Stavolta andiamo
a casa di uno scrittore, un Signor Scrittore. Shakespeare.
L’Amleto è tuttora uno dei miei libri preferiti, trovo che abbia un’intensità fuori dal comune, un qualcosa che può insinuarsi e entrare dentro. Certo, non è un libro che puoi leggere come se leggessi un normale libro di narrativa: ha bisogno di essere assaporato e digerito pezzetto per pezzetto.
L’Amleto è così vasto e mi sarebbe così difficile spiegare cosa me lo rende caro, che non posso esprimerlo qui, in parole: gli farei un torto.
Da giovane, tipo 20 anni fa (argh), trovavo che la massimo espressione shakesperiana fosse nelle tragedie, in queste rappresentazioni così ricche di emozioni da non poter rimanere sulla carta, da dover essere espresse anche attraverso il corpo, i movimenti, il tono della voce, lo scambio di emozioni sul palco e sotto il palco.
I sonetti shakespeariani li avevo un po’ snobbati, forse perché per apprezzare la delicatezza c’è bisogno di più maturità: le emozioni più nette si fanno nostre facilmente, quelle accennate, cui devi metterci anche un pezzo della tua anima o della tua vita sopra, ecco quelle hanno bisogno di una vita che sia arrivata ad un punto fisso, ad un porto, una baia, un luogo meno tormentato dei propri 17 anni, in cui hai ancora davanti un oceano e ancora non hai scoperto che saper nuotare non ti basterà.
Così quei sonetti son rimasti lì, in una memoria scolastica ormai sbiadita.
Poi è arrivato un film, un film senza pretese culturali, scorrevole ma che offre molti interessanti spunti di riflessione. Il film in questione, che mi è stato prestato, è Viva l’Italia, un film di Massimiliano Bruno, del 2012, di cui vi consiglio la visione perché bello e amaro e soprattutto specchia una realtà sociale italiana che molti troveranno banale, ma che per me ha senso sia affermata e ben compresa nelle sue conseguenze, in tutti i modi.
Detto questo, una dei protagonisti del film, Ambra Angiolini, verso la fine del film fa un provino in cui declama un sonetto di Shakespeare, peraltro anche bene, a mio parere.
Il sonetto in questione è il numero 75, la traduzione dovrebbe essere quella di Marelli.
È stato amore, da subito.
Non oso commentarlo, per paura di sporcarlo, di renderlo più accessibile: un sonetto come questo deve accarezzarti l’anima e devi trovarci qualcosa di tuo dentro, per capirlo a fondo, altrimenti resta qualcosa da baci perugina, per capirci. Se fa risuonare le tue corde, e non è detto che lo faccia, ci troverai pura poesia, altrimenti lo leggerai come avresti potuto leggerlo a 17 anni, perdendoti qualcosa, molto. Le cose ci emozionano a seconda della nostra sensibilità e del nostro vivere pregresso, e ciò che emoziona me potrebbe essere banale per gli altri, senza problemi né drammi.
Consiglio una lettura ad alta voce, cercando di seguire le pause date dalla punteggiatura. Io lo trovo immenso.
Sonetto LXXV “Tu sei per la mia mente…” di William Shakespeare (trad. Marelli?)
L’Amleto è tuttora uno dei miei libri preferiti, trovo che abbia un’intensità fuori dal comune, un qualcosa che può insinuarsi e entrare dentro. Certo, non è un libro che puoi leggere come se leggessi un normale libro di narrativa: ha bisogno di essere assaporato e digerito pezzetto per pezzetto.
L’Amleto è così vasto e mi sarebbe così difficile spiegare cosa me lo rende caro, che non posso esprimerlo qui, in parole: gli farei un torto.
Da giovane, tipo 20 anni fa (argh), trovavo che la massimo espressione shakesperiana fosse nelle tragedie, in queste rappresentazioni così ricche di emozioni da non poter rimanere sulla carta, da dover essere espresse anche attraverso il corpo, i movimenti, il tono della voce, lo scambio di emozioni sul palco e sotto il palco.
I sonetti shakespeariani li avevo un po’ snobbati, forse perché per apprezzare la delicatezza c’è bisogno di più maturità: le emozioni più nette si fanno nostre facilmente, quelle accennate, cui devi metterci anche un pezzo della tua anima o della tua vita sopra, ecco quelle hanno bisogno di una vita che sia arrivata ad un punto fisso, ad un porto, una baia, un luogo meno tormentato dei propri 17 anni, in cui hai ancora davanti un oceano e ancora non hai scoperto che saper nuotare non ti basterà.
Così quei sonetti son rimasti lì, in una memoria scolastica ormai sbiadita.
Poi è arrivato un film, un film senza pretese culturali, scorrevole ma che offre molti interessanti spunti di riflessione. Il film in questione, che mi è stato prestato, è Viva l’Italia, un film di Massimiliano Bruno, del 2012, di cui vi consiglio la visione perché bello e amaro e soprattutto specchia una realtà sociale italiana che molti troveranno banale, ma che per me ha senso sia affermata e ben compresa nelle sue conseguenze, in tutti i modi.
Detto questo, una dei protagonisti del film, Ambra Angiolini, verso la fine del film fa un provino in cui declama un sonetto di Shakespeare, peraltro anche bene, a mio parere.
Il sonetto in questione è il numero 75, la traduzione dovrebbe essere quella di Marelli.
È stato amore, da subito.
Non oso commentarlo, per paura di sporcarlo, di renderlo più accessibile: un sonetto come questo deve accarezzarti l’anima e devi trovarci qualcosa di tuo dentro, per capirlo a fondo, altrimenti resta qualcosa da baci perugina, per capirci. Se fa risuonare le tue corde, e non è detto che lo faccia, ci troverai pura poesia, altrimenti lo leggerai come avresti potuto leggerlo a 17 anni, perdendoti qualcosa, molto. Le cose ci emozionano a seconda della nostra sensibilità e del nostro vivere pregresso, e ciò che emoziona me potrebbe essere banale per gli altri, senza problemi né drammi.
Consiglio una lettura ad alta voce, cercando di seguire le pause date dalla punteggiatura. Io lo trovo immenso.
Sonetto LXXV “Tu sei per la mia mente…” di William Shakespeare (trad. Marelli?)
Tu sei per la mia mente come il cibo
per la vita,
Come le piogge di primavera sono per la terra;
E per goderti in pace combatto la stessa guerra
Che conduce un avaro per accumular ricchezza.
Come le piogge di primavera sono per la terra;
E per goderti in pace combatto la stessa guerra
Che conduce un avaro per accumular ricchezza.
Prima orgoglioso di possedere e,
subito dopo,
Roso dal dubbio che il tempo gli scippi il tesoro;
Prima voglioso di restare solo con te,
Poi orgoglioso che il mondo veda il mio piacere.
Roso dal dubbio che il tempo gli scippi il tesoro;
Prima voglioso di restare solo con te,
Poi orgoglioso che il mondo veda il mio piacere.
Talvolta sazio di banchettare del tuo
sguardo,
Subito dopo affamato di una tua occhiata:
Non possiedo né perseguo alcun piacere
Se non ciò che ho da te o da te io posso avere.
Subito dopo affamato di una tua occhiata:
Non possiedo né perseguo alcun piacere
Se non ciò che ho da te o da te io posso avere.
Così ogni giorno soffro di fame e sazietà,
Di tutto ghiotto e d’ogni cosa privo.
Vi piace l'idea di condividere testi, canzoni, poesie, prose che vi han fatto riflettere su qualcosa o che hanno segnato il vostro percorso? Fatelo anche voi!
Fate un post che parli di questa iniziativa, linkate questo post, su Facebook e Instagram, se li usate e volete condividere, usate l'hashtag #LTAconparolealtrui e #latanaafricana e mettete il link nei commenti a quel post, così che io possa "ritrovarvi".
Scoprirsi attraverso le nostre emozioni e l'interpretazione di parole di altri, può essere bellissimo e costruttivo, facciamolo insieme!
Di tutto ghiotto e d’ogni cosa privo.
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