
Quando, a fine lezione, Monsieur Etun-etdeux-ettrois ci ha fatto rilassare mettendoci con i tubi sotto ginocchia e collo e chiedendoci di chiudere gli occhi, la fra ha pensato nitidamente che avrebbe tranquillamente potuto addormentarsi lì; poi, da quella posizione, ha aperto gli occhi e ha visto il cielo, che è una prospettiva inedita per chi fa corsi di aquagym in Italia e al massimo vede il tetto della piscina. Un sensazione di pace cosmica, di serenità, di qualcosa che può portarsi via tutte le tensioni che, come una lumachina, mi porto sempre dietro, perché io non stacco mai.
La fra è uscita dall’acqua, ha guardato la piscina, le compagne di corso, il maestro e ha fatto un gran sorriso a tutti e a tutto.
Au revoir, à mardi.
Spesso ci si incancrenisce in visioni preconcette e stereotipate di se stessi e si finisce per vivere secondo un binario basato su convinzioni, piuttosto che su fatti.
Alla fra è accaduto nove anni fa.
“Chi, io, in piscina, ginnastica, ma tu sei pazzo”.
La fra ha iniziato, in quel primo gennaio toscano, con una paura fottuta dell’acqua. Una cosa che nella piscina dei bambini se doveva fare un esercizio dove l’acqua le arrivava poco sotto le tette, le prendeva lo sturbo.
Un anno e mezzo per prendere una certa confidenza e poi la fra si è trovata davanti un bivio: se voleva continuare senza danneggiare l’enp che le sguazzava dentro (ché si sa che i saltelli sul posto non sono il massimo, quando si è portatrici sane di bambini di 3 cm scarsi), l’unica cosa era andare in acqua alta.
Ora, immaginatevi una povera scema che, con tutta la cintura (una cosa che tiene a galla pure Gloria, l’amica di Alex il leone), non si staccava dal bordo vasca manco a pagarla e che andava nel panico per ogni singola goccia d’acqua sul viso.
Se c’è una cosa buona, nel carattere della fra, chiamiamola testardaggine, orgoglio o determinazione, è che se si mette in testa di fare qualcosa non accetta la mediocrità (la fra non accetta la mediocrità in sé, proprio perché non la accetta da se stessa, in realtà) e va avanti per la sua strada perseguendo il risultato. È stato così, per dire, anche per la bicicletta: tipo un anno con un padre ineditamente paziente a cercare di farla andare senza rotelle e lei, guardando una ragazza che andava in bici, in vacanza, ha deciso: sarò come lei; in un giorno, via le rotelle.
Il problema della fra, si sarà capito, è nel convincersi a fare qualcosa, nel decidere di mettersi in gioco senza la paura di sbagliare, nell’esporsi nelle sue debolezze: quando ha preso la sua decisione, poi, non la ferma niente.
Mano a mano, negli anni, la cintura che la teneva a galla è diventata quella più leggera, poi quella fatta con i due bracciali uniti, poi il tubo, poi nulla. Poi sono arrivati i problemi ai reni e la fra si è dovuta fermare. Era aprile 2011.
Oggi la fra, finalmente, è tornata in una piscina dove acqua vuol dire massa da spingere, muscoli da tirare, battaglie con se stessi e non più solo lo sguazzo dei fine settimana familiari. Ha gioito per ogni muscolo che le parlava, ha sentito qualcosa che da dentro le diceva “bentornata”.
Non ha neanche provato imbarazzo a farsi la doccia con le sue compagne di corso, cosa che negli ultimi tempi, a Cafonia, accadeva spesso.
Ha sentito il suo corpo reagire come se avesse smesso l’altro ieri, ha respirato come le veniva naturale, ha faticato di quella fatica bella che accompagna tutte le cose che fai per te stessa.
Quando, a fine lezione, Monsieur Etun-etdeux-ettrois ci ha fatto rilassare mettendoci con i tubi sotto ginocchia e collo e chiedendoci di chiudere gli occhi, la fra ha pensato nitidamente che avrebbe tranquillamente potuto addormentarsi lì; poi, da quella posizione, ha aperto gli occhi e ha visto il cielo, che è una prospettiva inedita per chi fa corsi di aquagym in Italia e al massimo vede il tetto della piscina. Un sensazione di pace cosmica, di serenità, di qualcosa che può portarsi via tutte le tensioni che, come una lumachina, mi porto sempre dietro, perché io non stacco mai.
La fra è uscita dall’acqua, ha guardato la piscina, le compagne di corso, il maestro e ha fatto un gran sorriso a tutti e a tutto.
Au revoir, à mardi.
Nessun commento:
Posta un commento